Mattarella resti, Draghi anche - QdS

Mattarella resti, Draghi anche

Carlo Alberto Tregua

Mattarella resti, Draghi anche

venerdì 28 Maggio 2021

La Cartabia, un Jolly

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato, per l’ennesima volta: “Fra otto mesi mi riposo, sono vecchio”. Dall’energia che dimostra, non sembra per nulla vecchio, piuttosto meno giovane. Egli è stato in questo turbolento settennio un preciso punto di riferimento ed ha avuto la capacità di gestire la politica in modo sommesso, quasi sotterraneo, ma anche fermo.

Dobbiamo ricordare quella sorta di rivoluzione che ha creato il Movimento 5 Stelle, vincendo le elezioni del 4 marzo del 2018.

Quel Movimento era formato da tre componenti: una di governo, incarnata da Di Maio; una rivoluzionaria incarnata da Di Battista; ed una terza un po’ confusa in cui si ritrovavano tutti i cosiddetti peones. Nel tempo, vi è stata un’evoluzione, per cui oggi è avvenuta la scomposizione di quelle tre parti ancor più ben identificate.

Ovviamente il Movimento con i maggiori gruppi parlamentari, tripartiti, ha creato questo sconvolgimento dell’agone politico con tutte le conseguenze.

Cosicché al governo giallo-rosso (Lega-M5S) è succeduto il governo Pd-M5S ed altri e, con l’avvento di Mario Draghi, il cosiddetto governo istituzionale, eletto con la maggioranza Ursula e con l’unica opposizione effettiva di Fratelli d’Italia, mentre a sinistra vi è una voce solitaria, che è quella di Fratoianni.

Il compito di Mario Draghi è molto difficile, ma è ben supportato dal Presidente della Repubblica.
La questione che si pongono tutti è cosa avverrà a febbraio 2022 quando questo Parlamento dovrà eleggere il nuovo capo dello Stato. Ricordiamo che dal prossimo agosto le Camere non potranno più essere sciolte per l’intervento del cosiddetto ‘semestre bianco’. L’Europa ha chiesto a gran voce che Draghi resti fino al 2023, ma questo pregiudicherebbe un suo passaggio al Quirinale, dopo Mattarella.

In questo quadro va presa in considerazione la nomina dell’ex presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia, ministra della Giustizia, nel cui ruolo sta facendo rodaggio per eventualmente diventare presidente del Consiglio.

Sulla base di queste considerazioni, il quadro 2022 potrebbe vedere le seguenti possibili soluzioni.
Prima: il presidente Mattarella viene richiesto da tutti, ma proprio da tutti i partiti presenti in Parlamento, come accadde per Giorgio Napolitano, affinché ricominci il suo percorso per il secondo mandato, seppure a sua discrezione, limitato nel tempo. In questo caso, Mario Draghi potrebbe tranquillamente continuare la sua presidenza del Consiglio.

Seconda: Mattarella non ne vuole sentire di continuare il suo proficuo lavoro e Mario Draghi viene eletto presidente della Repubblica. A chi potrebbe dare l’incarico di presidente del Consiglio se non a Marta Cartabia, l’unica fuori dai giochi e donna energica che potrebbe continuare sulla scia del suo predecessore l’attuazione del Pnrr? La presidente ascolterebbe poco i partiti, i quali potrebbero continuare nelle loro pantomima, ma, in fondo, approvare tutti i decreti e i disegni di legge che il governo, come quello di Draghi, porterebbe in Parlamento. Ampie discussioni, ma alla fine si approva.

Fatta questa analisi, cosa succederebbe nel caso Mattarella continuasse fino al 2023, quando comunque arriverà la scadenza naturale della legislatura e quindi le rituali elezioni? Semplicemente che il centro-destra, salvo imprevisti, le vincerebbe e chiederebbe quindi l’incarico di presidente del Consiglio per un suo esponente, verosimilmente Matteo Salvini o Giorgia Meloni, nel caso Fratelli d’Italia superasse per voti la Lega.
Il presidente della Repubblica in carica in quel momento non potrebbe negare l’incarico a chi avesse la maggioranza in Parlamento, secondo il dettato costituzionale, per il quale ha diritto a governare chi dispone dei relativi voti, sia alla Camera che al Senato.

Ma qui interviene una questione per il momento sottaciuta: la riforma dell’attuale legge elettorale. Sulla materia vi è una grande confusione, soprattutto sulla questione di fondo: eleggere una maggioranza predeterminata per cinque anni o demandare al Parlamento la ricerca affannosa di una maggioranza per tutti i cinque anni. Si vedrà.

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