Massimo Paradiso racconta quella volta che Sancho Panza divenne governatore - QdS

Massimo Paradiso racconta quella volta che Sancho Panza divenne governatore

redazione

Massimo Paradiso racconta quella volta che Sancho Panza divenne governatore

Chiara Vilardo  |
mercoledì 04 Settembre 2024

Arguzia, intelligenza, senso comune e di giustizia. Questi i veri protagonisti della storia

Arguzia, intelligenza, senso comune e di giustizia. Questi i veri protagonisti della storia, tratti che saltano quasi subito all’occhio, già dal primo capitolo di “Chiedo giustizia, Eccellenza…”, di Massimo Paradiso. Si tratta di un’opera pubblicata quest’anno come traduzione di un documento rinvenuto durante gli scavi per la costruzione di un resort a Baratero, borgata della città spagnola di León, la cui autenticità è però ancora controversa. Sancho Panza, noto scudiero di don Chisciotte, è la figura eroica della narrazione, o forse sarebbe meglio dire delle narrazioni. Il libro, infatti, si compone di una serie di novelle, ambientate nel XVI secolo, riguardanti le udienze tenute da Sancho, quando, per burla, fu nominato governatore dell’isola di Baratteria. Don Chisciotte, infatti, nel celebre romanzo di Cervantes, promette a Sancho la signoria di una città, come premio per essergli stato sempre fedele. Due duchi, venuti a sapere della promessa, decidono di prendersi gioco di Sancho, nominandolo, per finta, governatore del borgo di Baratteria, spacciandolo per un’isola.

Inizia così l’avventura dello scudiero/governatore, che si ritroverà a risolvere diversi casi: “Chiedo giustizia, Eccellenza!”, come formula usata varie volte per rivolgersi a Sancho, e da qui il titolo del libro. Il linguaggio che Paradiso adotta in queste novelle è semplice, l’autore abbandona lo stile antiquato del documento che traduce, ma al contrario, descrive i dialoghi di cui si compone il testo con parole moderne. Sono dialoghi che si svolgono interamente tra Sancho e i vari personaggi coinvolti nei casi che gli vengono sottoposti: il padre di una ragazza ripudiata dal fidanzato perché non più “pulzella”, che pretende invece le nozze tra i due; due donne, sorellastre, che richiedevano un’equa divisione di una vacca lasciata a entrambe dal padre. Il documento si chiude, infine, con il caso più complesso: la pena di morte, voluta da un duca, per due giovani che avevano osato cacciare nelle sue terre. Il duca decise, però, che avrebbe salvato la vita di entrambi se il governatore fosse riuscito a risolvere degli enigma da lui elaborati. Alla fine, il buon Sancho non si smentirà e riuscirà a risolvere gli indovinelli, salvando la vita dei due ragazzi, e portato così in trionfo dalla folla, in un tripudio generale. Tutti i casi sottoposti al protagonista saranno, per volere dei duchi, tra i più difficili, tanto che resteranno poi delusi dal constatare che, invece, Sancho brillerà da subito per la sua intelligenza e lucidità, caratteristiche che finiscono per renderlo popolare.

La sua intelligenza prevarrà sulla sua conclamata ignoranza, e il linguaggio ricercato e complesso che si ritroverà ad affrontare e che, spesso, non comprende, non lo abbatteranno, al contrario, ne uscirà vittorioso usando un po’ di logica e senso pratico. Bussola di Sancho sarà sempre il suo senso di giustizia, e per questo sarà subito amato dal popolo, tanto da ritenerlo “un secondo Salomone”: “Si era diffusa la voce che il nuovo Governatore […] non dava ragione per partito preso ai notabili, anzi, se mai, favoriva la povera gente”. Insomma, il buon senso e la concretezza del reale sono i veri protagonisti del libro, di cui Sancho altro non è che…l’allegoria.

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