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Amiloidosi, malattia rara che in Sicilia colpisce più che nel resto d’Italia

redazione

Amiloidosi, malattia rara che in Sicilia colpisce più che nel resto d’Italia

mercoledì 29 Luglio 2020

La “innovazione inclusiva” punta a migliorare i processi di cura attraverso la revisione dei percorsi diagnostici. Nell’Isola incidenza di dieci casi su un milione contro i 4,4 registrati a livello nazionale

PALERMO – Una malattia genetica rara, progressivamente debilitante che spesso esordisce anche in giovane età, con un impatto importante sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie. E che in Italia colpisce di più in Sicilia. È l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR), scoperta in Portogallo negli anni ‘50 e oggi diffusa in tutto il mondo con circa 50.000 persone affette. Nel nostro Paese si associa a oltre 20 diverse varianti del gene Ttr delle 100 note, alcune delle quali raggiungono una maggiore frequenza in ristrette aree geografiche, proprio come la Sicilia.

A questa malattia rara è stato dedicato il progetto, a cui ha partecipato la Regione Sicilia, ‘Innovazione Inclusiva’ promosso dall’azienda Alnylam Italia con l’obiettivo di migliorare i processi di cura attraverso la revisione dei percorsi diagnostici con adattamenti organizzativi uniti a criteri di efficienza operativa ed assistenziale. Tutto questo coinvolgendo specialisti e istituzioni anche per attivare una rete in grado di occuparsi dei pazienti sul territorio.

“Al centro del progetto – spiega Giuseppe Vita, direttore dell’Unità operativa complessa di Neurologia e Malattie neuromuscolari, Azienda ospedaliera universitaria policlinico G. Martino di Messina – c’è la presa in carico del paziente e la cura di questa patologia attraverso la centralità del territorio, coniugando il miglioramento della qualità della vita per i pazienti e per le loro famiglie e la razionalizzazione dei costi per il sistema sanitario. Anche in fatto di innovazione terapeutica e di accesso alle cure, auspichiamo che la disponibilità dei nuovi farmaci possa aversi anche a livello territoriale, e non solo limitata ai Centri di riferimento, per garantire a tutti i pazienti la somministrazione frequente di terapie specifiche”.

La differente frequenza dell’amiloidosi hATTR nel nostro Paese – spiega Vita – è stata confermata dall’unico studio epidemiologico italiano condotto recentemente e coordinato dall’Università di Messina, grazie al quale conosciamo prevalenza e mutazioni più frequenti in ciascuna area del Paese. In Italia, la prevalenza maggiore di questa patologia è in Sicilia, seguita poi dalla Calabria. Basti pensare che, se a livello nazionale, la prevalenza della patologia è di 4,4 casi su un milione, in Sicilia questa raggiunge quasi i 10 casi su un milione di abitanti. E questo è determinato da precisi fattori genetici. Si tratta, infatti, di una malattia rara, multisistemica, progressivamente invalidante, che colpisce i nervi periferici causando difficoltà deambulatorie e di utilizzo degli arti inferiori, ma che coinvolge anche il cuore, l’apparato gastrointestinale e quello genitourinario”.

I sintomi compaiono di norma dopo i 45 anni e, a causa della rapida progressione naturale della malattia, diventa fondamentale una diagnosi precoce e accurata. Una diagnosi errata o ritardata della malattia, può impedire il ricorso alle terapie e avere un impatto fortemente negativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto, ma anche di chi deve prendersene cura, considerata la significativa compromissione dello stato di salute sia fisica sia mentale del malato, che peggiora con la progressione dei sintomi.

“L’amiloidosi hATTR, in assenza di un trattamento in grado di bloccarne la progressione o addirittura di invertirne il decorso – continua Vita – può infatti portare a un significativo ‘carico’ di malattia, con esito sempre fatale. Eppure, in Italia registriamo un ritardo diagnostico anche di 4-5 anni, dovuto al fenotipo clinico della malattia che, come detto, è molto variegato. L’inizio precoce della terapia, soprattutto se con farmaci innovativi, può invece condizionare positivamente il trattamento del paziente e lagestione stessa della patologia”.

“Possiamo affermare, anzi – aggiunge – che l’arrivo di queste terapie innovative abbia addirittura un duplice effetto: da una parte fa sì che la patologia acquisti sempre maggiore rilevanza e venga meglio conosciuta dagli specialisti, e questo è particolarmente importante soprattutto nel campo delle malattie rare che sono tante e spesso misconosciute, inoltre consente a noi clinici di accompagnare il momento della comunicazione della diagnosi al paziente con un messaggio di speranza”.

“Grazie alla sempre maggiore attenzione da parte dei centri neurologici e cardiologici verso questa malattia – aggiunge Giuseppe Vita – la diagnosi, inoltre, è diventata più facile e il paziente, diagnosticato prima, può essere meglio curato e accedere alle terapie, anche innovative, con migliori risultati”.

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