Aiutare anche i giornali
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, qualche giorno fa, alla premiazione del David di Donatello ha commentato: “Il Cinema va aiutato”.
Perché il Presidente ha fatto quest’auspicio piuttosto marcato? Per la semplice ragione che il Cinema rappresenta un pezzo della cultura e della storia del nostro Paese e quindi, in un mondo in cui vi è una continua diffusione dell’ignoranza e della supponenza, oltre che della presunzione, la cultura è lo strumento più importante per far sviluppare lo spirito critico e capire come siano realmente i fatti; la cultura è il solo rimedio contro gli “illusionisti” alla Mandrake, che tentano di ingannare chi non riesce a smascherarli.
L’ammonimento è dunque sacrosanto, perché ogni filone culturale dev’essere alimentato.
Ora, com’è noto, il prodotto cinematografico viene messo in cantiere da tante imprese che fanno questo mestiere. Non solo, ma a Roma vi è Cinecittà, che è il luogo ove si costruiscono i siti dei film e dove molti di essi vengono girati.
Il Presidente non ha avuto ancora l’occasione per ripetere lo stesso invito nei confronti dei giornali e segnatamente dei quotidiani.
Sono, come tutti/e sanno, anch’essi portatori di cultura attraverso l’informazione, che consente di aprire la mente all’opinione pubblica, informazione peraltro tutelata dall’articolo 21 della Costituzione. Tuttavia, nonostante il costo notevole per produrre i giornali quotidianamente, i Governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni non hanno ritenuto di sostenerli adeguatamente.
È vero che la vendita di copie cartacee è continuamente diminuita perché via via che si sono diffusi gli smartphone, le classi più giovani, ma anche i cinquantenni e forse i sessantenni, hanno smesso di comprare la copia in edicola. Inoltre questo comportamento non è stato sostituito dalle copie digitali, il che indica che i giornali, in qualunque formato, vengono sempre meno letti.
Tuttavia, nel nostro Paese vi è la fascia della classe dirigente, che rappresenta fra il cinque e il venti per cento della popolazione, che ritiene indispensabile leggere per informarsi e capire bene le questioni che ci riguardano.
Ovviamente i giornalisti e le giornaliste dovrebbero fare uno sforzo per fornire un’informazione completa e obiettiva, così come prevede il Testo unico dei Doveri, ma purtroppo questo comportamento non è diffuso perché molti amano attingere alle agenzie o alle notizie per sentito dire, piuttosto che accedere de visu a fatti e circostanze, ovviamente controllabili da più fonti.
Qualcuno obietterà che questo tipo di giornalismo non si può più fare, ma non si capisce per quale ragione vi debba essere questa omissione di un dovere etico e professionale. I/le giornalisti/e costano all’editore perché il contratto Fnsi è fra i più onerosi nel nostro Paese. Loro sono dunque ben pagati/e, quindi perché non devono fare bene il loro mestiere, che è quello di informare i/le lettori/trici con compiutezza, completezza e verità?
Inoltre, vogliamo sottolineare che il costo dei giornali, sostenuto dagli editori, non viene pagato dalle televisioni, che oggigiorno, dalle cinque della mattina fino alle dieci di sera, mettono in prima visione le testate, i titoli e spesso anche gli articoli con i quali riempiono i loro spazi senza pagare un centesimo.
Il Cinema quest’anno riceve dal Bilancio dello Stato intorno a un miliardo di contributi. L’editoria riceve dallo Stato per lo stesso anno meno di duecento milioni. I film sono visti in un anno da settanta/ottanta milioni di spettatori/trici, i quotidiani sono letti da quattro miliardi di persone. È evidente la sproporzione fra il contributo dato al Cinema e il contributo dedicato all’Editoria. Una sproporzione non giustificata e non giustificabile che il Governo dovrebbe risolvere attraverso il suo sottosegretario, Alberto Barachini.
Si sa che l’informazione scritta è sempre meno letta, così com’è noto che i libri fanno fatica a mantenere il numero di vendite di copie ogni anno. Però mentre intorno ai libri vi sono iniziative pubblicistiche di ogni genere, i quotidiani vengono accettati come un fatto normale che non abbisogna di essere promozionato. Ma così non è.
Occorre ripristinare con equità la distribuzione delle risorse pubbliche ed evitare la distinzione tra figli e figliastri.