Operazione dei Carabinieri del Ros coordinati dalla Dda di Palermo. Tra i ventitré fermi anche l'avvocata Porcello di Canicattì. Coinvolti anche poliziotti accusati di mafia
Capimafia e boss della Stidda sono coinvolti nell’inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato a 23 fermi. L’indagine colpisce le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi ed è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo.
L’inchiesta riguarda anche un ispettore e un assistente capo della Polizia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio, e un avvocato. Gli indagati rispondono a vario titolo di mafia, estorsione, favoreggiamento aggravato.
In carcere l’avvocata Porcello
Per due anni i capimafia di diverse province siciliane si sono riuniti nello studio di un’avvocata di Canicattì, Angela Porcello, finita in cella oggi nel blitz dei carabinieri del Ros.
La donna, difensore di diversi mafiosi, era la compagna di un imprenditore già condannato per associazione mafiosa. Il suo studio era stato scelto come base logistica dei clan perché la legge limita le attività investigative negli uffici degli avvocati. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Palermo.
Gli inquirenti hanno accertato che la donna,compagna di un mafioso, aveva assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan.
Rassicurati dall’avvocata sulla impossibilità di effettuare intercettazioni nel suo studio, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano di Villabate (Pa) e il nuovo capo della Stidda si ritrovavano secondo le indagini nello studio, per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra.
Le centinaia di ore di intercettazione disposte dopo che, nel corso dell’inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan, sulle dinamiche interne alle cosche e di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni.
Uno spaccato prezioso che ha portato all’identificazione di personaggi ignoti agli inquirenti e di boss antichi ancora operativi.
Morra, urgentissimo impedire comunicazioni tra boss
“Impedire le comunicazioni tra mafiosi in carcere – ha detto il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (M5s) – è urgentissimo. Cosi come porre un argine alla collaborazione tra colletti bianchi e mafiosi. Non si può far finta di nulla, fare un plauso e dimenticare tutto il giorno dopo. La politica deve fare la sua parte e farla presto”.
Morra ha parlato anche del ruolo “dell’avvocata Rosalia Porcello che aveva fatto istanza per togliere il 41bis al boss Falsone”.
“Ancora una volta – ha aggiunto – si disvelano gli intrecci tra professionisti e criminalità organizzata in un groviglio messo ben in evidenza dalle inchieste calabresi e non solo”.