L’ultima ordinanza della Protezione civile regionale ha sgombrato il campo dagli equivoci. Intanto cresce il business: per le famiglie si stima una spesa mensile di 75 euro
PALERMO – Una, nessuna, centomila. In Sicilia, forse più che nel resto del Paese, il teatro di commedia durante l’epidemia è andato in scena non in maschera, ma in mascherina. Tutto è iniziato domenica 17 maggio, quando un’ordinanza del presidente Musumeci (l’ultima e tutt’ora in vigore) ha dedicato un intero articolo all’uso del suddetto dispositivo di protezione. Peccato che la norma sia scritta in linguaggio talmente astruso e burocratico da renderne i contorni (volutamente?) oscuri: “Ferme le specifiche disposizioni sull’uso di dispositivi di protezione individuale e del distanziamento, è obbligatorio nei luoghi pubblici e aperti al pubblico l’utilizzo di mascherina o altro strumento di copertura di naso e bocca. Il dispositivo protettivo deve, comunque, essere sempre nella disponibilità del cittadino nella eventualità in cui ne sia necessario l’utilizzo”.
Il secondo periodo, a leggere bene, sembrerebbe smentire il primo e infatti sono state necessarie non una ma ben due rettifiche istituzionali. La prima è arrivata a mezzo post su facebook dall’assessorato regionale alla Salute che, in buona sostanza, ha provato a sgomberare il campo dalle polemiche: basta portare con sé la mascherina, indossandola (anche all’aperto) laddove non si riesca a mantenere le distanze minime di sicurezza (per esempio, in una piazza molto affollata).
Una precisazione che non è bastata. Lo scorso 21 maggio, infatti, 14 persone sono state multate a Catania perché si aggiravano “pericolosamente” senza mascherina in piazza Duomo e piazza Stesicoro. Forse anche per questo pochi giorni dopo, con un’ennesima circolare (la n.19 del 23 maggio, stavolta a firma della Protezione civile regionale), veniva nuovamente precisato che “è obbligatorio averla immediatamente disponibile e indossarla quando non sia possibile mantenere adeguata distanza da altri soggetti. A titolo esemplificativo, quindi, se si percorre una strada isolata non è necessario indossarla, mentre in una strada frequentata è obbligatorio”.
Ma la mascherina all’aperto serve a qualcosa? Secondo le ultime linee guida dell’Oms, operatori sanitari a parte, andrebbe indossata solo se si sospetta di aver contratto il Covid-19, per esempio perché si presentano alcuni sintomi come tosse e starnuti, oppure se si sta accanto a una persona che potrebbe essere infetta. In ogni caso, spiega l’Organizzazione mondiale della sanità, l’uso della protezione facciale non deve escludere le altre raccomandazioni, come lavarsi spesso le mani e rispettare la distanza fisica. “Le mascherine – ha spiegato Dorit Nitzan, coordinatore per le emergenze sanitarie dell’Oms nella regione europea – fanno parte di una strategia e di un approccio comprensivo e non sono l’unica misura di protezione. In più, a volte le persone le indossano credendo di essere protette, contribuendo a diffondere il virus”. Insomma si è generato in larghi strati della popolazione una sorta di “falso senso di sicurezza”, come se bastasse coprirsi naso e bocca per essere immuni.
E intanto il business delle mascherine continua a crescere. Secondo un’indagine del Centro studi nazionale Ircaf, realizzata in farmacie e supermercati di 20 città capoluogo di regione, i dispositivi a prezzo calmierato si trovano solo nel 45% dei punti vendite e per le famiglie, già in difficoltà economica a causa della pandemia, si stima una spesa mensile di 75 euro per l’acquisto delle protezioni.
Il rapporto poi ha rilevato che solo nel 61% dei punti vendita si trovano mascherine chirurgiche monouso o usa e getta: il 16% è messo in vendita al prezzo medio nazionale di 1,29 centesimi di euro (tre settimane fa alla prima Indagine nazionale era a 1,59 centesimi di euro), mentre il 45% sono acquistabili al prezzo calmierato di 0.61 centesimi di euro. L’Ircaf sottolinea che quasi tutti i punti vendita hanno fatto presente che “quando arrivano le mascherine chirurgiche a prezzo calmierato vanno subito a ruba. Per questo motivo la fornitura risulta discontinua”.
Per quanto riguarda le mascherine lavabili, sono reperibili nel 49% delle farmacie (nell’indagine precedente era al 30%), e nel 33% dei supermercati. Il prodotto, spiega l’Ircaf, ha avuto un forte aumento in termini di vendite perchè comporta un piccolo risparmio per le famiglie essendosi ridotto il prezzo medio a 4,90 euro l’una rispetto ai 5,01 euro risultato in occasione della indagine precedente. “Permane la criticità della estrema eterogeneità di questo prodotto in termini di caratteristiche, materiale, numero di lavaggi consentiti, tanto da rendere oggettivamente quasi impossibile un confronto”.
Altro dato che emerge dall’indagine è il calo della presenza nei punti vendita delle mascherine filtranti senza valvola: si trovano nel 57% delle farmacie (rispetto al 68% della indagine precedente) e nel 10% dei supermercati. “Ciò sembra denotare una domanda crescente fra i cittadini, ma non sempre un’adeguata informazione rispetto ad un corretto utilizzo soprattutto come presidio sanitario, con un costo medio nazionale di 6,68 euro cadauna (6,83 euro nelle farmacie – meno 0,90 centesimi di euro rispetto alla indagine precedente – e 5,43 euro nei supermercati)”.
Il prezzo più basso viene registrato a Potenza con 4,6 euro, seguito da Napoli a 5,03 euro, mentre si riscontra il prezzo più alto a Firenze, con ben 9,67 euro, 9,50 a Venezia, 8,70 a Bologna, 7,9 a Palermo, 7,50 a Catanzaro e Cagliari, 7 a Perugia, 6,96 a Bari, 6,90 ad Aosta, 6,50 a Bolzano, 6,46 a Roma e 6 euro e 30 centesimi a Milano.