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Iran-USA, Mario Giro al QdS: “Guerra apocalittica senza scopo. Italia e Sicilia? Rischio diretto lontano”

Iran-USA, Mario Giro al QdS: “Guerra apocalittica senza scopo. Italia e Sicilia? Rischio diretto lontano”
MARIO GIRO DIPLOMATICO

Il professore Mario Giro: “Si realizza un vecchio sogno di Netanyahu. In realtà è un incubo”

La “polveriera” del Medio Oriente è definitivamente esplosa. L’attacco statunitense all’Iran della notte tra sabato 21 e domenica 22 giugno ha sancito, de facto, l’ingresso di Washington nel conflitto contro Teheran al fianco di Tel Aviv, appoggiando i propositi bellicosi del premier Benjamin Netanyahu. Per trent’anni, il primo ministro israeliano ha ripetuto il leitmotiv di una Repubblica islamica pressoché vicina a dotarsi di armi nucleari, senza però fornire mai prove certe. Adesso il fronte di fuoco sembra destinato ad allargarsi, con nuove paure che rischiano di fagocitare anche il Mediterraneo a causa delle possibili ritorsioni della guerra. Ne abbiamo discusso con Mario Giro, professore di Relazioni internazionali all’Università per stranieri di Perugia ed ex vice ministro degli Esteri nei Governi Renzi e Gentiloni.

Guerra in Iran, la preoccupazione per la Sicilia e il Mediterraneo

Professore Giro, alla luce del contesto medio-orientale molto precario, quali rischi ci sono per la sicurezza della Sicilia e del Paese in virtù della presenza della base militare di Sigonella sul nostro territorio?
“Direi che in questo momento noi siamo abbastanza lontani dal rischio diretto. Non c’è un rischio diretto per l’Italia, a parte se si risvegliasse un fenomeno terroristico più diffuso. Ciononostante, vedo che gli iraniani rimangono molto lucidi in questa guerra e, poi, c’è sempre il problema che non siamo sicuri di quello che sta succedendo. Nessuno ci dimostrerà senza ombra di dubbio quali siano stati i reali progressi del nucleare iraniano. Alla fine rischiamo di trovarci in una situazione simile a quella delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein”.

Il rischio di una guerra lunga

Quindi, secondo lei, non ci sono margini per poter chiudere in fretta questa vicenda?
“Purtroppo no, non c’è questa possibilità. Si rischia un conflitto prolungato, d’altronde è una guerra che è cominciata a Gaza, proseguita in Libano, poi ha avuto dei momenti anche siriani e che adesso si concentra sull’Iran: mi sembra che sia una guerra di un governo suprematista che fa una guerra apocalittica, senza scopo e senza fine. Può solo allargarsi ancora”.

In queste ore Tajani ha offerto la disponibilità di Roma a una negoziazione. Che ruolo potrebbe avere l’Italia?
“Se Roma potesse svolgere un ruolo sarebbe una cosa molto buona. In questo momento mi sembra difficile perché tutti sono concentrati più sul combattimento ma speriamo che ci possa essere un momento di calma e di tregua in cui tornare a parlare. L’Europa non deve farsi coinvolgere in questo conflitto. Roma è simbolica perché è anche la città del Papa. Lo stesso Leone XIV ha detto che è necessario tornare a parlare. Lo sanno tutti in qualche modo, però deve diventare una realtà e ancora siamo distanti. Siamo lontani dal momento negoziale: non mi sembra che Israele e l’Iran lo vogliano in questo momento, però è giusto proporlo”.

La diplomazia appesa a un filo

Se non si parte da una base non si arriva da nessuna parte, ma probabilmente è vero che in questo momento si sta agendo con troppa impulsività e si sta sacrificando la diplomazia? L’Iran si dice pronto a negoziare, ma proprio nelle scorse ore ha ricevuto nuovi attacchi.
“Questa, purtroppo, è una realtà molto vera che esiste da ormai parecchio: si è rivalutata la guerra come strumento per risolvere le contese internazionali e direi che anche il conflitto in Ucraina ha dimostrato questo andamento. Se lo fa la grande potenza russa, perché non lo dovrebbero fare altri? Per Netanyahu si tratta di un vecchio sogno: da trent’anni sostiene che l’Iran andava attaccato e che gli americani dovevano essere coinvolti in tutto questo. Quindi si realizza un suo vecchio sogno che però, in realtà, è un incubo”.

Però ora Netanyahu sta riuscendo nel suo intento perché con Trump non ha avuto lo stesso rapporto con i presidenti precedenti. Penso a Obama o Bush.
“Sì esattamente, questo è vero. Bisogna sempre tenere presente che Israele e gli Stati Uniti non sono Paesi alleati, ma Paesi parenti. Sono molto più legati. Però guardi, ho da poco visto il film Golda su Golda Meir, ex primo ministro di Israele, in cui si vede come negoziavano lei ed Henry Kissinger quando gli americani non erano così proni a ciò che diceva Israele. Invece, in questo caso, noi vediamo che Trump è arrivato al potere con tanta fanfara, ma ora si lascia trascinare da Israele”.