Il crac della società sarebbe stato pilotato e dietro l’affare del gelato ci sarebbe l'ombra di Cosa Nostra.
Nelle prime ore di questa mattina, i finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un’ordinanza: il giudice per le indagini preliminari di Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto – nell’ambito di un’indagine per il contrasto dei reati di mafia – la custodia in carcere per due soggetti, Michele Micalizzi e Mario Mancuso, e il sequestro di oltre 1.500.000 euro.
Inoltre, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha delegato lo svolgimento di perquisizioni nelle abitazioni e gli altri luoghi nella disponibilità degli indagati (6 in tutto), nei cui confronti si procede, a vario titolo, per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta.
Contrasto alla mafia, dietro il maxi sequestro a Palermo
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, si sono concentrate sulla figura di uno storico appartenente alla famiglia mafiosa di Partanna Mondello, esponente di spicco del mandamento di San Lorenzo (più volte condannato, tra l’altro, per 416 bis c.p.).
In tale contesto, sono stati delineati i rapporti di affari tra quest’ultimo e il gestore di una società titolare di un noto brand di gelaterie della città di Palermo, Brioscià. Questa è una delle gelaterie più note di Palermo, dichiarata fallita nel 2021 quando i punti vendita erano pieni di clienti. In particolare, è emerso che “l’uomo d’onore” avrebbe esercitato un pervasivo potere di controllo sull’attività commerciale, intervenendo in prima persona sia nella scelta del personale da assumere che delle strategie da perseguire a livello aziendale.
Il tutto in virtù della fiducia da cui anche l’imprenditore avrebbe tratto significativi benefici economici, consistiti nella possibilità di espandere sul territorio la propria rete commerciale, anche attraverso la costituzione di nuove imprese in conseguenza della dichiarazione di fallimento della citata società, intervenuta nel 2021.
I legami di fiducia e il “business”
L’esistenza di tale legame sembrerebbe anche confermata dal fatto che l’indagato per reati di mafia, in più occasioni, si sarebbe prodigato per risolvere questioni private dell’imprenditore e per ricercare fonti di finanziamento e nuovi locali per l’apertura di ulteriori punti vendita e garantirgli al contempo la necessaria protezione rispetto a richieste estorsive avanzate da altri esponenti mafiosi.
Inoltre, l’operatività delle gelaterie sarebbe stata fortemente condizionata dalla necessità di assicurare continui utili al sodalizio mafioso, destinati, tra l’altro, al sostentamento dei detenuti e dei loro familiari.
Proprio queste condotte avrebbero inciso notevolmente sulla situazione finanziaria della fallita, in ordine alla quale gli operatori avrebbero riscontrato anche fuoriuscite di denaro prive di giustificazione, per un importo complessivo di 1.511.855,60 euro.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, il crac della società sarebbe stato pilotato e dietro l’affare del gelato ci sarebbe Michele Micalizzi, 75 anni, genero dello storico capomafia Rosario Riccobono. Micalizzi era tornato in libertà nel 2015 dopo 20 anni di carcere. Nel 2023 il nuovo arresto
L’odierna operazione testimonia l’impegno costantemente profuso dalla Guardia di Finanza al fine di contrastare ogni possibile tentativo di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico-produttivo. Si evidenzia che per gli indagati vige il principio della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.
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Immagine di repertorio