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Massimo Boldi, dal cabaret al grande schermo “Porto in scena l’italiano medio, e anche meno”

Massimo Boldi, dal cabaret al grande schermo “Porto in scena l’italiano medio, e anche meno”
Massimo Boldi

L’affermato attore milanese sarà ospite alla XIV edizione di Marefestival, in programma a Salina dal 13 al 15 giugno

Un’esilarante vis comica scoperta al Derby di Milano, le prime apparizioni su Antenna 3 Lombardia, la ribalta con Canzonissima 74. Dal cabaret al grande schermo e la carriera di Massimo ‘Cipollino’ Boldi esplode letteralmente. Icona del cinema anni Ottanta e Novanta, la sua impareggiabile mimica facciale, la portentosa simpatia e quel grandioso talento naturale nel suscitare ilarità hanno segnato in modo significativo la storia della risata made in Italy. Attesissimo ospite alla XIV edizione di Marefestival, che si svolgerà sull’isola che fu set de ‘Il Postino’ da venerdì 13 a domenica 15 giugno 2025.

“Ricordo quando andavo in barca alle Eolie, e poi Messina, Catania… e non dimentico Pippo Baudo di Militello! Con la Sicilia ho un rapporto splendido, come con tutte le altre regioni del Belpaese. Grazie alla professione del musicista, dell’orchestrale – cominciai così -, ho girato l’Italia in lungo e in largo. Nel 1966-1967 ero al seguito di Carmen Villani, una delle due girl di Fred Buscaglione, bellissima. Aveva pubblicato delle canzoni di grande successo e si esibiva nelle piazze, quasi tutte nel Napoletano e in Sicilia. Di conseguenza, ho avuto modo di visitare tantissimi luoghi di quest’isola meravigliosa. Purtroppo, dista un po’ troppo dalla Lombardia…”.

Ha avuto dei punti di contatto con Massimo Troisi?
“Insieme con Gianni Nunnari, suo amico fraterno che lo convinse a girare ‘Il Postino’, raggiungemmo Massimo a Los Angeles. Mangiavamo da ‘Mateo’s’ o a casa di Gianni che, all’epoca, era fidanzato con Anna Rita Dell’Atte, una delle ‘Ragazze fast food’ di Drive in. Prima ancora, andai a vederlo al cinema. Era l’anno di ‘Ricomincio da tre’. Con me c’erano Diego Abatantuono, Giorgio Porcaro e Giorgio Faletti. Eravamo seduti in prima fila, la sala era strapiena. Probabilmente, la sua napoletanità portata sullo schermo fu l’aggancio per quello che sarebbe diventato il nostro tratto distintivo: milanese 100%”.

A Salina per ricevere il premio alla carriera.
“È un premio importante, del quale sono davvero grato. Avevo già avuto l’onore di riceverne un altro dedicato a Troisi più di vent’anni fa. Per ritirarlo, andai in barca ad Agropoli accompagnato da De Laurentiis, mi fu consegnato da una sorella di Massimo”.

Protagonista di oltre settanta pellicole, tra cui i gustosissimi ‘cinepanettoni’. Riproporre quel genere è complicato?
“Magari potessimo rifarlo ancora! Per prima cosa ci vogliono delle idee originali che, ormai, avendo praticamente portato già tutto sul grande schermo, è difficilissimo trovare. E poi costano. Quando giravamo i cosiddetti ‘cinepanettoni’ del periodo d’oro, i produttori sborsavano veramente un sacco di soldi, ma poi risultavano campioni d’incasso. Film come quelli di quindici anni fa, come fai a farli oggi?”.

Da sempre il classico ‘bauscia’. Cosa porta in scena della vita comune?
“L’italiano medio, e anche meno. La semplicità, l’imbarazzo, la fragilità delle persone. Quei pasticci quotidiani, gli impacci che provocano la risata che non riesci a trattenere. Come quando vedi uno che inciampa e cade o picchia la testa contro il palo”.

Il milanese e il romano. Storicamente in coppia con Christian De Sica. Sergio Corbucci fu il primo a intravedere il vostro potenziale, ma l’opportunità arrivò con Carlo ed Enrico Vanzina. C’è un film a cui è particolarmente affezionato?
“Più di uno. Il primo che mi viene in mente è ‘Vacanze di Natale ‘95’. Con me recitava una giovanissima Cristiana Capotondi, che stava iniziando la sua carriera, e poi c’era Luke Perry, il divo di ‘Beverly Hills’. Avvicinarsi a lui non era facile, neanche per noi che ci lavoravamo insieme. Era amministrato da un’agenzia di Hollywood e dovevamo chiedere il permesso alla manager. Ma, dopo circa due settimane di riprese, inaspettatamente, fu proprio lei ad avvicinarmi: ‘È il signor Massimo Boldi?’ mi chiese ‘Vorremmo rappresentarla per l’America’. Ricordo che mia moglie era entusiasta e mi spronava ad accettare la proposta. Si mise però di traverso De Laurentiis: ‘Ma che? In America? Non parli manco una parola…’ e rimasi al palo”.

Qual è stato il momento nel quale si è reso conto di avere davvero svoltato?
“L’ho capito grazie a due film in particolare, ‘I due carabinieri’ e ‘Il ragazzo di campagna’. Rispettivamente con Verdone e Pozzetto. E poi con Renato è come se fossimo cresciuti insieme, c’è un rapporto fraterno. Fu proprio lui che, mentre girava i suoi film, immaginava dei ruoli anche per me e li proponeva ai vari registi che si adattavano, cercando di assecondare le richieste della star. Tutte piccole parti, che però mi hanno portato a fare il grande salto. Poi nell’86 è uscito ‘Yuppies – I giovani di successo’, e da lì ho proprio sfondato”.

Prima di diventare nazionalpopolare, ha fatto anche il vetrinista. C’è qualcosa che le è rimasto?
“Frequentavo la scuola serale in via Duccio da Boninsegna a Milano, col maestro Pier, per cui uscivo all’alba e tornavo a casa alle ventidue. Come prova d’esame mi hanno fatto addobbare le vetrine di Galtrucco, lo storico negozio di tessuti milanese. È una cosa che mi è rimasta: il modo di toccare la stoffa, metterla in un certo modo”.

È cresciuto in zona Ticinese, dove ha cominciato a mettere su i primi gruppi musicali.
“Il primo fu quello de I Gentlemen. Suonavamo al Derby, tempio della comicità dove si esibivano mostri sacri come Cocchi e Renato, Villaggio, Jannacci…”.

È lì che ha scoperto di fare ridere.
“Facevo l’imitazione di Gianni Bongiovanni, il proprietario del club. I primi a ridere erano proprio gli artisti”.

Qual è la cartina di tornasole della sua comicità?
“Ti accorgi della tua comicità quando a ridere sono le donne: gli uomini per far colpo puntano sui muscoli. Se le ragazze ridono, vuol dire che ti sei fatto largo”.

La sua maschera è Max Cipollino, un adulto rimasto bambino. Quanto le somiglia?
“Moltissimo, in ogni senso. Quel personaggio è nato negli anni Ottanta, quando facevo con Teo Teocoli ad Antenna 3 Lombardia quattro ore di diretta”.

Non lo sapessi ma lo so, tatatata, bestia che paura, bestia che dolore… A distanza di decenni, il pubblico continua ad amare quelle battute e le vuole. Perché crede che funzionino ancora?
“Perché, probabilmente, sono diventate degli slogan che appartengono alla vita di tutti”.

Troisi diceva ‘ricomincio da tre’. Traslando quel titolo nel suo percorso umano e artistico, quali sono tre cose di cui va fiero?
“Le mie figlie, la mia professione e poi la mia vita, che è appena cominciata”.

Ottant’anni il prossimo 23 luglio. Che regalo le piacerebbe ricevere?
“Un pacchetto, spedito da non so dove, con altri vent’anni in omaggio”.