La mappa dello spaccio a Messina resta quella che si è consolidata nel tempo, tracciata dalle varie operazioni, e con le principali centrali a Santa Lucia sopra Contesse, Giostra e Mangialupi, come sottolinea Gianfranco Minissale, da settembre a capo della Squadra Mobile di Messina.
“Per quanto gli interventi repressivi si siano succeduti anche con una certa frequenza delle varie forze di polizia rimane comunque un substrato forte di persone che sono dedite a questa attività, che lo fanno in modo abituale e professionale. E’ difficile che possa essere eliminato definitivamente, è impossibile da debellare solo in via repressiva, ci sono tutti quegli interventi a livello sociale che devono essere messi in campo, che competono ad altre istituzioni e che richiedono un periodo di tempo molto più lungo”.
Perché è così difficile?
“Il contesto familiare influisce molto, tante volte il padre spaccia, sta in carcere per un periodo, poi esce e torna a spacciare, l’attività si tramanda di padre in figlio; in contesti familiari degradati, poi, le possibilità che il figlio segua le orme del padre o dello zio sono altissime. Alla fine lo spacciatore mette in conto un periodo di detenzione, è un rischio del mestiere, così accantona i soldi per le spese legali, pianifica non cercando alternative di vita”.
Quali droghe circolano?
“La cocaina e la marijuana sono preponderanti rispetto all’eroina, almeno secondo la mia esperienza qui. Bisognerebbe potere dividere quale droga è destinata al mercato messinese e quale invece è di transito. Un dato questo che emerge solo ad esito di un attività investigativa che magari dura qualche anno.
Sul sequestro estemporaneo del corriere che arriva dalla Calabria è difficile stabilirlo. Possiamo dire che buona parte della cocaina che arriva in Sicilia viene dalla Calabria, il punto di transito spesso è Messina, ma anche qui sappiamo che circola comunque tanto stupefacente e la cocaina spesso viene consumata in forma di crack. I prezzi di acquisto sono diminuiti rispetto a 20 anni fa, la cocaina era una droga di elite ora è accessibile perché lavorata più volte. Una dose di crack si compra a cinque o 10 euro, quindi alla portata anche dei ragazzi. Circola anche tanta marijuana”.
Da dove arriva la droga?
“La Calabria, ormai lo sappiamo, è un grossissimo hub di rifornimento per la cocaina pura, con un principio attivo molto elevato il che significa che la sostanza può essere tagliata tante volte, fatto che moltiplica le possibilità di guadagno.
Quando arriva il carico viene distribuito alle varie piazze, poi smerciato al dettaglio, spesso anche porta a porta. E’ un attività considerata molto remunerativa dalle organizzazioni criminali, più che fare le estorsioni al commerciante che espone a più rischi di denuncia. E’ anche vero che quando si riesce a dimostrare un’associazione finalizzata a traffico e spaccio arrivano condanne pesanti, anche 20 anni. Magari il percorso – dalle indagini alla condanna definitiva – è lungo, ma di fronte a gravi contestazioni ricordiamo che in attesa del giudizio c’è la custodia cautelare”.
Ci sono collegamenti con le organizzazioni mafiose?
“Ci si interroga su questo. Se immaginiamo l’organizzazione mafiosa sullo stile di Cosa nostra con la divisione classica, la famiglia, il mandamento a Messina, questo non c’è. Ma ci sono dei clan, di Mangialupi, di Giostra, ad esempio, che operano con modalità molto simili, tanto è vero che in alcune situazioni processuali il reato mafioso è stato contestato; poi il giudice valuta in termini di sussistenze e condanna.
Sono gruppi, pur non essendo strutturati come Cosa nostra in senso tradizionale, che comunque operano con modalità mafiose: c’è il controllo del territorio, c’è l’imposizione di chi spaccia e di chi rifornisce, dove rifornirsi e il prezzo. Il piccolo spacciatore si muove certamente in una rete; non è che a Giostra un tizio si alza la mattina e decide di andare a spacciare, perché lì c’è quell’organizzazione, quel clan, e a quelle regole bisogna stare. Ecco perché tante volte vengono contestate le modalità mafiose”.
E in provincia?
“Da Barcellona in poi, per estenderci fino alla zona dei Nebrodi, la situazione è diversa. Lì, fatti riscontrati processualmente, hanno dato atto dell’esistenza di organizzazioni mafiose con lo stesso paradigma di Cosa nostra e lì è chiaro che la gestione di tutte le attività criminali connesse al giro di affari di quella organizzazione mafiosa comprende anche il controllo dello stupefacente”.
Messina è un grande mercato?
“Questo è uno degli aspetti sottolineati sia dal Questore che dal Procuratore della Repubblica, a Messina, secondo statistiche e numeri, tra il fatto che è città di transito ma anche piazza di spaccio, gira tanta droga con un consumo locale per nulla trascurabile”.
Di quale volume d’affari parliamo?
“Difficile da quantificare, un chilo di cocaina all’ingrosso si compra circa 45mila euro, ma sul mercato il suo valore è più che decuplicato”.
Quali azioni mettete in campo per contrastare il fenomeno?
“Abbiamo diversi livelli di intervento disposti dalle varie forze di polizia, nel nostro caso è il Questore che detta le linee di intervento, però ci sono delle indicazioni fortissime anche da parte del Procuratore della Repubblica che ha il polso di tutte le attività investigative.
Per una struttura come la nostra c’è la propensione più a fare le attività strutturate che poi arrivano alle operazioni più complesse che non focalizzare l’attenzione sul piccolo spacciatore. I controlli nelle zone sensibili, che sono i luoghi di riunione serale per i ragazzi. Le scuole sono oggetto di due fasi di controllo, quello delle nostre macchine che tengono d’occhio gli spacciatori abituali, vengono fermati dagli agenti, li dissuadono, si fanno vedere ed operano in senso preventivo, poi c’è la Mobile che lavora in modo più riservato, ci si fa un’idea di come vengono orientati i flussi di stupefacenti, quali sono le scuole più appetibili da parte di spacciatori che fanno parte di una determinata rete”.
C’è un elevata attenzione..
“Ci sono diversi tipi di intervento che fanno parte di un’unica regia che ha l’obiettivo di limitare il più possibile questo fenomeno che ha degli effetti sociali ben noti a tutti. Di sicuro l’attenzione sul fenomeno, da parte della Procura, del Questore e sono sicuro di tutte le forze di Polizia, tengo a sottolineare, è altissima. Ci sono tante situazioni segnalate che vengono attenzionate con la massima celerità possibile, consapevoli che siamo di fronte ad un fenomeno purtroppo molto diffuso in tutta l’area metropolitana”.
Il Prefetto è competente ad applicare una o più sanzioni amministrative alle persone che sono state trovate in possesso di sostanze stupefacenti per uso personale. La persona segnalata è convocata presso il Nucleo Operativo Tossicodipendenze (NOT) della Prefettura Utg, per un colloquio che si svolge con l’ausilio di un’assistente sociale.
Se si tratta di un minorenne sono invitati al colloquio anche i genitori, ai quali si fornisce informazione sulle sostanze stupefacenti e sulle strutture pubbliche e private a cui rivolgersi.
I segnalati nel 2021 sono stati 750, il 41% di età compresa tra i 20 e 30 anni, il 39% tra i 30 e 50 anni il 9% tra i 18 e 20 anni. I minori sono stati il 6% e il 5% gli over 50. Dei 750 il 40,7% era in possesso di marijuana, il 23,2% di cocaina, 11,6% di cannabis, 5,8% di hashish e solo lo 0,7% di eroina. Non sono stati trovati possessori di ecstasy, lsd, e anfetamine, generalmente legate al mondo della movida e delle discoteche.
Lina Bruno