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Manca la voglia di saperne di più, Facebook e Wikipedia l’elogio dell’ignoranza

Su Facebook vi è un tasto “commenta”. Commentare significa riflettere, chiarirsi e chiarire le idee, utilizzare la propria mente per aggiungere qualcosa a ciò che si legge. Commenta ha radice latina.
Invece di comportarsi all’interno del significato di quella parola, quasi tutti gli internauti la interpetrano come se essa significasse “giudica”. Ed ecco che si lasciano andare in tal senso, non nel tentativo di esplorare meglio ciò che leggono, ma emettendo sentenze come se fossero giudici.
Questo accade perché quando gli ignoranti leggono qualcosa di cui non capiscono il significato, sono portati a stravolgerla e, influenzati dai media sociali, si ritengono autorizzati a emanare sentenze senza alcuna cognizione di causa.
È il risultato del diffondersi a macchia d’olio delle informazioni, anche per effetto di quella pseudo enciclopedia denominata Wikipedia, inventata da Jimmy Wales e Larry Sanger nel 2001, ove tutti scrivono di tutto senza alcun controllo, senza alcuna capacità di connettere ciò che scrivono con la realtà.

In altri termini, Facebook e Wikipedia potrebbero essere denominati l’elogio dell’ignoranza, cioè l’elogio dell’incapacità di essere realisti, di capire e dire il vero, in altri termini di essere rappresentativi di un genere umano che nella realtà ha la sua ragion d’essere.
L’elogio dell’ignoranza ci richiama un altro titolo analogo: L’elogio della pazzia (o della follia), un libretto scritto da un frate olandese nel 1509, che si chiamava Erasmo da Rotterdam.
Col suo elogio, Erasmo descriveva con toni pacati ed ironici, i difetti della chiesa dell’epoca, senza per questo attirarne gli strali.
Un po’ come faceva Molière (Jean-Baptiste Poquelin, 15 gennaio 1622- 17 febbraio 1673), il quale, ai tempi del Re sole, con le sue commedie, prendeva in giro la corte e l’aristocrazia dell’epoca, però in modo molto garbato, tanto che divertiva il monarca, che assisteva alle sue commedie e lo applaudiva.
Certo non è facile scrivere o dire in modo ironico e leggero di eventi estremamente seri, ma le persone di cultura ci riescono e ottengono migliori risultati rispetto a comportamenti irosi o toni forti.
L’ignoranza è un male diffuso che peggiora sempre in proporzione diretta al diffondersi del materialismo.
La gente non cerca soddisfazione nell’elevare la propria mente, nell’aumentare le proprie conoscenze e quindi capire di più ciò che succede, quali siano le cause ed i possibili rimedi. No, la gente cerca soddisfazione nei beni materiali: smartphone, automobili, case, divertimenti e vestiario.
Bene inteso, anche questi ultimi sono necessari, ma debbono essere meritati, cioè ognuno deve ottenerli con la propria capacità di lavorare e produrre la ricchezza che lo renda libero dai bisogni.
Per cui, deve andare lungo il percorso degli studi, che gli facciano acquisire competenze e continuando ad imparare sempre, non stancandosi mai, perché anche quando il corpo cessa fisiologicamente, un attimo prima, se si è in sensi, bisogna avere la voglia di scoprire il proprio ignoto.
L’ignoto è immenso, incommensurabile, mai nessuno di noi può venirne a conoscenza. Tuttavia, lo sforzo di saperne di più deve essere constante.

Non sembri che la questione metodologica prima indicata sia una componente superflua della vita di tutti i giorni. Tutt’altro. Se non c’è la capacità di condurre la propria vita secondo ordine e metodo, con disciplina, pazienza ed abnegazione, tenendo sempre presente la stella polare di comportarsi con dignità ed onore, se non c’è tutto questo, la vita può sembrare inutile.
E tanti non si accorgono che la vita è inutile: quando trapassano, non fanno neanche l’inventario di come l’hanno utilizzata. Chissà se il loro spirito nell’aldilà gli farà comprendere l’errore grossolano che hanno compiuto. Ma sarà troppo tardi.
Ognuno di noi deve essere consapevole della propria ignoranza e, contestualmente, deve fare ogni sforzo per combattere quella altrui, con buone maniere perché non si può indurre gli altri a capire che è meglio sapere che non sapere, se proprio non vogliono.
È inutile portare il cavallo al fiume se non vuole bere.