Da esperto di scommesse, è come se Fabio Lanzafame avesse deciso di puntare su una doppia chance. Da una parte collaboratore di giustizia, con i privilegi del caso, dall’altra imprenditore che continuava a operare nell’illegalità, confidando nel proprio indubbio talento e magari anche un po’ di caso favorevole.
Il sequestro
Il 53enne siracusano, che per anni è stato figura fondamentale per gli investigatori che puntano gli occhi sul mondo del betting, ieri ha subito un sequestro di beni da 40 milioni di euro, tra società – una ventina tra italiane e straniere –, immobili, alcuni anche all’estero, e conti bancari. Per la procura, fino al 2022, Lanzafame avrebbe continuato a fare affari fuori dalle regole, accumulando ricchezze che avrebbe provato a occultare coinvolgendo familiari e persone di fiducia.
Le sponde mafiose
Pur non essendo un affiliato, Lanzafame nel corso della propria vita più volte ha incrociato il proprio destino con quello della criminalità organizzata. Soprattutto a Catania: nel capoluogo etneo, l’imprenditore ha avuto come soci di fatto sia esponenti della famiglia Santapaola-Ercolano che del clan Cappello. A raccontarlo ai magistrati, una volta avviata la collaborazione con la giustizia che gli è valsa anche due condanne a poco più di tre anni, è stato lui stesso.
Un business milionario
Nel processo Revolution Bet, per esempio, è stato riconosciuto il ruolo centrale svolto da Lanzafame nel portare avanti l’attività abusiva di giochi e scommesse on line tramite società all’estero che non erano autorizzate a operare in Italia. È il caso, tra il 2011 e il 2015, della Sks365 e della Planetwin365. A beneficiare dell’ingente giro di introiti ricavato dagli scommettitori, attirati dalle possibilità di usufruire di quote più alte rispetto ai concessionari riconosciuti dallo Stato, su cui gravava l’onere di pagare le tasse in Italia, sono stati anche alcuni esponenti della famiglia Placenti, storicamente legata a Cosa Nostra catanese. Per farsi un’idea: soltanto nel 2014, dalle agenzie controllate da Lanzafame passò qualcosa come oltre 870 milioni di euro.
Il legame con Placenti e Cappello
Per quelle vicende Lanzafame è stato condannato anche per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Gli inquirenti dimostrarono come tramite i Placenti, Lanzafame fosse entrato in contatto anche con Francesco Guttadauro, nipote prediletto del boss Matteo Messina Denaro. Il rapporto con i Placenti era così stretto da portare Lanzafame a predisporre una specifica piattaforma illegale – la Palace777 – per il gruppo criminale, il quale gestiva direttamente il banco e riconosceva all’imprenditore di origini siracusane una provvigione del tre per cento.
Chiuse le relazioni con i Placenti, nel momento in cui questi ultimi decisero di non aderire a una sanatoria concessa dal governo nazionale e dopo aver comunque guadagnato sei milioni di euro nel giro di pochi anni, per Lanzafame si è aperto il rapporto con i Cappello.
I contatti anche in questo caso era di primissimo piano. Lanzafame, infatti, riconosceva al boss Massimiliano Salvo una percentuale del cinque per cento sugli introiti.
Fuori confine
L’estro criminale di Lanzafame negli anni si è manifestato anche nella capacità di curare i propri interessi anche all’estero. Avere collegamenti con realtà attive fuori dai confini nazionali è un fatto comune per chi si muove illecitamente nel mondo delle scommesse. Nel caso del 53enne sono stati accertati movimenti in Albania, Malta, Romania, Inghilterra e Austria. Tra tutti, però, è la Romania il Paese in cui Lanzafame ha fatto più affari, acquistando terreni e immobili, e di fatto – secondo il tribunale di Catania che ha disposto il sequestro di beni – continuando a muoversi fuori dalla legge anche nel periodo in cui era considerato un pentito. La collaborazione della giustizia è stata interrotta dallo Stato nel 2022. Pochi mesi prima, Lanzafame venne intercettato mentre ragionava con le persone a lui più vicine della possibilità di essere scoperto: “Loro (gli inquirenti, ndr) dicono: Fabio, questi soldi da dove cazzo ce li ha? Questo è il discorso (fonetico)… Dove ce li ha? Non è possibile. Stanno cercando di capire io da dove ho soldi. Lo Stato ti ha sequestrato tutto… ma se ti ha sequestrato tutto… tu in questi quattro anni… Come vivi? Come hai questi soldi?”
Criptovalute
Gli uomini del Gico della guardia di finanza di Catania hanno scoperto che la ricchezza di Lanzafame passava anche dalle criptovalute. “Tutto quello che posso avere in cryptomonete, per me è oro in questo momento. Sto Stato italiano di merda, mi ha distrutto tutto”, diceva l’imprenditore. Altrettanto importanti erano le somme di denaro in contante che avrebbe cercato di occultare facendo effettuare versamenti ai familiari fino a mille euro al giorno. “Così da riciclare fino a un ammontare complessivo di 35mila euro alla settimana”, si legge nel decreto di sequestro. Tali fatti sarebbero avvenuti anche nel periodo in cui Lanzafame percepiva dallo Stato il sussidio di 900 euro al mese destinato ai collaboratori di giustizia.
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