Non si governa con i sondaggi
E così, Mario Draghi, dopo le nette parole pronunciate al Senato in 36 minuti di discorso, ha preso atto che molti partiti preferiscono fare campagna elettorale anziché risolvere i gravi problemi che incombono sul nostro Paese e ha deciso di rimettere per la seconda volta il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. Lo stesso lo ha invitato a rimanere in carica per il “disbrigo degli affari correnti”.
I partiti hanno messo in moto la loro macchina elettorale per le elezioni del prossimo 25 settembre. Tale data è conseguente ai tempi tecnici per il deposito dei simboli e per quelli relativi alla lista dei candidati. Il primo intorno alla metà di agosto, il secondo un po’ più in là. Come vedete, non ci saranno ferie per gli apparati partitocratici.
Tutti i 945 parlamentari si sono messi in attività per tentare di ritornare in Parlamento, pur dovendo fare i conti con il taglio di 345, perché saranno eletti quattrocento deputati e duecento senatori.
Ma vi è un altro problema, non trascurabile, e cioè che devono essere ridisegnati i collegi uninominali – della parte maggioritaria della legge elettorale vigente, detta Rosatellum – appunto per adeguarne il numero alla riduzione degli eligendi.
Vi è anche un ulteriore problema ed esso riguarda il numero di cittadini per collegio, che in atto è stato determinato dal censimento vigente del 2011, ma che si vorrebbe adeguare ai dati del censimento 2021, peraltro non ancora pubblicati.
La preparazione alla disfida, quasi un’ordalia, della prossima consultazione elettorale non può far dimenticare i gravissimi problemi, che rimangono inalterati, sul tavolo di Mario Draghi, il quale da un canto non può più fare riforme perché il Parlamento è in fase di scioglimento, né per conseguenza chiedere la fiducia; dall’altro, però, ha il vantaggio di non dover chiedere il consenso per compiere degli atti obbligatori che rientrano appunto negli “affari correnti”.
Inoltre, Draghi ha la facoltà di fare approvare dal Consiglio dei ministri Decreti legge, in caso di necessità e urgenza (art. 77 della Costituzione) con la firma del Presidente della Repubblica. Ovviamente, tali Decreti legge avranno una durata massima di sessanta giorni, perché non convertibili in legge.
Sul tavolo di Draghi, un uomo con la schiena dritta, vi è il vero, grave, problema del nostro Paese, ovvero il Debito pubblico, che sfiora i 2.800 miliardi e ha un rapporto col Pil del 150%.
Tale Debito è portato dai titoli pubblici emessi dal Mef, che scadono ogni mese. Per cui, la Direzione Debito pubblico ogni mese deve emettere almeno tanti nuovi titoli per quanti sono in scadenza.
Fino a oggi i nuovi titoli sono stati acquistati dalla Bce, presieduta dalla grande amica di Draghi Christine Lagarde. Acquistati a costo zero. Chissà se questa nuova situazione non farà cambiare idea alla presidente della Bce. Se limitasse gli acquisti di titoli italiani, la Direzione sarebbe costretta a trovare acquirenti nel mondo finanziario, ovviamente non più a tasso zero ma a quello di mercato che potrebbe essere il 4-5%.
Da questo scaturirebbe un forte aggravio sui conti pubblici, un aumento del debito e da lì il dato più forte e cioè lo Spread. Se questo dovesse superare la soglia d’allarme di trecento punti, lo scenario del Paese diventerebbe pesante perché intanto incombono il gravissimo problema del razionamento dell’energia e l’altro dell’irrefrenabile inflazione.
Draghi è persona di moralità ineccepibile e di capacità straordinaria. Nessuno meglio di lui potrà affrontare il tifone che sta arrivando addosso al nostro Paese. Probabilmente resterà in carica fino a fine ottobre, perché dopo le elezioni il Presidente della Repubblica inizierà le consultazioni, e darà l’incarico al nuovo presidente del Consiglio, che otterrà la fiducia delle Camere. Infine, si consumerà il passaggio della Campanella fra il presidente uscente e quello entrante.
Quest’ultimo o quest’ultima, nel caso di Giorgia Meloni, avrà il gravissimo problema di stendere in pochissimo tempo la Legge di bilancio 2023, atteso che nelle more è probabile che debba essere approvato l’Esercizio provvisorio.
Come vedete da questo quadro mentre i partiti dipendono dai sondaggi, le variabili sono parecchie e con esse le gravi preoccupazioni sul futuro. Fra esse, spicca il rallentamento dell’utilizzo dei fondi del Pnrr, perché inevitabilmente la macchina dello Stato, senza una guida dotata di pieni poteri, rallenterà.