Pensare che non essere mafioso equivalga ad essere abile e capace può costituire un gravissimo errore
Oltre a quella di aver fatto un uso politico della giustizia, come ormai appare evidente dal contenuto di numerose pubblicazioni di successo, una delle tante colpe dei “professionisti dell’antimafia”, di quelli che si trovano a mezza tariffa sindacale in certi giornali ed in certe televisioni pubbliche e private, ovvero di quelli per i quali è facile scambiare “interessati sospetti” per “conclamate verità”, è quella di aver indotto i cittadini a ritenere che i politici si dividano soltanto in due categorie: mafiosi ed antimafiosi.
I primi sono cattivi ed incapaci di ben amministrare, i secondi sono buoni e competenti, come se l’onestà, da sola e non corroborata dalla competenza, fosse sufficiente ad assicurare il buon governo.
Se fosse così semplice, l’affermazione, tanto banale quanto lapalissiana, non avrebbe bisogno né di conferme, né di smentite, poiché descriverebbe una condizione oggettiva inconfutabile.
Tuttavia, purtroppo, non è così e non lo è per la semplice ragione che, per usare un esempio altrettanto banale, ma di assoluta chiarezza, Caino non era mafioso, eppure non può certo dirsi che fosse un buono.
Così come non era mafioso Hitler, neanch’egli campione di umana virtù ed artefice di uno dei più gravi ed efferati delitti compiuti contro l’umanità.
Mafiosi non erano neanche Jack lo squartatore, né il mostro di Firenze o altri personaggi che, nei secoli, politici o non politici che fossero, si sono macchiati dei delitti più atroci.
Intendo dire che coloro i quali manifestano un’indole criminale, sia essa di natura mafiosa, sia essa di natura comune, non sarebbero dei buoni politici, non perché potrebbero non saper amministrare, ma perché sarebbero privi dei requisiti essenziali di correttezza e onestà, almeno dal punto di vista giudiziario, indispensabili per vivere in una società, civile e democratica, fondata sulla legalità e sul reciproco rispetto.
Tuttavia, possiamo, in piena sincerità, considerare un buon politico chi, pur non essendosi macchiato di alcun delitto, ha mancato di parola, ha tradito il suo mandato elettorale, ha svenduto la sua gente in cambio del raggiungimento di obiettivi di natura personale?
Possiamo, in tutta sincerità, considerare un buon politico chi ha ceduto alle richieste di chi ha spostato altrove le risorse destinate alla propria terra, chi l’ha lasciata nelle mani degli speculatori delle discariche di rifiuti, bloccando la realizzazione degli impianti di termovalorizzazione, chi ha smembrato e reso inefficaci interi uffici per meri interessi personali, chi ha sprecato miliardi di fondi europei per manifesta incapacità, chi ha lasciato che migliaia di giovani e di imprese emigrassero.
Possiamo, in tutta sincerità, considerare un buon politico chi ha occupato interi settori della pubblica amministrazione per farne un uso clientelare e tanto altro? Direi proprio di no!
Dunque si può non essere un mafioso, si può non aver negoziato con la mafia né voti, né vantaggi, si può non aver compiuto nessun reato giudiziariamente rilevante, o aver avuto la fortuna che nessuno lo rilevasse, e nonostante tutto restare un pessimo politico, con la fedina penale intonsa, ma incapace di avere una visione generale della società, di saper ragionare in termini trasparenti, generali ed astratti, di saper contribuire alla crescita della società nella quale egli stesso vive.
Intendo dire che la giustizia e la legalità, ammesso che appartengano a sistemi ben funzionanti, e in realtà funzionano poco e male, non possono costituire le uniche discriminanti di un’azione politica rispetto ad un’altra, poiché, semmai, devono rappresentare una tranciante e determinante precondizione per chi intende ricoprire funzioni pubbliche.
Il giudizio su un’azione politica, ovviamente al netto della legalità dei comportamenti tenuti, deve riguardare i risultati che essa ha prodotto e null’altro.
Pensare che non essere mafioso equivalga ad essere abile e capace può costituire un gravissimo errore. Può costituire un errore molto pericoloso grazie al quale, questo sì, la mafia, la corruzione, la clientela, la “democrazia acquisitiva”, l’uso appropriativo delle Istituzioni possono insinuarsi nella politica e negli apparati dello Stato, in modo tale da guastarli irrimediabilmente, pur rimanendo formalmente innocenti.