Ma nel 2005 il Ponte costava 3,9 miliardi - QdS

Ma nel 2005 il Ponte costava 3,9 miliardi

Carlo Alberto Tregua

Ma nel 2005 il Ponte costava 3,9 miliardi

giovedì 20 Aprile 2023

Per l’Opera oggi servono 14 mld

Il Governo Colombo, con legge 1158 del 1971, mise in cantiere il collegamento stabile fra la Sicilia e il “Continente”.
Successivamente molti provarono a trasformare un’ipotesi in un progetto e quindi nella sua realizzazione. Vi fu per esempio il vice ministro Rutelli che indicò addirittura la data di inaugurazione.
Dopo tutte queste parole, nel 2005 ci fu il bando di gara e l’assegnazione all’impresa Salini-Impregilo per la realizzazione dell’opera, con un valore di 3,9 miliardi e l’utilizzo trentennale della concessione, con l’incameramento dei relativi pedaggi a prezzi stabiliti nel bando.

Si costituì la Società per azioni Stretto di Messina Spa, la quale doveva mettere in cantiere l’opera, ma non concluse nulla.
Poi il Governo Monti disse che il Ponte non si doveva realizzare e mise in liquidazione la stessa società.
Oggi assistiamo alla riattivazione della Società in parola da parte del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, la quale ha appunto l’incarico di fare aprire i cantieri delle sponde siciliana e calabrese.

In questi cinquantadue anni (ma anche nei precedenti) nel mondo sono stati costruiti decine e decine di ponti, persino più importanti di quello di cui oggi trattiamo, a cominciare dal primo ponte in ferro del 1779 in Inghilterra, l’Iron Bridge.
Quindi quest’opera non ha nulla di eccezionale o di straordinario, se non per l’esaltazione negativa che ne hanno fatto i falsi ambientalisti e i “benaltristi”.
Tuttavia, per la sua mancata realizzazione, le primarie responsabilità sono della classe istituzionale che ha governato in questo mezzo secolo e non hanno realizzato un’opera che rientrerebbe nell’asse europeo Ten-T.

Purtroppo il Documento di economia e finanza (Def) appena approvato dal Consiglio dei ministri, non prevede alcun finanziamento per il Ponte, né poteva prevedere l’utilizzo del Pnrr in quanto l’opera non è realizzabile entro il 2026. Tuttavia, vi sono altre risorse che possono essere utilizzate. Per esempio quelle del Piano operativo europeo 2021/2022, che assegna all’Italia 75,6 miliardi, o una parte del Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) o una fettina dei fondi regionali (Fesr).
Vi è da chiarire anche che l’importo necessario per il manufatto è di circa tredici miliardi, cui vanno aggiunti alcuni miliardi per tutte le infrastrutture di raccordo fra esso e la terraferma, sia in Calabria che in Sicilia.

Da aggiungere che una parte di questo importo è a carico dell’impresa costruttrice, la quale diventa concessionaria per trenta o quarant’anni e quindi può anticipare svariati miliardi che diminuirebbero l’esborso da parte dello Stato, di cui nessuno parla.

Come si vede da queste elementari note, non solo il Ponte va costruito, non solo va costruito in un arco di sei/sette anni – come è possibile – ma esso non costerà la cifra strombazzata dai soliti disfattisti, ma molti miliardi in meno. Agli stessi disfattisti, che hanno ostacolato e ostacoleranno ancora l’opera, vogliamo ricordare che null’altro è stato costruito al posto della stessa in questi cinquant’anni, quindi bisognerebbe riflettere prima di protestare.

Dunque, in appena diciotto anni il costo del Ponte è lievitato di poco più di tre volte.
Intorno a esso i facinorosi fanno un chiasso verecondo che chi lo emette farebbe bene a evitare. Ma nulla dicono di fronte all’oltre decina di miliardi necessari per il traforo dei Fiori fra Genova e Milano o per la Torino-Lione o ancora per il traforo del Brennero, il potenziamento dei porti di Genova e Trieste, l’estenzione dell’Alta velocità per arrivare in Friuli e via enumerando.
Intendiamoci, tutte opere necessarie, ma non si venga a blaterare quando analoghe infrastrutture si costruiscono nel Sud.

Certo, dobbiamo prendere atto che la grande stampa e i gruppi che la rappresentano, come quello di Stellantis (Agnelli), con i loro quotidiani la Repubblica e la Stampa, nonché il gruppo Cairo (bravissimo imprenditore), tirano acqua al mulino del Nord. Ma equità vuole che il prima possibile si pareggi il tasso infrastrutturale in tutte le parti del Paese, Isole comprese.

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