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Luca Zingaretti, da Montalbano al debutto in regia. “Se desideri raccontare una storia, ci devi provare”

Luca Zingaretti, da Montalbano al debutto in regia. “Se desideri raccontare una storia, ci devi provare”
Luca Zingaretti

L’attore riabbraccia la Sicilia per presentare il suo primo lungometraggio: “Soffro maledettamente di una nostalgia feroce”

PALERMO – Una storia intensa, appassionata, di riscatto e resilienza. Un racconto sulla struggente poesia della vita e sulla capacità salvifica della bellezza. La trasposizione cinematografica di un romanzo che porta sul grande schermo il rapporto indissolubile tra un padre e un figlio che sanno cercarsi, aspettarsi, aiutarsi, grazie al filo indistruttibile che li lega. Liberamente ispirata all’omonimo libro di Daniele Mencarelli, con Lucky Red arriva nelle sale ‘La casa degli sguardi’, una produzione Bibi Film, Clemart, Rai Cinema, Stand by Me e Zocotoco. Prodotta da Angelo Barbagallo, Gabriella Buontempo e Massimo Martino, la pellicola segna l’esordio alla regia di uno degli attori più amati in assoluto nel Belpaese: Luca Zingaretti.

Dopo aver incontrato il pubblico in numerose anteprime in tutto lo Stivale, l’indimenticabile volto di Montalbano torna in Sicilia per presentare il suo primo lungometraggio dietro la macchina da presa: oggi, giovedì 10 aprile alle ore 20.30 presso il cinema ‘Ariston’ di Palermo (introduzione e saluti al termine della proiezione), venerdì 11 aprile alle ore 18.30 presso la multisala ‘Apollo’ di Messina (introduzione alla proiezione) e alle ore 18.15 e 21 presso ‘Eplanet Ariston’ di Catania (saluto al termine della proiezione delle 18.15 e introduzione a quella delle 21).

Si era già cimentato nel 2019.
“Dovevo salvare la baracca perché ci siamo ritrovati, dall’oggi al domani, senza Alberto Sironi, e comunque era una materia che conoscevo molto bene. Altra cosa è, invece, la regia cinematografica. Per la prima volta! Leggendo il libro di Daniele Mencarelli mi sono detto: ‘Se hai voglia di raccontare una storia, ci devi provare’. E ho fatto il grande salto”.

Ha intrapreso un viaggio umano, mettendosi continuamente in discussione.
“Realizzando questo film, mi sono notevolmente esposto perché ci ho messo dentro tanto di quello che mi appartiene, che sento, che mi riguarda da vicino. Mi sono messo in gioco. Ma, d’altra parte, penso che sia quasi doveroso per un regista mettersi in gioco, più che per un attore. Perché è il regista che racconta la storia, che risponde delle varie pieghe che prende la narrazione. E ne è responsabile”.

Ha sperimentato anche una sana incoscienza. Come si è sentito a non avere paracadute?
“Benissimo! I miei collaboratori pensavano che facessi uso di sostanze vietate perché ero talmente felice, talmente energetico. Abbiamo lavorato per un tempo lungo e mi sono anche interrogato nel profondo su me stesso, ho trovato risposte ma anche nuove domande. La sera, dopo dieci ore di riprese, mi dovevano strappare la macchina da presa perché non mi rendevo conto. È stato un viaggio di una felicità unica”.

Si è ritagliato il ruolo del padre. Uno di quelli moderni, che non ha strumenti per le inquietudini del figlio ma che per lui c’è sempre. Un uomo che ha capito una grande verità. Il segreto della vita è accontentarsi?
“Il segreto della vita è viverla. A volte ti devi accontentare, altre no. Dipende dalle situazioni. Nel mio film, il padre aspira a una vita dignitosa, con le proprie piccole soddisfazioni, tra cui anche quella di sapere di essere rimasto fedele alla propria etica, e quindi ogni mattina si alza e va a lavorare. Così come ha realizzato che la tragedia della morte della moglie non l’ha ucciso. E che c’è un ragazzo problematico da accudire, e non si tira indietro”.

Ognuno si costruisce la propria strada.
“Un uomo come il mio personaggio mi risulta molto simpatico perché educa il figlio con l’esempio, con la propria testimonianza di vita. Insieme ai miei due co-sceneggiatori ci siamo divertiti a immaginarlo un tramviere, proprio per sottolineare questo aspetto: esserci facendo sempre lo stesso tragitto. Perché ‘la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere’ come canta Il Principe”.

Il rischio è di smarrire la retta via. A lei è capitato?
“Chi non l’ha mai smarrita!? I momenti di défiance sono utili e necessari all’essere umano perché, da quelli, impara. Si è obbligati a interrogarsi, a capire quanto siamo fortunati quando stiamo bene”.

Stiamo vivendo un momento di tale crisi, di tale timore.
“È cominciato con la pandemia, poi le guerre che continuano tragicamente a insanguinare la nostra quotidianità. Con dei governanti oltreoceano che se ne escono con delle affermazioni impensabili anche solo due anni fa. Viviamo in un clima di grande incertezza. Il mondo va a una velocità supersonica e non sappiamo bene cosa aspettarci. In questo momento, credo che gli occhi di tutti si guardino intorno per capire in che direzione stiamo andando”.

A vincere, tuttavia, è la forza salvifica dell’amicizia e dell’amore, l’importanza enorme che ricopre il lavoro come mezzo indispensabile per il processo di identificazione che ci permette di guardarci allo specchio e riconoscerci. Poi, nel film, c’è anche un’ultima grande ragione di vittoria: il coraggio.
“Il coraggio di questo ragazzo, interpretato dal talento straordinario di Gianmarco Franchini, di rimettersi in piedi, nonostante tutto. Quella sua ostinata resilienza. La capacità di comprendere che il dolore non sempre si può rifiutare – perché a nessuno piace soffrire – ma non si può nemmeno continuare a scappare quando ti insegue, perché sai che prima o poi ti raggiungerà. Bisogna girarsi e accoglierlo a braccia aperte”.

La catarsi attraverso il dolore, dunque, e un messaggio finale di grande bellezza.
“Nell’ultima inquadratura della Città eterna, in fondo, sorge la luce dell’alba. Ed è lì a significare che domani è un altro giorno, l’inizio di una nuova era, di una rinascita”.

Un battesimo del fuoco che per Luca Zingaretti è avvenuto in Sicilia.
“Tranne una giornata in cui abbiamo girato con Alberto Angela per uno speciale su Rai 1, non c’ho mai più rimesso piede. Perché soffro maledettamente di una nostalgia feroce, guardando al lungo periodo trascorso in quella terra straordinaria. Per quanto abbiamo fatto, per i successi che abbiamo mietuto, conquistando dei mercati che erano impossibili anche solo da pensare per una serie italiana. Ci siamo attestati attorno al 45-47% di share, abbiamo unito l’Italia”.

Dal prossimo 27 aprile, in occasione del centenario del papà di Montalbano, la Rai trasmetterà eccezionalmente tutti gli episodi del commissario più amato d’Italia. Conta di rivedere quel Salvo che incontrò a Vigata nel 1999?
“L’epopea di Montalbano è stata meravigliosa e irripetibile. Oltre vent’anni di cose passate, studiate, cavalcate, cambiate, riscritte, girate, montate insieme a un gruppo di amici diventati complici. E tutti gli inimmaginabili risultati che abbiamo ottenuto sono arrivati grazie ad Andrea e a quelle storie che esprimevano il suo modo di vedere la vita. Attraverso dei romanzi gialli, Camilleri ci ha raccontato la sua appassionata visione del mondo”.