Ma la notizia non è informazione - QdS

Ma la notizia non è informazione

Ma la notizia non è informazione

sabato 04 Gennaio 2025

Dannosi enfasi e catastrofismo

Sentiamo politici, giornalisti/e, comunicatori/trici che con un sorrisetto soddisfatto esclamano: “Vi diamo una notizia”.
Non comprendiamo il motivo della loro ilarità perché una notizia è priva di contenuto e anzi essa alimenta l’ignoranza generale perché si tratta di qualcosa che costituisce un punto e non una retta, vale a dire non descrive l’ambiente e le circostanze che l’hanno generata.

In questo modo non si combatte l’ignoranza – diffusasi parimenti con la diffusione dei cellulari – ma anzi si alimenta, si sostiene, con la conseguenza che essa rende deboli le persone e quindi succubi di coloro che le vogliono guidare per i propri scopi egoistici.

Abbiamo più volte bollato come dannosa la diffusione degli smartphone perché questi hanno convinto tanti/e internauti/e di sapere tutto solo perché possono chiedere a Siri o a Google qualunque informazione; una volta ottenutala, ritengono di avere capito di che si tratta, ma in effetti non hanno capito nulla perché non sanno quale sia il retroscena che ha prodotto l’informazione stessa.

Chi occupa posti istituzionali dovrebbe avere la missione di combattere l’ignoranza, per fare lievitare le conoscenze della popolazione, la quale in tal modo è in condizione di valutare le comunicazioni che fanno le istituzioni.
In questo quadro, un ruolo importantissimo è quello della Rai, la quale per obbligo del contratto di servizio, dovrebbe dedicarsi per almeno tre quarti della propria attività a diffondere cultura e a contribuire alla lievitazione delle conoscenze dei/delle cittadini/e.
Purtroppo la Rai non agisce in questa direzione, se non in poca parte, con ciò tradendo gli scopi di servizio del contratto col Governo, mentre insegue senza sosta l’audience che alimenta la parte meno colta della popolazione.

“Vi dò una notizia”, che aberrazione, della quale chi la pronuncia si sente fiero. Questo è il lato peggiore della questione che analizziamo, poiché chi afferma ciò non comprende che così dicendo dimostra una crassa ignoranza della quale dovrebbe vergognarsi anziché sentirsi esaltato/a.

La verità è che chi fa informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, dovrebbe avere una coscienza profonda e una cultura vasta, sapendo che essa dev’essere completa, documentata, basata sui fatti e non sulle illazioni o sulle opinioni. Invece sentiamo comunicatori/trici sui mezzi di comunicazione, influencer e altri internauti sparare emerite sciocchezze ben contenti/e che vi siano centinaia di migliaia di internauti che se le bevono con tutto il bicchiere.

Le istituzioni e la Rai, che è il braccio operativo del Governo, dovrebbero spiegare questa profonda differenza fra notizia e fatto, in modo da indurre la gente a discernere fra la prima e il secondo; diversamente vengono meno al loro dovere e contribuiscono alla diffusione dell’ignoranza, che è il male peggiore che oggi colpisce il nostro Popolo.

Non dimentichiamo i fulgori dei grandi e delle grandi letterati/e, filosofi/e, linguisti/e, storici/che, geografi/e ed altri/e che hanno nobilitato il nostro Paese in questi venti secoli. Ma più procede il tempo e più essi/e vengono dimenticati.

Lotta all’ignoranza. Ma come possono lottare l’ignoranza gli ignoranti? Costoro, oltre tutto, hanno la presunzione di volere mettere nell’angolo i sapienti, anziché rivolgersi a loro per capire meglio i fatti e le circostanze. Del resto, l’egoismo porta chi ha a volere di più e chi non ha a tentare di crescere, ma è vincolato dalla propria incapacità spesso di intendere e di volere.

Un Popolo, quando è fortunato, ha responsabili istituzionali intelligenti e colti; ma dobbiamo dire che in questi ultimi decenni di tali personaggi non si riescono a riempire le dita delle mani.

Si dice che “il pesce puzza dalla testa”. Come possiamo sperare in un futuro migliore se in atto il pesce che abbiamo è questo? Si badi bene, non muoviamo critiche all’attuale Governo, ma evidenziamo come la classe dirigente del nostro Paese non sia adeguata a promuovere quello sviluppo urgente di cui esso ha bisogno.

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