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Malessere Sicilia: l’Isola si “allontana” dal Paese. Crescono i divari su salute, istruzione e povertà

Malessere Sicilia: l’Isola si “allontana” dal Paese. Crescono i divari su salute, istruzione e povertà

Rapporto “Bes” dell’Istat­: nella nostra regione muore anche la speranza (di vita) e i giovani restano senza futuro

PALERMO – Una speranza di vita inferiore rispetto ad altre regioni italiane, un’istruzione sempre più carente e una povertà che, in certi casi, tocca delle punte a dir poco preoccupanti. La Sicilia viene “rimandata” nel Rapporto Bes 2024, il progetto realizzato dall’Istat che misura il “benessere equo sostenibile” delle Regioni del Paese. L’analisi dell’Istituto di statistica prende in considerazione 12 “domini” che contribuiscono a fornire una fotografia dell’Italia per quanto riguarda i principali fenomeni economici, sociali e ambientali.

In Sicilia molte disparità sono accresciute nel corso degli anni

Lo scatto che riguarda la nostra Isola risulta essere alquanto “sfocato”, con un territorio che sembra prendere direzioni differenti rispetto a quelle del Paese e del resto d’Europa. Molte disparità sono accresciute nel corso degli anni, diventando addirittura strutturali. Basti pensare alla speranza di vita, appunto, che risulta essere tra le più basse del Paese e in controtendenza con gli obiettivi europei. L’Italia è uno dei Paesi più longevi del Vecchio Continente insieme a Svezia e Spagna, con un massimo storico toccato proprio nel 2024 e una vita media attesa superiore di due anni rispetto al resto dell’Ue, mentre la Sicilia sembra essere un territorio “altro”, con una longevità inferiore rispetto alle regioni del Nord e tra le peggiori dell’intero Meridione.

La Sicilia appare anche come un ambiente a sé stante anche per quanto riguarda la mortalità dei tumori: la nostra regione è, a oggi, il terzo territorio italiano con l’incidenza maggiore di decessi. E ancora, tra i punti critici che caratterizzano la Sicilia vi è, come anticipato, quello dell’istruzione. Nell’Isola più della metà degli studenti non è capace di comprendere adeguatamente un testo scritto e non riesce a esprimersi in maniera opportuna. Non finisce qui: se le competenze diseguali in italiano riguardano molti scolari, ancora più numerosi sono i giovani siciliani che non posseggono competenze adeguate per utilizzare la matematica nella vita di tutti i giorni, più dei ragazzi delle altre regioni italiane.

La Sicilia risulta essere poi la “grande malata d’Italia” insieme a Campania e Calabria per quanto riguarda la povertà. A Palermo, così come a Catania e nelle altre località dell’Isola, più di un cittadino su tre si trova in condizione di povertà. Inoltre, sempre in Sicilia si osservano tra i divari più grandi tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero. Nel Rapporto Bes 2024 viene poi sottolineata la grande crisi siciliana degli incendi. Anche lo scorso anno la nostra Regione è stata una delle aree del Paese dove si sono registrati più roghi. Un dato, questo, che era stato confermato già dai dati diffusi nelle scorse settimane dall’Ispra che, al 15 settembre 2025, parlava di una superficie complessiva percorsa da incendio di 480 chilometri quadrati e nella quale risultano colpiti 37 chilometri quadrati di ecosistemi forestali. E poi acqua assente, nidi per la prima infanzia inesistenti e difficoltà per i giovani che non lavorano e non sono inseriti in un percorso formativo. Insomma, la Sicilia non è solo un’isola ma è anche la tomba della speranza del nostro Paese.

1. Speranza di vita

Vi sono 2,6 anni di divario territoriale tra la provincia autonoma di Trento (84,7 anni), considerata la zona del Paese più longeva, e la Sicilia (82,1), tra le zone dello Stivale con la speranza di vita più bassa. Una differenza che, così come riporta il documento dell’Istat, non si è ridotta con il trascorrere del tempo.

Addirittura, paragonando il dato del 2024 con quello del 2014, l’Isola ha mantenuto la propria posizione poco gratificante. Infatti, il valore di speranza di vita alla nascita è calcolato a 81,6 anni. Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, invece, lo stesso dato viene quantificato a 83,7 anni. La Sicilia occupa dunque le posizioni più basse di questa classifica, insieme ad altre regioni del Meridione come Campania e Calabria.

In uno sguardo d’insieme tra Settentrione e Meridione, “mentre tutte le regioni del Nord hanno recuperato, e in molti casi ampiamente superato, i livelli prepandemici del 2019 – sottolinea l’Istat -, ciò non accade per diverse regioni del Mezzogiorno: Molise (-0,5), Sardegna (-0,2), Puglia e Calabria (-0,1) e nel Centro solo per l’Umbria (-0,1 anni)”.

2. Mortalità per tumori

Nel 2022 la Sicilia registra tra i tassi di mortalità per tumori più elevati del Paese, confermando un triste trend che caratterizza il Mezzogiorno del Paese. Nell’Isola si toccano 8,5 casi ogni 10 mila residenti di età compresa tra i 20-64 anni, il terzo peggior dato da Roma in giù: valori più alti si segnalano soltanto in Sardegna (8,8) e Campania (9,0). Nel complesso, il dato regionale dei territori del Sud supera quello nazionale dove si parla di un tasso pari a 7,6 ogni 10 mila abitanti.

“Negli ultimi dieci anni – scrive l’Istat nel rapporto – il miglioramento è avvenuto in tutt’Italia, ma con intensità diverse: il Centro-nord ha registrato diminuzioni doppie rispetto al Sud e alle Isole, e si è così ampliato il divario territoriale. Il titolo di studio evidenzia forti disuguaglianze: i tassi sono molto più elevati tra le persone meno istruite”.

Queste disuguaglianze, secondo l’Istat, riguardano uomini e donne, “ma sono più marcate tra i primi; nel 2022, infatti, il tasso di mortalità per tumori tra gli uomini con massimo la licenza elementare è più che doppio rispetto ai laureati (rapporto di 2,3), mentre tra le donne il rapporto è di 1,6”.

3. Povertà

Forse non si tratta di una novità, ma i siciliani continuano ad affrontare difficoltà enormi per arrivare a fine mese. Secondo il rapporto “Bes” dell’Istat, nell’Isola si riscontrano “profonde differenze territoriali anche per il rischio povertà” rispetto al resto del Paese.

Sul calcolo dei redditi del 2023, “a fronte del 18,9% delle persone con un reddito netto equivalente inferiore o pari al 60% del reddito equivalente mediano”, stimato a livello nazionale a 12.363 euro annui (1.030 al mese) per una famiglia di un componente adulto, in Sicilia “il fenomeno interessa più del 35% della popolazione”, così come stimato per Campania e Calabria.

Sempre nell’Isola, dice ancora l’Istat, “il rischio di povertà più elevato si associa anche ai valori più alti dell’indice di disuguaglianza, ossia il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero”, che si attesta a 6,9 in Sicilia.

Le forti disuguaglianze territoriali nelle condizioni di vita, dice ancora l’istituto di statistica, al Sud risultano nettamente più evidenti per istruzione ed età. Tra gli over 25, le persone con al massimo la licenza media presentano un rischio di povertà 3,5 volte più elevato dei laureati.

4. Nidi per l’infanzia

In Sicilia risultano carenti le strutture deputate a ospitare i nidi per la prima infanzia, una situazione omogenea in tutto il Mezzogiorno, “a eccezione della Sardegna” dice l’Istat. La Sicilia è infatti tra le regioni italiane che non superano il target europeo del 33% previsto per il 2010 e per il 2030. Inoltre, la Sicilia – insieme a Campania, Calabria, Liguria, Puglia e Basilicata – è uno dei territori regionali dove meno del 30% dei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni frequenta l’asilo nido.

Sempre l’Istat, in un altro rapporto pubblicato nei mesi scorsi e denominato “I servizi educativi per l’infanzia in Italia” e in riferimento all’anno 2023/2024, aveva documentato una situazione per i giovanissimi in Sicilia, dove i livelli di copertura di posti negli asili nido risultano ben al di sotto della media nazionale e inferiori al parametro fissato dal Livello essenziale delle prestazioni (Lep), con un dato del 13,9%.

Nello stesso volume si sottolinea come quasi tutte le regioni del Sud hanno aumentato la spesa pro-capite per i servizi educativi in misura inferiore rispetto alla media nazionale, ma la Sicilia ha fatto peggio di tutte mantenendo “quasi invariato il livello di spesa pro-capite (da 390 a 391 euro)”.

5. Istruzione

Una delle note più dolenti del rapporto dell’Istat riguarda certamente il livello di istruzione degli studenti siciliani, coloro che dovrebbero rappresentare il “futuro” della Sicilia. Nell’anno scolastico 2024-2025 nell’Isola non sono stati raggiunti “livelli accettabili” in italiano e matematica.

In particolare, in Sicilia vengono osservate “le quote più alte di studenti con competenze alfabetiche non adeguate”, pari al 53,3% degli studenti. Un dato peggiore della Calabria (50,8% e della Sardegna (49,1%). Sempre la Sicilia presenta il livello più alto di studenti “con competenze numeriche non adeguate”, pari al 62%. Peggio, ancora una volta, di Calabria e Sardegna, che si fermano rispettivamente al 59,5% e al 57,9%.

Queste difformità siciliane e del Meridione in genere rientrano all’interno di un circuito scolastico nazionale che non è riuscito a superare lo choc della pandemia da Covid-19.

“Dal 2021 – sottolinea l’Istat -, le percentuali di studenti che non raggiungono livelli accettabili in italiano o matematica (low performer) sono rimaste invariate, mostrando la difficoltà dei sistemi scolastici nel recuperare i livelli precedenti la pandemia”.

6. Neet

Nel 2024 a livello nazionale sono diminuiti i Neet, vale a dire quella fetta di giovani che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione: si tratta del 15,2% dei 15-29enni, mentre nel 2020 le percentuali parlavano del 23,7%, il valore più alto dal 2018.

La Sicilia, anche in questo settore, non si distingue per numeri positivi. La quota di Neet nell’Isola è calcolata al 25,7% tra i giovani, il secondo dato più alto del Paese dopo quello della Calabria (26,2%) e superiore a quello della Campania (24,9%). Numeri drammatici e rilanciati di recente anche dall’Eurostat nel suo Annuario delle Regioni europee 2025: la Sicilia è infatti una delle cinque regioni europee in cui il tasso di Neet è superiore al 25%, contro una media Ue che non supera l’11%. Ciò si riflette sulle possibilità dei siciliani di inclusione sociale e lavorativa.

Genericamente nel nostro Paese, secondo l’Istat, sono le donne tra i 25 e i 29 anni a essere maggiormente svantaggiate: si tratta di un divario legato anche “a una maggiore difficoltà di accesso al mercato del lavoro” che determina una quota di 26,5% per le donne rispetto al 16,9% degli uomini.

7. Erogazione idrica

In Sicilia continua a rimanere emergenziale la situazione relativa l’erogazione dell’acqua. La situazione della regione è tra le più critiche dell’Italia: nel 2024 il 29,2% delle famiglie isolane ha dichiarato irregolarità nel servizio idrico, una quota di poco inferiore rispetto alla Calabria (29,9%), l’area del Paese più danneggiata da queste difficoltà.

La percentuale è decisamente allarmante, se si considera inoltre che a livello nazionale appena l’8,7% ha riscontrato disagi nella distribuzione dell’acqua. Il paragone con le regioni del Nord diventa imbarazzante: qui, infatti, appena il 3,2% delle famiglie ha denunciato dei problemi.

I dati dell’Istat si amalgamano con quelli dell’Anbi, l’Associazione nazionale consorzi gestione tutela territorio ed acque irrigue, che nelle scorse settimane ha analizzato lo stato idrico dell’Isola, rilevando comunque una situazione in leggero miglioramento rispetto al passato.
Per l’associazione, nel 2025 si sono registrate “minori criticità” per il comparto potabile che ha potuto contare sul 37% in più di acqua invasata, “ma lo stato di severità idrica per il comparto agricolo è continuato a essere molto elevato”.

8. Incendi e inquinamento

Se nel nostro Paese nel corso del 2024 si è ridotto l’impatto degli incendi boschivi rispetto al livello registrato nei tre anni precedenti, la Sicilia continua a essere “maglia nera” delle regioni italiane per numero di roghi. “Nonostante un netto miglioramento – sottolinea l’Istat nel rapporto Bes – la regione più colpita si conferma la Sicilia con il 5,1 per mille del territorio regionale (contro il 22,3 per mille dell’anno precedente), seguita da Calabria, Campania e Lazio (tra il 4,0 e il 5,0 per mille)”.

“Poiché i danni prodotti dagli incendi boschivi hanno conseguenze durevoli – sottolinea ancora il report dell’Istat, è opportuno considerare, accanto ai dati dell’ultimo anno, anche quelli medi dell’ultimo decennio. Questi evidenziano una forte concentrazione dell’impatto in Sicilia e Calabria, dove nel periodo 2015-2024 le medie annue delle superfici percorse dal fuoco sono state pari al 10,4 per mille e al 7,2 per mille dei rispettivi territori regionali”.

La Sicilia è poi una delle regioni italiane dove si registra un peggioramento di concentrazione particolato fine PM, l’insieme di sostanze liquide o solide inquinanti sospese nell’aria. Nel 2023, rispetto al 2022, il dato è peggiorato dal 64,7% al 70,6%