Nel 2013 la forza lavoro over 51 era il 29%, nel 2023, dopo 10 anni, la percentuale è cresciuta al 38%, 9 punti in più. In diminuzione nel decennio gli occupati della fascia 14-30 anni, passati dal 20% al 16%, e quelli della fascia 31-49, passati dal 51% al 46%. Sono alcuni dati di un rapporto realizzato da Fillea Cgil Sicilia, presentato di recente, riguardanti il settore edilizio nella nostra regione. Un settore, quello edile nella nostra terra, in cui la manodopera invecchia e che vede i giovani alle prese con le difficoltà legate alla crisi economica ma anche con una formazione non al passo coi tempi, problema quest’ultimo che riguarda anche chi già lavora. Sull’argomento il QdS.it ha intervistato Giovanni Pistorio, segretario generale del sindacato sopra citato.
Segretario, c’è una realtà che la nostra regione potrebbe prendere a modello nell’ambito dell’edilizia? “Ce ne sono tantissime in altre parti d’Italia come la Lombardia e il Veneto, per fare qualche esempio. Però, in queste due regioni c’è stata sempre molta attenzione alla formazione professionale di settore. In Sicilia, la formazione professionale, erogata dagli enti bilaterali di settore, è stata sempre attenta ai fabbisogni immediati delle aziende che operano nel nostro mercato; però, per fare il salto di qualità occorre pensare alla formazione in maniera diversa cercando di anticipare quelle che possono essere le trasformazioni di mercato. Se riuscissimo a fare ciò, guardando anche all’innovazione di prodotto, riusciremmo a determinare importanti condizioni: l’affezione e la qualificazione dei nostri addetti e l’apprezzamento in settori di mercato all’avanguardia anche delle nostre aziende. Trent’anni fa le nostre ditte si presentavano sul mercato delle costruzioni nell’esecuzione di lavori tradizionali potendo mettere a disposizione le migliori maestranze presenti sul mercato, oggi che il settore delle costruzioni è cambiato, se non riusciamo a immettere sul mercato manovalanza altamente qualificata e specializzata, anche le nostre aziende rischieranno di essere tagliate fuori dal settore delle costruzioni”.
Lei parla di una forza lavoro in grado di stare al passo con le innovazioni tecnologiche. Quali potrebbero essere quelle più utili al settore edile siciliano?
“Il green building, quindi le innovazioni tecnologiche nell’edilizia residenziale e pubblica, nei lavori altamente specialistici come gli scavi in galleria, nei lavori di infrastrutturazione leggera e pesante; perché oggi nell’operare utilizzando macchinari di ultima generazione non si può non tenere conto del livello di qualificazione professionale degli operatori. Non si batte pale e pico come si faceva una volta, ormai chi lavora con strumenti e mezzi che mette a disposizione il settore industriale di cui sono dotate le aziende anche di medie e grandi dimensioni deve operare qualificando al massimo la manovalanza anche con strumenti sofisticati dal punto di vista ingegneristico; quindi, occorre essere dotati anche di competenze informatiche ed elettroniche di livello più elevato”.
Cosa manca ai lavoratori più giovani rispetto alle generazioni più anziane?
“I lavoratori più giovani devono avere l’opportunità di potersi formare e di potersi qualificare. Una volta il trasferimento delle competenze avveniva in strada; c’erano quartieri nei quali si scambiavano le informazioni sulle pratiche professionali e poi a lavoro quelle competenze venivano affidate dal “mastro”. Le nuove generazioni per pensare che questo possa essere un lavoro appetibile, devono avere a disposizione, non più le strade o le piazze dove discutere ma i laboratori e i docenti che li mettano nelle condizioni, quanto meno dal punto di vista teorico, rispetto ai primi rudimenti, di potere apprezzare il lavoro che fanno”.
Perché investire nella formazione è fondamentale?
“Perché, se non si investe nella formazione professionale e non si qualificano le nuove maestranze, il lavoro che noi andremo a generare sarà sempre più povero e precario. L’esercizio della democrazia è tale se lo si esercita in condizioni di libertà, se si è liberi di decidere del proprio destino anche professionale e se non si è costretti economicamente a subire un lavoro piuttosto che un altro. In questo modo, aumentano non solo le opportunità ma anche le possibilità di scelta; stessa cosa se hai una qualifica professionale medio-alta e questo vale sia per i lavoratori che per le imprese. Se non si qualificano queste ultime, tra qualche anno potranno partecipare anche all’affidamento di un piccolo sub-appalto in altre parti d’Italia? Non penso”.
Perché gli attuali programmi non funzionano e di fatto i giovani continuano, non solo ad andare fuori ma spesso anche a scegliere altri settori e altre realtà?
“Il problema che riguarda i giovani non sta nello scegliere altri settori, ma alle nostre latitudini consiste nel fatto che non sono messi nelle condizioni di scegliere perché non c’è una formazione professionale all’altezza. Non gli viene offerto un ventaglio di opportunità ma la possibilità di essere parcheggiati in un ente piuttosto che in un altro. La formazione professionale che noi offriamo non è di qualità. Dovrebbe tenere conto delle opportunità di mercato e delle trasformazioni in corso, altrimenti come si può programmare una formazione professionale all’altezza dei tempi? Se non la programmi significa che ti accontenti di vivere alla giornata e la nostra formazione professionale fa questo”.
Cosa si può fare per rendere più appetibile questo ambito?
“Bisogna fare in modo che tutti i soggetti realmente interessati si seggano attorno allo stesso tavolo e programmino tenendo conto dello sviluppo possibile. Occorre prima avere un’idea di ciò che si vuole fare e dopo occorre mettere a disposizione i propri talenti e le proprie capacità al servizio del disegno complessivo. Però, i soggetti interessati, quindi: i rappresentanti delle aziende, dei lavoratori e il livello politico, devono mettersi assieme per potere valutare quelli che sono i bisogni infrastrutturali complessivi del territorio, gli sviluppi, gli interventi possibili e il fabbisogno in unità lavorative e dopo, renderlo effettivamente appetibile ma lo si rende tale mettendo a disposizione un pacchetto formativo di qualità”.
Voi chiedete un accordo tra Regione ed enti bilaterali. Cosa dovrebbe prevedere questo accordo? “Occorre sedersi ad un tavolo: associazioni datoriali, organizzazioni sindacali e Regione Siciliana. E’ necessario valutare le opzioni a disposizione, a condizione che ognuno metta un pezzo, poi noi potremo mettere a disposizione i nostri enti per la formazione professionale. L’accordo dovrebbe prevedere una riqualificazione del settore professionale in Sicilia. L’appello di Ance di qualche settimana fa era chiaro almeno per alcuni aspetti: meno parrucchieri ed estetisti e più formazione professionale di qualità. La formazione professionale non deve essere a disposizione degli enti per la formazione professionale ma deve essere a disposizione di una formazione professionale di qualità”.
Diamo adesso un’occhiata più nel dettaglio ai dati Fillea Cgil Sicilia per ogni provincia. L’analisi dei singoli territori evidenza un invecchiamento più marcato degli edili occupati a Enna, Trapani, Messina e Caltanissetta. In questi quattro territori i lavoratori over 51 sono infatti passati, dal 2014 al 2023 in percentuale, rispettivamente dal 27% al 41%, dal 32% al 41%, dal 27% al 39% e dal 32% al 39%. Nel 2023 Palermo ed Agrigento sono passate al 37% mentre nel 2014 raggiungevano rispettivamente il 32% e il 28%. Siracusa e Catania hanno raggiunto il 36% nel 2023 quando invece, nove anni fa facevano registrare il 27% e il 28%. Ragusa, secondo i dati di Fillea Cgil Sicilia è la provincia in cui la manodopera è invecchiata di meno: si è infatti passati dal 27% del 2014 al 33% dell’anno scorso.