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L’unica soluzione? Gli energimpianti La Sicilia dei rifiuti il rifiuto dei siciliani

Non è più sopportabile che la Sicilia sia una discarica a cielo aperto. Da quando è nato questo giornale, orsono quarant’anni fa, torniamo sistematicamente sulla necessità di razionalizzare il circuito dei consumi, in modo che nella parte finale i rifiuti non vengano gettati all’acqua e al vento, bensì riutilizzati.
Tutti i presidenti della Regione che si sono avvicendati nel quarantennio hanno fatto sempre orecchie da mercante, mantenendo lo status quo e rinviando continuamente – come abitudine dei politicanti – la soluzione.
Mentre il Nord Italia, l’Europa e il mondo avanzato hanno trovato la soluzione, che è quella di riutilizzare i rifiuti, sia come materia prima che come carburante, la Regione siciliana ha continuato a tenere gli occhi chiusi e anche le orecchie chiuse, sorde ai continui suggerimenti che questo giornale ha portato nel quarantennio.
Tutti i presidenti della Regione hanno sempre ignorato il principio fondamentale del ciclo dei rifiuti che è quello dell’economia circolare.
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La spazzatura non può essere messa nelle discariche perché è un delitto economico, in quanto se ben utilizzata produce beni e servizi. La soluzione era l’utilizzo di “inceneritori”, che con l’evoluzione della tecnologia diventarono “termovalorizzatori” e che, con un successivo ulteriore avanzamento della stessa, oggi si possono definire “Energimpianti”.
Si tratta di strutture industriali nelle quali vengono usati come materia prima e carburante (ripetiamo) i rifiuti, anche non differenziati, e dall’altra parte della filiera produttiva esconono biocarburante, biogas, biocherosene, prodotti sotto asfalto e via enumerando.
Sulle prime, gli ignoranti ambientalisti siciliani si sono opposti all’insediamento degli Energimpianti, poi via via, dopo le spiegazioni di due Verdi e cioè Willer Bordon (recentemente deceduto) e Chicco Testa (presidente di Fise Ambiente, la cui intervista è pubblicata all’interno), si sono convinti che è venuto il momento di fare come si fa in qualunque altra parte del globo.
C’è, però, un “ma” grosso come una casa: la fiera resistenza degli imprenditori che gestiscono le discariche; una resistenza ottusa, come quella dei fedautari a difesa dei loro privilegi.
Perché la difesa delle discariche è ottusa? Perché gli stessi imprenditori potrebbero insediare in quei territori gli Energimpianti e quindi mettersi alla testa del progresso e non starne in coda. Perché non lo facciano non ci è chiaro. Evidentemente vi sono interessi non dichiarati e non dichiarabili in quanto è del tutto illogico continuare in questa situazione di estrema difficoltà per l’Isola.
Ricordiamo due fatti importanti: il primo riguarda la Legge n.164/2014 (di conversione del Dl 133/2014, noto come “Sblocca Italia”) voluta dal Governo Renzi, la quale ha previsto la costruzione di almeno due Energimpianti in Sicilia.
Ma il presidente Musumeci continua a far finta che non esista, mentre anch’egli si dovrebbe mettere alla testa del progresso per equiparare la Sicilia alle regioni del Nord Italia (ove vi sono ben 26 termovalorizzatori), almeno in materia dei rifiuti.
Il secondo fatto riguarda il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che, negando la legge dello Stato già citata, dice che finché lui sarà ministro Energimpianti non ne autorizzerà: perciò è opportuno che vada via o si “mangi” i rifiuti siciliani.
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Ricordiamo che nella nostra terra si producono circa 2,2 milioni di tonnelate di rifiuti. Non si sa dove metterli e sciaguratamente si procede ad allargare le discariche, costruendo nuove vasche.
Fra le proposte lanciate in questi decenni, una secondo noi è più efficace: costruire 11 Energimpianti, uno per ogni area industriale, rivitalizzando quei territori, di circa 200 mila tonnellate cadauno.
Tali Energimpianti hanno il conto economico attivo, abbisognano di oltre mille persone per costruirli tutti e altre mille per gestirli. Non producono inquinamento di sorta (meno di quello di un autobus cittadino), non appestano il suolo come fanno le discariche, non hanno residui e, inoltre, possono utilizzare rifiuti non differenziati perché il ciclo industriale può prevedere la separazione delle materie prime, come avviene in Israele.
Non sappiamo se il buon senso prevarrà, auspichiamo che chi ha responsabilità istituzionali, ministro dell’Ambiente e presidente della Regione, non continuino cincischiare, lasciando insoluto questo grave problema che appesta i siciliani.