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Matrimonio, un errore da commettere

Matrimonio, un errore da commettere

Il matrimonio è per sempre?

Nel 1976, cioè circa cinquant’anni fa, Domenico Modugno musicò un bel testo, un po’ fuori da quella realtà, di JaJa Fiastri, e venne fuori la canzone L’anniversario. Vale la pena riprodurre la prima strofa: “Il nostro anniversario non è sul calendario perché di matrimonio non si parla tra noi due. Diverso è il tuo cognome, ma uguale abbiamo il nome, noi ci chiamiamo amore tutti e due”.
Pensate quanto clamore fece tale testo (che potete trovare su internet), attirando le proteste dei cosiddetti “benpensanti” dell’epoca.
Allora il matrimonio era sacro, era possibile solo fra uomo e donna e il divorzio era malvisto. L’ipocrisia dell’epoca al riguardo era imperante; quell’ipocrisia secondo la quale nessuno doveva dire cose che il sistema del silenzio aveva imposto a tutti i cittadini e a tutte le cittadine.
Per fortuna quell’epoca è stata superata ed è per questa ragione che noi oggi possiamo scrivere quest’editoriale, che peraltro avremmo potuto scrivere cinquant’anni fa dato che abbiamo sempre tenuto conto della libertà di pensiero.

Il matrimonio secondo molti (ma non troppi) è un errore che bisogna commettere, cioè un’esperienza che va fatta non perché sia consuetudine farla, ma perché vi sono i requisiti necessari per presumere una durata nel tempo.
Dobbiamo essere franchi: quando si sposano due giovani, mettiamo di venticinque o trent’anni, come possono pensare che dopo dieci o quindici anni la loro maturazione in base agli eventi occorsi sia andata nella stessa direzione? In caso fortunato è possibile che questa eventualità si sia verificata, ma potrebbe anche essersi verificata un’eventualità opposta, nel senso che la maturazione delle due persone sia andata in direzioni diverse, una a Nord e l’altra a Sud.
In queste condizioni come potrebbe reggere un matrimonio? Ovviamente tali considerazioni prescindono dalle regole religiose, ma riguardano le vicende umane, che poi contano più delle prime.
Risulta pertanto evidente che nel valutare l’ipotesi di un’unione, quella del matrimonio non dev’essere l’unica.

In effetti dobbiamo sottolineare come siano sempre più numerose le coppie che vivono insieme senza unirsi nel matrimonio. Al riguardo, dobbiamo ricordare che esso è una sorta di contratto a due facce autonome: una religiosa che impegna i due sotto questo profilo, e una civile che li impegna anche con un contratto che prevede obbligazioni di varia natura.
Sono proprio queste obbligazioni che, nel momento in cui il matrimonio si dovesse sciogliere, impongono un processo civile che è quello del divorzio, con conseguenze economiche per i due membri del rapporto.

Quando si arriva al divorzio, nella maggior parte dei casi la disunione diventa traumatica perché i due componenti provengono da un periodo di contrasti e perfino di odio e di insulti. Pochi sono i casi di divorzio che avvengono in modo civile e nel rispetto reciproco. Questo dipende dalla cultura, dall’intelligenza e dalla capacità di comunicare delle due persone, nonché dagli eventuali accordi prematrimoniali.

L’unione di due persone dev’essere il frutto di amore, ma anche di una sintonia nel modo di pensare e nel rispetto reciproco e delle regole.
Vi sono regole etiche su cui nessuno ha dubbi, che debbono essere sempre rispettate, non solo all’interno di una famiglia, ma soprattutto all’esterno, cioè in quella grande famiglia che è la Comunità.
La domanda sorge: se non c’è rispetto all’interno di una famiglia, come può esserci rispetto verso una Comunità? Tutto questo deriva, come sempre, dalla cultura che ogni persona dovrebbe incamerare fin dalla prima elementare, per poi continuare durante tutto il corso della propria vita.
“Il nostro anniversario non è sul calendario perché di matrimonio non si parla tra noi due”. Vi consigliamo vivamente di leggere il testo della canzone perché, a nostro avviso, è molto istruttivo e altrettanto indicativo. Insomma, non è tempo perso.