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Il “male incurabile” del Belpaese, perché l’Italia arretra nella lotta alla corruzione

Il “male incurabile” del Belpaese, perché l’Italia arretra nella lotta alla corruzione
Corruzione

Fanno discutere i punteggi del Cpi (Corruption perception index), che dipingono una situazione critica per l’Italia. Pesa l’assenza di una regolamentazione in tema di conflitto di interessi nei rapporti pubblico-privato

I punteggi del Cpi (Corruption perception index), pubblicati recentemente da Transparency international, rivelano non solo un’Europa occidentale, in cui gli sforzi anticorruzione sono fermi o in diminuzione, ma anche un’Italia che arretra compromettendo la capacità di affrontare le sfide più urgenti, tra cui quella climatica. Il punteggio dell’Italia, in base all’indice di percezione della corruzione, è di 54 e colloca il Paese al 52° posto nella classifica globale ed al 19° posto tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea. In realtà, dal 2012 al 2023 si era innescata una tendenza alla crescita, con +14 punti, ma il Cpi 2024 segna il primo calo dell’Italia ( pari a -2).

Quali i motivi

In effetti, il sistema nazionale, negli ultimi tredici anni, ha innescato positivi cambiamenti in chiave anticorruzione: basti pensare alla Legge anticorruzione 190/2012, alla Legge 179/2017 per la tutela di coloro che segnalano reati o irregolarità (whistleblower), alla trasposizione della Direttiva europea sul Whistleblowing, al ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione che, negli ultimi anni, ha rafforzato la disciplina sugli appalti e creato un database pubblico che rappresenta un esempio precipuo di trasparenza. Nonostante questi rilevanti cambiamenti, Transparency International evidenzia, però, come ancora manchi una regolamentazione, in tema di conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, che potrebbe rendere più trasparenti gli appalti tra l’ente pubblico e il privato così come ancora manchi una disciplina in materia di lobbyng. Secondo gli esperti “le più recenti riforme ed alcune questioni irrisolte stanno indebolendo i progressi nel contrasto alla corruzione” e stanno incidendo negativamente sulla capacità del sistema di prevenzione della corruzione nel settore pubblico.

Antiriciclaggio, Italia tra gli ultimi per il Registro dei titolari effettivi

Sul tema dell’antiriciclaggio, l’Italia è stata tra gli ultimi a rendere operativo il Registro dei titolari effettivi, per poi rinviarne l’implementazione inficiando potenzialmente l’efficacia delle misure antiriciclaggio. Finora, inoltre, è mancato il sostegno alla Direttiva europea anticorruzione, sulla cui proposta la commissione Politiche dell’Ue della Camera dei Deputati ha espresso “un parere motivato negativo”. Questo atteggiamento non ha facilitato l’eliminazione degli intralci e delle difficoltà, ma ha posto un ulteriore freno alle riforme in materia di trasparenza per contrastare in modo più efficace i reati finanziari come il riciclaggio di denaro. Per tutte queste inadempienze e per la mancata opportunità di raggiungere livelli sempre più trasparenti nell’operato della Pubblica amministrazione, l’Italia è finita, in classifica, dopo Stati come Arabia Saudita e Rwanda. A nulla serve criticare i dati appigliandosi alla possibile inattendibilità delle informazioni così come hanno provato a fare alcuni rappresentanti politici. Lo stesso sottosegretario al ministero dell’Economia e delle finanze Federico Freni ha evidenziato che – “il calo dell’Italia ci deve far pensare. (…) anche perché l’Europa tutta è un po’ in calo. Francia e Germania, così come in economia, vanno peggio di noi. Non che questa sia una ragione per essere felici, anzi. Però forse ci deve far attivare una riflessione ulteriore.”

La posizione di Giuseppe Busia, presidente Anac

E questa riflessione può arrivare anche attraverso un auspicato dialogo tra le istituzioni e la società civile, affinché “siano condivisi i temi ed i rimedi più efficaci a contrastare la cultura della corruzione”. Ancora più chiara la posizione di Giuseppe Busia, presidente Anac, (Autorità nazionale anticorruzione) che alla presentazione del rapporto di Trasparency international a Roma ha sottolineato che “la Corruzione in Italia non si risolve criticando l’indice di percezione che è uno strumento utile. Lavoriamo, invece, insieme per combatterla” poiché la corruzione fa male a tutti. “I costi della corruzione sono costi che si diffondono alla generalità delle istituzioni e che fanno perdere credibilità al Paese e quindi tutti noi dobbiamo lavorare per combattere la corruzione. Ogni passo che si fa è un passo in cui ne guadagnano i diritti, ne guadagna la crescita economica, ne guadagna la democrazia del Paese”.

Occorrono migliori misure di trasparenza

L’obiettivo principale, infatti, non è dividersi a seconda delle appartenenze politiche, ma procedere in accordo e lavorare per l’integrità del sistema pubblico italiano mediante “migliori misure di trasparenza e una maggiore cultura dell’integrità, anche al fine di garantire livelli concreti di legittimità ed equità di rappresentanza degli interessi”. E in questo senso c’è ancora molto da fare perché bisognerebbe aumentare maggiormente la trasparenza nella Pubblica amministrazione, introdurre nuove normative e aumentare i controlli al suo interno. Per questo è importante porre come obiettivo prioritario delle politiche di governo una sfida continua e incessante alla corruzione a ogni livello poiché essa come un virus infetta tutti gli apparati pubblici a danno di tutta la collettività. Basti pensare all’evasione fiscale che ha raggiunto nel 2024 la cifra di 87 miliardi di euro.

Conflitto di interessi questione chiave

“Prevenzione, regolamentazione e cooperazione – ha dichiarato Michele Calleri, presidente Transparency International Italia – sono le parole chiave per un’Europa e un’Italia che mettono al primo posto la lotta alla corruzione a tutti i livelli, a partire da quello culturale. In Europa, la Direttiva anticorruzione è un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire per migliorare gli standard anticorruzione… In Italia, la regolamentazione di questioni chiave come il conflitto di interessi e il lobbying sono il primo obiettivo di questa nuova stagione di cambiamento.” Non a caso, sul fenomeno della corruzione sono apparsi, negli ultimi tempi, una serie di studi volti a sottolineare sia la complessità del fenomeno, sia le conseguenze economico-sociali degli atti corruttivi, dell’illegalità diffusa e dell’assenza di ethos comunitario.

La corruzione distrugge le regole morali

Partendo dalla considerazione che l’atto di corruzione distrugge le regole morali e le regole/leggi amministrative, nell’immaginario collettivo, il termine corruzione rimanda all’idea di malcostume e di illegalità, nonché all’idea dell’attenuarsi del rapporto tra moralità e politica, dell’affievolirsi della democrazia e dell’accrescersi della corruzione. Si tratta di fenomeni diversi ma strettamente interconnessi. La corruzione ha come condizione preliminare “il declino della democrazia” partecipata e quindi la scomparsa, nella coscienza delle persone, del concetto di interesse (J.-P. Fitoussi).

Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico dell’Università degli Studi di Catania