Interviene al QdS il Prefetto di Palermo Massimo Mariani
Interviene al QdS il Prefetto di Palermo Massimo Mariani.
Signor Prefetto, sulla base dei dati pubblicati dal ministero dell’Interno, è tornato a crescere il dato relativo alle interdittive antimafia. I provvedimenti emessi hanno riguardato sia le comunicazioni interdittive sia le informazioni. Qual è la differenza tra i due provvedimenti?
“La materia si basa su due pilastri, gli articoli 67 e 84 del Decreto legislativo 159/2011, il c.d. Codice Antimafia. Il primo, l’art.67, disciplina le comunicazioni antimafia e prevede che, quando una persona è sottoposta a provvedimento definitivo con sorveglianza speciale, non può più ottenere licenze, autorizzazioni, iscrizione negli elenchi degli appaltatori. Qualora questa persona sia già titolare di licenze o autorizzazioni, queste decadono automaticamente in virtù del provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria. Anche nel caso in cui nei confronti di una persona sia stata pronunciata una condanna definitiva, oppure non definitiva ma confermata in appello, per uno dei delitti dall’art. 51 comma 3bis del CPP, quei delitti che sono di pertinenza della Direzione Distrettuale Antimafia. L’articolo 84, che è quello che disciplina anche le informazioni antimafia, presuppone invece una verifica più pregnante. Sono previste ipotesi da cui si evince l’esistenza di un possibile condizionamento mafioso mirato a condizionare, o controllare, le scelte dell’impresa. Anche gli imprenditori che non denunciano all’autorità giudiziaria di essere stato vittima di estorsione o le cui imprese sono state oggetto di riassetti societari indizianti o qualora i contesti familiari, parentali o ambientali in cui gravita l’impresa sono attenzionati e possono diventare elementi che portano all’emissione del provvedimento di interdittiva”.
Come funziona l’iter accertativo che porta a emettere le interdittive? Avviene quando c’è la partecipazione ad appalti pubblici?
“Le procedure sono avviate sulla base di quanto previsto dal Codice Antimafia. Ad esempio nel momento in cui è aggiudicato un appalto vengono automaticamente richieste alla Prefettura le informazioni antimafia. Nei limiti indicati dalla legge, l’Ente la richiede ed è avviata la procedura che permette di verificare se la ditta, o il titolare, siano interessati da una delle misure che prevedono la decadenza oppure sono richiesti elementi informativi alle forze di polizia”.
Il nuovo codice degli appalti ha previsto dei limiti più bassi per le Pa che decidono di utilizzare l’affidamento diretto. A suo giudizio ciò potrebbe portare a un’impossibilità di controllo?
“Si tratta di misure che sono state introdotte nel momento in cui è stato necessario superare la sospensione delle attività a seguito delle misure anti Covid e mirate all’accelerazione della ripresa economica. Oggi siamo in epoca di Pnrr e si è cercato di introdurre misure che consentissero una maggiore velocizzazione delle procedure. Si tratta di conciliare queste esigenze e al contempo porre dei filtri che permettano di evitare le infiltrazioni. I filtri, ritengo, ci siano e queste norme prevedono la possibilità di consultare più operatori, di introdurre una rotazione, di pubblicare i dati relativi alle altre imprese invitate alle procedure e, quindi, c’è la possibilità di monitorare queste situazioni. Ovviamente la struttura del Codice Antimafia rimane intatta e le verifiche nei confronti degli aggiudicatari vengono effettuate”.
Il dato relativo alla crescita è nazionale ma la Sicilia si è collocata al secondo posto, dopo la Campania, nella triste graduatoria con un totale di 390 interdittive Si sono risvegliati gli appetiti delle mafie anche, e forse soprattutto, per l’esecuzione dei progetti derivanti dal Pnrr?
“Ritengo che i dati vadano letti integralmente. Ci sono aree del nostro paese, e non parlo solo del Sud e della Sicilia, interessate a condizionamento e infiltrazione o di tentativi d’infiltrazione mafiose nell’economia. A tal proposito ci sono gli strumenti, sempre più raffinati e incisivi, a partire dal Dgls 159/2011 e successive modificazioni. Le Prefetture sono molto attente a cogliere questi elementi di condizionamento e ritengo che lo Stato abbia il dovere di attrezzarsi affinché non ci siano condizionamenti o infiltrazioni nel mondo dell’economia. Come dicevo, però, ritengo che il dato vada analizzato nel suo insieme. A Palermo, per esempio, nel 2023 sono state emesse 77 interdittive ma quello che sfugge che l’azione della Prefettura, che è preventiva, non si riduce solo alle interdittive perché, proprio a Palermo, a fronte delle 77 interdittive emesse sono state emesse 15.012 comunicazioni liberatorie, di cui 10.493 comunicazioni e 4.519 informazioni liberatorie. Nella ‘white list’ sono state iscritte 678 imprese, di cui 499 rinnovi e 179 nuove iscrizioni. È evidente che si tratta di una percentuale esigua rispetto alle imprese nei cui confronti non sono state riscontrate situazioni indiziarie. Lo Stato ha il dovere di tutelare l’economia sana e gli accertamenti sulle imprese devono essere svolti con il massimo scrupolo. La normativa di riferimento è stata rafforzata e resa ancor più efficiente anche in termini di garanzie grazie alla riforma del 2021 che ha introdotto elementi di partecipazione delle imprese al procedimento che può portare alle informazioni interdittive, è stata introdotta, dall’art. 94bis del Codice Antimafia, la misura che prevede la prevenzione collaborativa, in caso di collaborazione occasionale delle organizzazioni mafiose, che permette all’impresa di poter operare sotto il controllo dello Stato. Se vogliamo che l’economia si sviluppi è necessario prevenire i condizionamenti mafiosi nell’economia”.