Mafia, blitz Minecraft, le armi del clan Cappello-Bonaccorsi - QdS

Mafia, blitz Minecraft, le armi del clan Cappello-Bonaccorsi

Mafia, blitz Minecraft, le armi del clan Cappello-Bonaccorsi

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mercoledì 03 Febbraio 2021

I villaggi balneari nella periferia sud di Catania erano stati trasformati in roccaforte. Lì le basi in cui il clan teneva armi, droga e banconote

Resi noti solo oggi gli esiti del blitz “Minecraft” della Polizia di Stato compiuto il 26 gennaio scorso a Catania per colpire i nuovi assetti del clan Cappello-Bonaccorsi. Le indagini hanno permesso di individuare e arrestare i principali esponenti. E di sequestrare un vero e proprio arsenale da guerra,droga e 188 mila euro in contanti.

I nomi degli arrestati

Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, in esecuzione del provvedimento applicativo della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal gip del Tribunale di Catania l’1 febbraio scorso, ha arrestato in arresto: Massimiliano Cappello, di 54 anni; Salvuccio Junior Lombardo, detto “Salvucciu u ciuraru”, di 27 anni; Sebastiano Cavallaro, detto “Seby” o “baffo”, di 29 anni; Renzo Cristaudo, di 28 anni; Alessio Finocchiaro, di 27 anni; Emilio Gangemi, di 46 anni; Giuseppe Spartano, detto “u Cussotu “, di 32 anni; CosteI Suru, detto “Mariu u rumenu”, di 37 anni; Giuseppe Distefano, dettoo “Pumpa”, di 44 anni; Giuseppe Francesco La Rocca, detto “Colombrino” di 26 anni; Francesco Cavallaro, di 36 anni; Domenico Alessandro Messina, di 28 anni, già sottoposto per altra causa agli arresti domiciliari; Giusi Messina, di 46 anni; Giovanni Santoro, detto “Giuvanni sett’anni”, di 38 anni;

Il provvedimento del gip è stato notificato in carcere anche a Giuseppe Paolo Rapisarda – detto “Paolo cupittuni” – di 39 anni, già detenuto per altra causa.

Tutti loro sono ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso (clan Cappello-Bonaccorsi) con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanza stupefacente e spaccio in concorso delle medesime sostanze con l’aggravante di avere agevolato il clan Cappello-Bonaccorsi; detenzione illegale e porto in luogo pubblico di diverse armi clandestine da guerra nonché ricettazione delle stesse in concorso, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan Cappello-Bonaccorsi.

I capi del clan e i loro aiutanti

In particolare, a Massimiliano Cappello e a Salvuccio Jr. Lombardo il gip ha riconosciuto il ruolo di capi e organizzatori della cosca.

Il provvedimento del gip è scaturito dall’esecuzione di decreti di fermi emessi dalla Procura lo scorso 28 gennaio a seguito dell’intervento della Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo di Roma che, in esito ad ampie attività di perquisizione locale, hanno trovato numerose armi da fuoco illecite.

Sono stati arrestati in flagranza di reato Giuseppe Distefano, Francesco Cavallaro e Giuseppe Francesco La Rocca. E fermati di tutti gli altri indagati, ad eccezione di Giuseppe Paolo Rapisarda, Giusi Messina e Domenico Alessandro Messina, nei confronti dei quali è stata avanzata contestualmente una richiesta di applicazione di misura coercitiva, accolta poi dal gip.

Le complesse indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo, coordinati dalla Direzione Antimafia, erano state avviate a seguito della scarcerazione di Massimiliano Cappello – fratello dello storico leader Turi Cappello – avvenuta il 16 giugno 2019. Ed erano finalizzate a monitorare la riorganizzazione del clan Cappello-Carateddi, duramente colpito dai numerosi provvedimenti giudiziari succedutisi senza soluzione di continuità negli ultimi anni.

Le investigazioni condotte nei confronti di Massimiliano Cappello hanno permesso di individuare uno dei suoi più fedeli collaboratori: Emilio Gangemi che, nel periodo coperto dalle indagini, ha rivestito il ruolo di factotum, essendo Massimiliano limitato negli spostamenti a causa della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.

Dalle indagini è emerso l’impegno di Massimiliano Cappello nel riprendere in mano le fila del clan, tanto da organizzare nella sua abitazione – dove gli investigatori avevano avviato le videoriprese – incontri con esponenti storici dell’organizzazione, talora fissati nelle case di terzi soggetti estranei al clan – ma a disposizione degli indagati -, al fine di scongiurare eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine.

Si è anche compreso che Massimiliano Cappello, insieme a Gangemi, gestiva una piazza di spaccio nel quartiere di San Giovanni Galermo, aiutato sul posto da Giuseppe Paolo Rapisarda, inteso “Paolo cupittiuni”, che sovrintendeva alle attività illecite di offerta in vendita e spaccio di sostanze stupefacenti.

Il clan Cappello è da sempre stato caratterizzato dalla suddivisione in squadre operanti nei diversi quartieri cittadini. Ciò è stato ulteriormente riscontrato nel corso delle ultime indagini che hanno consentito di individuare pure la frangia riconducibile a Salvuccio Jr Lombardo, figlio di Salvatore Lombardo detto “u ciuraru”, cugino di Turi Cappello.

La sede nei villaggi balneari di Catania

E’ stato accertato che Salvuccio Jr Lombardo, nonostante la giovane età, era a capo della squadra più pericolosa della consorteria mafiosa. Il clan era dotato di una notevole disponibilità di armi e aveva la sua base operativa nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, nell’Oasi del Simeto all’estrema periferia sud di Catania.

I due villaggi costruiti a ridosso del mare – e quindi già di per sé difficilmente accessibili – erano stati non solo colonizzati dagli indagati, ma trasformati in veri e propri fortini presidiati da impianti di video sorveglianza e da vedette per prevenire qualsivoglia intrusione da parte della polizia o comunque da soggetti non autorizzati.

A tal proposito, temendo di essere destinatari di misure cautelari, i sodali non solo trascorrevano talora le notti aggirandosi in prossimità degli uffici di polizia, per monitorare l’eventuale uscita di mezzi che potessero lasciar presagire l’esecuzione di provvedimenti di cattura, ma avevano anche pianificato (dotandosi di idonei strumenti tecnici) l’installazione di telecamere in corrispondenza dei punti di interesse, tra i quali anche la sede della Squadra Mobile di Catania.

Droga, l’ “amnesia”

Lombardo era molto aiutato da Sebastiano Cavallaro, al quale il gip ha riconosciuto il ruolo di organizzatore, preposto alla gestione degli affari illeciti del gruppo di Salvuccio Jr Lombardo, tra i quali, principalmente, il traffico di un particolare tipo di sostanza stupefacente denominata, in gergo, “amnesia” proprio in relazione agli effetti prodotti sul corpo di chi la assume.

I due sodali potevano contare anche sulla stabile partecipazione all’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti di Francesco Cavallaro, Giuseppe Francesco La Rocca, Giuseppe Spartano, Giuseppe Distefano e Renzo Cristaudo. Nei confronti degli ultimi due il gip ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza anche del delitto di associazione di stampo mafioso.

Nel corso delle indagini, a riscontro delle attività tecniche, il 20 novembre 2020, sono stati sequestrati 2,130 kg di “amnesia” e arrestati – in provincia di Messina – due corrieri che trasportavano la droga commissionata da Giusi Messina e da suo figlio Domenico Alessandro Messina (quest’ultimo già all’epoca dei fatti sottoposto al regime degli arresti domiciliari nel comune di Milazzo).

Nell’abitazione di Francesco Cavallaro, inoltre, in occasione dell’intervento della Squadra Mobile di Catania e del Servizio Centrale Operativo del 28.01.2021 venivano rinvenuti e sequestrati 22 kg circa di sostanza stupefacente del tipo marijuana, strumenti per la pesatura e materiale atto al confezionamento.

La perquisizione compiuta nell’abitazione dell’indagato Giuseppe Francesco la Rocca e nella dimora confinante – legata a quella dall’indagato da un filo elettrico che attingeva al suo impianto – ha fatto trovare una vera e proprio serra adibita alla coltivazione della marijuana, nella quale si trovavano 73 piantine e tutta l’apparecchiatura necessaria alla cura e alla crescita delle stesse piante.

Armi e denaro

Il traffico illecito gestito dal clan era certamente molto redditizio così come dimostrato dal sequestro della somma di euro 188 mila euro in banconote contanti.
L’aspetto più interessante dal punto di vista criminale che denota l’elevatissimo grado di pericolosità del gruppo investigato è certamente quello relativo alla disponibilità di una vera e propria santabarbara e all’abitudine degli indagati a girare armati.

La custodia e la manutenzione dell’arsenale erano affidate a Giuseppe Distefano e CosteI Suru, detto “Mariu u rumenu”, persone di estrema fiducia e abili nel maneggio delle armi.

Nella casa di Giuseppe Distefano sono stati sequestrati: 4 giubbotti antiproiettile; una pistola mitragliatrice 9×19 marca Luger, priva di segni identificativi, corredata da un caricatore privo di munizionamento con silenziatore; una pistola mitragliatrice calibro 7,65 marca Skorpion calibro 7.65 Browing, corredata da un caricatore privo di munizionamento; un fucile mitragliatore calibro 9 marca Sterling modello MK5, corredata da due caricatori a banana e un silenziatore avvitato alla canna; una pistola semi automatica modello 70 marca Beretta, calibro 7.65, con matricola abrasa, corredata da un caricatore privo di munizionamento; una pistola semi automatica marca COLT mod Government, calibro 380, corredata da un caricatore priva di munizionamento; una pistola semiautomatica Beretta modello 71 calibro 22 LR, corredata da un caricatore privo di munizionamento; un fucile Beretta modello AR70 Sport, calibro 222R. corredato da un gruppo ottico e due caricatori; un fucile d’assalto tipo Kalashnikov, calibro 7.62 x 39, corredato da un caricatore privo di munizionamento, una busta in plastica trasparente contenente varie cartucce; un fucile d’assalto modello Kalashnikov, calibro 762 x 39 corredato da n° 04 caricatori privi di munizionamento; un fucile d’assalto tipo Kalashnikov, calibro 7.62×39 corredato da caricatore privo di munizionamento e un sacchetto in plastica contenente 51 cartucce calibro 762×39.

Nelle pertinenze dell’abitazione di Sebastiano Cavallaro venivano rinvenute e sequestrate: una pistola semi automatica marca Glock mod.20 cal.40sv, matricola parzialmente abrasa completa di caricatore contenente nr.10 cartucce dello stesso calibro; una pistola semiautomatica marca Beretta mod.92 S cal. 9×19, con canna filettata, matricola obliterata; una scatola in cartone per munizioni marca Browing Coult con all’interno 38 cartucce marca Geco cal.380 a.c.p. e inoltre una cartuccia cal.9×19 marca Luger;

Ulteriori dettagli
dell’operazione verranno forniti in occasione dell’incontro con la stampa che
si terrà domani presso la sala “Raciti” del X Reparto Mobile di Catania.

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