Cosicché all’alleanza fra Salvini, Meloni e Berlusconi è andata meglio del previsto. Cinquantasette per cento, contro il 37 degli avversari, e la conseguente elezione della candidata Donatella Tesei.
La roccaforte rossa dell’Umbria è crollata, non tanto per demerito del Pd, che comunque ha riportato un buon 22 per cento senza risentire della scissione di Renzi. Al contrario, vi è stato un crollo verticale dell’M5s, che ha racimolato appena il 7 per cento dei consensi.
Questo dato non può imputarsi all’affluenza – che è stata del 64 per cento, in aumento rispetto alla tornata precedente quando era stata del 55 – bensì alla nuova ondata del consenso popolare verso la parte conservatrice dell’agone politico. Insomma, un ritorno in grande stile al Novantaquattro.
Il ribaltamento dei consensi in Umbria predice altre débâcle della parte progressista dell’area politica nelle prossime tornate elettorali regionali in arrivo: Campania, Liguria, Marche, Puglia,Toscana, Veneto e Calabria.
Come notate, non usiamo, i termini di Destra e Sinistra, obsoleti e fuori da ogni significato concreto, bensì quelli di conservatori e progressisti. Anche questi due termini sono indicativi e non significativi, perché fra i conservatori vi sono i progressisti e fra i progressisti vi sono i conservatori. Sta al discernimento, alla cultura e all’intelligenza degli elettori capire chi sono i veri conservatori e i veri progressisti.
Infatti, vi è una grande confusione al riguardo, volutamente infusa dai predicatori televisivi, che ripetono in modo nauseante le stesse cose per cercare di influenzare la mente degli ascoltatori, tentando di cloroformizzare la loro intelligenza.
Si tratta della vecchia regola secondo cui gli elettori non debbono pensare. Per far questo, vanno eterodiretti per andare a mettere il segno nella scheda elettorale secondo impulsi, anche subliminali che pervengono loro.
Certo, se gli elettori fossero colti, se leggessero molto, se si distraessero rispetto al feticcio (smartphone) e cercassero di coordinare le loro idee non sarebbero influenzabili come sono. E, per conseguenza, farebbero scelte ragionate e migliori di quelle passate.
Salvini ha preso la palla al balzo, insieme a Meloni e al “residuo” Berlusconi, per invocare nuovamente le elezioni, con la solita tiritera che la volontà popolare ha ribaltato gli esiti del 4 marzo 2018.
Salvini ha perfettamente ragione, da un canto, e perfettamente torto, dall’altro. Ha ragione quando afferma la pura verità e cioé che è ritornata l’onda del Novantaquattro e conseguentemente che l’attuale volontà popolare è formulata nel consenso verso i conservatori.
Contestualmente, però, ha torto perché la regola delle regole, cioé la Carta costituzionale, prevede che le massime istituzioni del Paese siano fondate sulla democrazia parlamentare, il che significa che gli elettori eleggono deputati e senatori, i quali a loro volta danno la fiducia a un Governo nominato dal presidente della Repubblica.
La Carta costituzionale prevede inoltre che la legislatura duri cinque anni, salvo il caso in cui il Parlamento non sia in condizione di eleggere un Governo che non avrebbe la fiducia dello stesso.
In un consesso civile, le regole devono essere osservate a tutti i livelli e a qualunque costo. Diversamente dilaga l’anarchia, la ragione della forza e non la forza della ragione.
Questo non è consentito a nessuno. Per cui, fino a quando non verrà modificata la Carta costituzionale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, come in Francia, o del presidente del Consiglio, ovvero non si approvi la norma per la sfiducia costruttiva (la sostituzione contestuale del Governo) non sarà possibile ottenere dal Presidente della Repubblica, rigoroso custode della Costituzione, uno scioglimento anticipato delle Camere in presenza di un Governo che ha ottenuto la fiducia delle stesse.
I Cinquestelle, dopo avere festeggiato il decennio dalla nascita, probabilmente dovranno prepararsi al funerale: una meteora. Un vero peccato, perché avevano buone intenzioni, anche se alcune di esse, invece, erano demagogiche come il Reddito di cittadinanza.
Tuttavia, la ruota gira al contrario e non possono farci nulla.
