In questi giorni è cominciata la solita filastrocca sulla cosiddetta Manovra, che durerà verosimilmente fino al prossimo Natale perché, come accade ogni anno, il Parlamento dà l’imprimatur con l’approvazione negli ultimi giorni di dicembre.
La Manovra è ai più una parola incomprensibile, perché di per sé non vuol dire assolutamente nulla.
Il Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) dovrebbe spiegare più precisamente che ha impostato la Legge di bilancio 2026, nella quale vi sono variazioni delle entrare e variazioni delle uscite rispetto alla Legge di bilancio del 2025.
Solo per semplificazione comunicativa, l’insieme di tali variazioni si chiama Manovra. Ma la Legge di bilancio non è un’automobile che si sposta con una manovra, o un treno che va manovrato. È semplicemente uno strumento economico-finanziario nel quale sono indicate entrate, uscite, avanzo primario, debito di interessi e risultato finale.
Tale risultato finale, secondo le leggi europee, non può superare il limite del tre per cento.
Quanto precede è la spiegazione elementare di tanti paroloni che vengono scritti su giornali, riportati nei media sociali e pontificati in radio e televisioni per dimostrare saccenza e supposta competenza, che spesso chi pronuncia discorsi o scrive articoli non ha.
Per carità, nessuna critica a nessuno, solo il riporto di una situazione evidente, che cerca di confondere le cittadine e i cittadini dando loro comunicazioni volutamente complicate, anziché dati essenziali.
I dati essenziali sono che lo Stato spende più di quanto incassa. Non solo, ma mentre le uscite sono certe, le entrate non lo sono, per cui alla fine dell’anno il consuntivo è onerato da mancate entrate, solo parzialmente compensate da mancate uscite.
Nel bilancio dello Stato una cifra è però pacifica: quella relativa agli interessi sul debito pubblico, interessi che costano ai cittadini una cifra intorno agli ottanta miliardi di euro.
Molti hanno pontificato soddisfazione per il contenimento del nuovo debito entro il limite del tre per cento, ma non hanno specificato quanto segue. Tale tre per cento significa un ulteriore incremento del debito pubblico, che si somma a quello già esistente, con la conseguenza di far aumentare ulteriormente gli interessi sui titoli dello Stato.
Quando sentiamo politicastri dire che bisogna aumentare le spese per questa o quella voce, senza però indicare da dove devono derivare le entrate o quali debbano essere i tagli di altre spese per compensare, ci vengono i brividi, perché valutiamo in malafede tutti quelli che dicono queste cose malsane. Essi, infatti, dimenticano che il debito pubblico ammontava a settembre 2025, a ben 3.082 miliardi, come prima si scriveva.
Fa specie questa incoscienza (o malafede) che continua ad alimentare situazioni ignorate dalle cittadine, e dai cittadini, i quali, perciò, vengono informati erroneamente su una situazione falsa e cioè la circostanza di aumentare le spese senza dover aumentare le entrate.
In questo quadro, l’Opposizione potrebbe avere una funzione importante, spiegando i fatti come abbiamo elencato precedentemente. Non solo, ma se fosse una Opposizione costruttiva, dovrebbe portare a conoscenza della Pubblica opinione una legge di bilancio alternativa a quella dello Stato, spiegando come essa otterrebbe migliori risultati, sempre e solo nell’interesse dei cittadini.
Invece sentiamo – a partire da Elly Schlein fino a Giuseppe Conte, dai responsabili di Avs a quelli dei partitini, eccetera – argomenti generici e fumosi che non toccano i gangli di una Legge di bilancio propulsiva e per la crescita.
Insomma, l’Opposizione dovrebbe spiegare con fatti e argomenti incontrovertibili con quali strumenti il Pil del Paese dovrebbe crescere, non dello 0,6 per cento programmato, ma oltre il due per cento; come l’inflazione potrebbe diminuire; con quali mezzi ridurre il gap fra il Nord e il Sud dell’Italia; in definitiva, come migliorare lo stato di salute dell’intera popolazione italiana, non solo di una parte di essa.

