Mafia, Bruno Contrada risarcito per ingiusta detenzione - QdS

Mafia, Bruno Contrada risarcito per ingiusta detenzione

Mafia, Bruno Contrada risarcito per ingiusta detenzione

martedì 07 Aprile 2020

Liquidati seicentosettantamila euro per chiudere la vicenda giudiziaria dell'ex numero tre del Sisde, dopo la condanna dell'Italia da parte della Corte europea per i diritti dell'Uomo. "Danni irreparabili, non c'è risarcimento che valga"

La Corte d’Appello di Palermo ha accolto la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione presentata da Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

A Contrada, difeso dall’avvocato Stefano Giordano, sono stati liquidati seicentosettantamila euro.

La condanna dell’ex poliziotto venne giudicata illegittima dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo e dalla Cassazione.

“I soldi non mi interessano. Dieci euro al giorno mi bastano. Aspetto di leggere le motivazioni, il ragionamento e le argomentazioni della Corte. I danni che io, la mia famiglia, la mia storia personale, abbiamo subito sono irreparabili e non c’è risarcimento che valga. Stare chiuso per il coronavirus non mi pesa: sono stato recluso otto anni”.

Questo l’amaro commento di Bruno Contrada dopo aver appreso della decisione della Corte di appello che lo risarcisce per ingiusta detenzione.

Contrada, napoletano, 88 anni e mezzo, ancora lucidissimo e con una grande memoria, è stato arrestato nel Natale 1992 e ha trascorso quattro anni e mezzo in carcere e tre e mezzo ai domiciliari.

Due anni gli sono stati condonati per buona condotta.

“Il denaro – dice – non può risarcire i danni che ho subito in 28 anni. “Mio figlio che era poliziotto è gravemente malato: un giovane che ha visto il padre, dirigente generale della polizia di Stato la stessa di cui lui indossava la divisa che per lui era un mito, arrestato e accusato di cose gravissime. Mia moglie che si è ammalata di cuore subito dopo il mio arresto. Ci può essere risarcimento?”

“Quando nel 2017 – racconta – la Cassazione ha recepito la sentenza della corte europea per i diritti dell’uomo, confortata dalla decisione della grande Camera di Strasburgo dove 17 giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’Italia ho provato un momento di gratificazione. L’Europa riconosceva la mia sventura umana e giudiziaria. Ma io provavo sofferenza solo a leggere i documenti di quella causa che cominciavano ‘Bruno Contrada contro l’Italia”.

“Spione, agente segreto – ricorda – sempre appellativi per gettarmi fango addosso. Io sono un dirigente generale della Ps applicato ai servizi di sicurezza che da vicecommissario ha scalato tutti i gradi della Polizia di Stato”.

“Ho vissuto – continua – fin da piccolo col valore altissimo della Patria, l’Italia, e dello Stato. Solo per questo avrei diritto a un risarcimento solo perchè hanno distrutto le certezze e i valori in cui ho creduto una vita”. “Per me – prosegue – indossare la divisa da ufficiale dei bersaglieri a 22 anni, e poi quella della Polizia di Stato fino a diventare dirigente generale, era tutto. Anche in carcere applicavo quei valori comportandomi bene e rendendomi utile con i consigli e l’esempio per i compagni di detenzione”.

Contrada ha scontato otto anni tra carcere e arresti domiciliari.

Dopo un tentativo di revisione della sentenza, dichiarato inammissibile, si rivolse alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Nel 2015 i giudici della Cedu hanno condannato l’Italia a risarcire il funzionario, nel frattempo radiato dalla polizia, sostenendo che non andava processato né condannato perché il reato di concorso esterno in associazione mafiosa ha assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry, del 1994.

E Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data.

Uno spunto, quello della pronuncia della Cedu, che il legale di Contrada ha usato per chiedere, tramite un incidente di esecuzione, la revoca della condanna. Ma la Corte d’appello di Palermo giudicò il ricorso inammissibile.

Tutto fu ribaltato dalla Cassazione che revocò la condanna privando il verdetto della eseguibilità e degli effetti penali.

Oggi l’ultimo traguardo del risarcimento per la detenzione illegittima.

Bruno Contrada fu arrestato il 24 dicembre del 1992. In primo grado fu condannato a dieci anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto. L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione fu annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna.

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