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Manifestazioni vitali, sbagliato l’obiettivo

Manifestazioni vitali, sbagliato l’obiettivo

Scioperi e disordini dannosi

Lo sciopero generale è un diritto, come qualunque altra manifestazione di dissenso; un diritto previsto dalla Costituzione che tutti le cittadine e i cittadini possono e devono usare, ma cum grano salis e cioè quando è opportuno, anzi necessario.
Nel caso dello sciopero di Landini vi è in corso una contestazione perché la Commissione di garanzia lo ha dichiarato illegittimo. I magistrati valuteranno quale delle due parti abbia ragione.
Ma non è questo l’oggetto del nostro commento, piuttosto la valutazione positiva di una marea di cittadini che senza forme organizzative è scesa in piazza per manifestare.
La domanda è: hanno capito la materia del contendere o si sono lasciati andare a una protesta sulla quale non vi era stata una preventiva riflessione? Scriviamo questo perché la conoscenze, la cultura, la capacità di riflettere e di ragionare devono essere alla base di ogni decisione di ciascuno.

Che sulla Striscia di Gaza sia stato scatenato l’inferno di distruzione e di morti (pare che siano arrivati al numero di settantamila); che la vita in quella Striscia non possa più essere chiamata vita, con la gente senza casa e cibo, con medici senza più farmaci, con infrastrutture ridotte all’osso; tutto questo è evidente, ingiusto e indiscutibile. Tuttavia, bisogna andare a valutare la causa dell’inferno. Tale causa è l’attacco a Israele del 7 ottobre da parte di Hamas, gruppo che non ha mai voluto riconoscere l’Autorità nazionale palestinese, presieduta da Abu Mazen.
Questo gruppo, che qualcuno definisce terroristico e qualcun altro, invece, patriottico, non ha capito in anticipo di avere acceso la miccia di un’esplosione di dinamiche che probabilmente covava dentro la testa di Netanyahu. Quest’ultimo ha colto l’occasione per fare quello che voleva fare da tempo e cioè distruggere Gaza. Ma non poteva in assenza di un pretesto, presentatogli su un piatto d’argento.
Lo scenario che tentiamo di descrivere è deduttivo dai fatti verificatisi in questi due anni, ma anche da quelli verificatisi nel ventennio precedente.

Hamas ha sempre pensato ossessivamente di potere distruggere Israele e gli israeliani: un’idea folle e inattuabile. Cosicché, persistendo in questo piano sconsiderato, è stato la causa prima della reazione di Netanyahu, contento di essere stato provocato.
In questo quadro è stato approntato un Piano di pace in ventuno punti dal presidente degli Usa, Donald Trump, che è in discussione nei meravigliosi luoghi turistici egiziani di Sharm El Sheikh.
Dobbiamo augurarci, come cittadini del mondo, che in quella bella località tutte le parti (israeliani, Hamas, palestinesi, arabi, turchi e altri) siano prese dal buonsenso e arrivino a una conclusione, che è sostanzialmente compresa nel sopraindicato Piano di pace.
Trump si è dichiarato disponibile a presiedere questo organismo tutto da costituire e ha indicato una sorta di amministratore delegato: l’ex premier britannico laburista, Tony Blair.

La nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha comunicato al Paese che il suo Governo è pronto a riconoscere lo Stato di Palestina a condizione che non vi sia Hamas e che tutti gli ostaggi vengano rilasciati. Queste due condizioni sono inserite nel Piano di pace previsto da Trump. Quindi, se esso sarà realizzato, non vi saranno ulteriori ritardi nel concludere questa amarissima e dannosissima vicenda.
Le proteste di italiane e italiani in molte città erano sacrosante, ma non hanno colto lo scenario così come lo abbiamo descritto. Questo perché le informazioni date al popolo italiano sono state frammentarie, partigiane, incomplete e parziali. Tuttavia, va sottolineata la vitalità della gente, che per fortuna non è passiva di fronte alle situazioni gravi che si trovano anche fuori dai confini italici.
Ci dobbiamo augurare, però, che non ve ne sia altro bisogno. Ci auguriamo, infatti, che a Sharm El Sheikh possa arrivare finalmente la desiderata e sperata parola: Pace.