Non un "cervello in fuga" ma un medico al servizio della ricerca: ecco chi è Marco Donia, catanese che ha contribuito alla terapia sperimentale contro il melanoma.
Nella nuova scoperta sulla cura del melanoma presentata nella sessione plenaria del congresso ESMO Annual meeting 2022 lo scorso settembre, uno dei principali ricercatori è catanese. Si tratta di Marco Donia, laureato in Medicina e Chirurgia nel 2008 e specializzato in Oncologia medica all’Università di Catania, oggi medico oncologo e professore associato all’ospedale universitario di Copenhagen.
Grazie alla scoperta fatta da Donia e dal team di ricercatori, i pazienti con melanoma metastatico possono beneficiare di una terapia innovativa basata su infusione di linfociti T, un particolare tipo di cellula del sistema immunitario. Questi ultimi vengono recuperati da una metastasi tumorale con un’operazione, moltiplicati e attivati in un laboratorio specializzato, e infusi allo stesso paziente per via endovenosa dopo 3-5 settimane. Dopo l’infusione, trovano le restanti metastasi e uccidono i tumori.
Marco Donia e la cura del melanoma
“Siamo partiti da un dato: il 50% dei pazienti non ha risposte dalle terapie attuali. C’erano stati precedentemente degli studi più piccoli tra cui anche studi fatti nel mio centro in cui gruppi di 20-30 pazienti circa avevano risposto a questa nuova terapia”. Inizia così Marco Donia a spiegare l’importante conquista in materia di cura dei melanomi metastatici.
“Abbiamo impiegato otto anni per raggiungere questo risultato che è frutto dell’unione dei gruppi di ricerca del National Center for Cancer Immune Therapy in Danimarca e del Netherlands Cancer Institute nei Paesi Bassi”, ha raccontato l’oncologo e ricercatore catanese.
Inoltre, ha precisato: “Il mio ruolo è stato inizialmente di armonizzare le procedure, cioè creare un processo comune dalla rimozione del tumore alla produzione del prodotto cellulare che sarà infuso al paziente. Dopo aver disegnato lo studio nel 2014, ci siamo dedicati per oltre 7 anni a trattare i pazienti. E adesso ci stiamo dedicando all’analisi dei campioni che sono stati raccolti durante il trial”.
A essere stati pubblicati, infatti, sono i risultati clinici del trial realizzato, ossia quanti pazienti hanno risposto alla nuova terapia rispetto alla terapia standard. Il dato principale è che il 49% dei pazienti trattati con la terapia sperimentale hanno risposto alla terapia, cioè i tumori si sono ridotti di almeno il 30% delle dimensioni (un tumore di 10cm è diventato di 7cm o meno). Con il trattamento standard, solo il 21% ha avuto una riduzione del tumore.
I prossimi passi per la terapia sperimentale
La conquista scientifica si proietta verso ulteriori passi. “Siamo in discussione con l’Autorità europea regolatoria dei farmaci per cercare di rendere questo trattamento disponibile. Poi i singoli stati in Europa potranno decidere indipendentemente se approvarlo e soprattutto se rimborsarlo perché ovviamente, ha dei costi finanziari”, ha raccontato l’oncologo e ricercatore catanese.
Tuttavia, i costi sono inferiori rispetto alle terapie standard, ma il processo di produzione di questi prodotti è complicato e totalmente personalizzato. “In Danimarca e in Olanda siamo già in discussione con le autorità locali regolatorie per poter offrire questo tipo di trattamento”. Non è un punto di arrivo per Marco Donia, ma solo uno dei tanti passaggi della sua carriera professionale. Da oncologo e ricercatore universitario, Donia ha la consapevolezza che oggi da alcuni tipi di tumori, anche metastatici, si può guarire e che il continuo studio di questi fenomeni tumorali può portare fra dieci anni a nuove, incisive e determinanti cure.
La ricerca scientifica “è di tutti”
Donia non si sente un cervello in fuga e sulla ricerca scientifica ha le idee chiare. “La ricerca scientifica ha un impatto sul sapere e quindi il sapere è trasferibile, è di tutti. Questo trattamento non è di proprietà di nessuno, può essere utilizzato da qualunque centro abbia la capacità di produrlo. Fare un certo tipo di progettazione e raggiungere i risultati in Italia o da un’altra parte non cambia molto”.
“Io mi sono formato a Catania in un campo di ricerca in cui c’era una eccellenza sul territorio. Poi mi sono semplicemente spostato fisicamente in un altro centro dove esisteva un tipo di eccellenza scientifica diversa che permetteva di effettuare questi studi”, conclude.
Sandy Sciuto