A Palermo e nelle province occidentali, la prolungata assenza di una leadership solida e riconosciuta ha determinato ciclici avvicendamenti e tentativi di stabilizzazione tra le nuove e le vecchie generazioni, configurando un modello di coordinamento fondato sulla condivisione delle linee d’indirizzo e su una gestione operativa “intermandamentale”. Questo il quadro delineato dalla relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività e i risultati della Direzione Investigativa Antimafia nel primo e secondo semestre dello scorso anno relativamente al fenomeno criminale di cosa nostra, della stidda e delle altre organizzazioni mafiose siciliane.
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La relazione del Ministero dell’Interno e i risultati della Dia
La stidda si caratterizza per una struttura orizzontale, composta da gruppi autonomi storicamente nati in contrapposizione a cosa nostra, ma che attualmente hanno attuato con quest’ultima intese di condivisione e spartizione degli affari illeciti. In Sicilia orientale, e in particolare a Catania, la pluralità delle consorterie ha generato una coabitazione criminale in cui la resilienza e la fluidità strutturale rappresentano i tratti distintivi di cosa nostra catanese. Quest’ultima, diversamente dalla rigida organizzazione palermitana, si caratterizza per un marcato dinamismo affaristico alternando con le altre organizzazioni di tipo mafioso periodi di pacifica convivenza, ovvero di non belligeranza, a momenti di frizione che talvolta degenerano in momenti di fibrillazione tra clan.
Considerate le complesse relazioni tra le famiglie di cosa nostra e gli altri clan presenti nella Sicilia orientale, gli attuali equilibri si configurano, infatti, come assetti a ‘geometria variabile’, in ragione della fluidità delle leadership criminali e dei business illeciti oggetto di contesa, elementi che generano alleanze e tregue tra i diversi clan. Cosa nostra manifesta una presenza capillare su tutta l’isola, con proiezioni che, già nei decenni passati, si sono estese all’estero. I principali interessi criminali includono il traffico di stupefacenti, che ha visto la capacità di instaurare relazioni e forme di cooperazione con altre matrici mafiose (ndrangheta e camorra) e stranieri per l’approvvigionamento della droga; le estorsioni, che costituiscono uno strumento tradizionale di controllo territoriale, oggi caratterizzate da modalità persuasive che evitano la violenza, limitandosi all’imposizione di forniture di beni, servizi e manodopera a prezzi maggiorati; il gioco e le scommesse online, strumenti funzionali al controllo del territorio e al riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.
Gli interessi nel settore economico
L’interesse mafioso si estende anche ai settori dell’economia legale: l’infiltrazione nei processi decisionali degli enti locali, l’acquisizione diretta o indiretta di attività economiche tramite imprenditori compiacenti e prestanome, e l’infiltrazione del comparto agro-alimentare attraverso truffe finalizzate all’indebita percezione di finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agro-pastorale. Il duplice approccio nel contrasto alle organizzazioni mafiose, sia repressivo/penale che quello preventivo/amministrativo ha consentito alla magistratura e alle forze di polizia, con arresti di esponenti di vertice e l’aggressione ai patrimoni illeciti, di incidere in maniera significativa sugli aspetti strutturali delle mafie ma anche sul loro potere economico.
In particolare, i numerosi sequestri e confische di prevenzione antimafia hanno prodotto negli ultimi anni risultati ragguardevoli in linea con una precisa strategia finalizzata a privare i sodalizi mafiosi delle enormi risorse economiche e finanziarie illecitamente accumulate.
Sul fronte della prevenzione amministrativa, la sinergia istituzionale tra Prefetture, Dia e altre Forze di Polizia è stata finalizzata all’emissione nel 2024 in tutta la Regione di 201 provvedimenti interdittivi antimafia).
L’analisi dei provvedimenti ha consentito di rilevare che la maggior parte dei provvedimenti antimafia (123) sono stati adottati nelle province dell’area occidentale della Regione, dove sarebbero emersi in prevalenza tentativi di infiltrazioni in società o aziende operanti nei settori dell’edilizia, della ristorazione e affini, del settore sanitario e in quello dei servizi funebri, dei servizi per la manutenzione di strade ed autostrade, del trasporto merci su strada e del settore agricolo (coltivazioni agricole nonché allevamento di animali).
L’attività di prevenzione ha permesso di identificare segnali di infiltrazioni mafiose anche al di fuori della Sicilia, soprattutto nelle regioni del nord Italia, a conferma della capacità delle organizzazioni mafiose siciliane di estendere la propria influenza al di là dei confini regionali.

