Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ancora una volta ha portato all’attenzione dell’Opinione pubblica un fatto poco conosciuto: la media dei salari dei dipendenti rimane sostanzialmente ferma al livello attuale, mentre l’inflazione ha eroso il loro potere d’acquisto in una misura vicina al trenta per cento. Ma – ed è questa l’argomentazione del Presidente – contestualmente i compensi dei manager sono volati in alto. Imprenditrici e imprenditori che fanno i manager e i manager dipendenti dai primi hanno aumentato cospicuamente i loro compensi, per cui il rapporto già squilibrato fra salari e compensi dei vertici è diventato ancor più squilibrato.
La questione posta all’evidenza dell’Opinione pubblica da parte del Presidente ha sottolineato come la funzione sociale dei Governi, che è quella di redistribuire la ricchezza e diminuire il divario economico fra i diversi strati della popolazione, non sta producendo i risultati sperati.
Mentre il livello degli stipendi è piuttosto rigido perché subordinato alla contrattazione collettiva (pubblica e privata), i compensi degli alti manager vengono stabiliti dalle Assemblee o dai Consigli di Amministrazione.
Se è pur vero che tali compensi sono normalmente proporzionati ai risultati, è anche vero che continuano a distanziarsi dagli stipendi stessi. È un po’ come il cane che si morde la coda, in una sorta di circolo vizioso, che quindi aumenta sempre di più le differenze economiche nella Comunità.
La domanda che scaturisce è: c’è un modo per ridurre tali macroscopiche differenze? Sì, si chiama redistribuzione della ricchezza, che avviene attraverso la redistribuzione delle risorse, ma anche e soprattutto mediante il sistema tributario, cioè far pagare le imposte a chi possiede più ricchezze, oltre che redditi, e farne pagare di meno a chi non ha ricchezze e percepisce redditi bassi.
Ma non basta. Occorre tassare i patrimoni degli extra ricchi, per esempio da cento milioni in su, e riformulare l’Imu sugli immobili, dei quali non viene tenuto conto né della loro ubicazione nei quartieri né della loro consistenza.
Dalla questione prima posta risulta evidente che vi sono case di lusso o di extra lusso che pagano la stessa Imu di abitazioni medie o normali. La revisione del Catasto è stata discussa da tutti i Governi degli ultimi trent’anni, ma nessuno di essi ha avuto il coraggio o l’onestà di portarla a termine per adeguare i valori formali a quelli reali. Perché? Perché la lobby dei proprietari di immobili economicamente importanti ha fatto pressione sui diversi Governi affinché la riforma del Catasto restasse in naftalina.
Si tratta di una delle lobby più potenti, che tira il lenzuolo dal proprio lato, scoprendo i lati dei cittadini e delle cittadine meno abbienti.
Da mezzo secolo portiamo in evidenza questa iniquità e perciò siamo stati particolarmente lieti nel costatare che il Presidente Mattarella, fra i tanti argomenti che pone continuamente all’attenzione della Comunità, ha ritenuto di mettere in evidenza quello analizzato oggi e, cioè, l’enorme differenza fra stipendi e compensi dei manager.
Oltre alla redistribuzione della ricchezza, prevista peraltro dalla Costituzione mediante l’imposizione di vario genere (ordinaria e straordinaria), si può agire favorendo l’occupazione mediante sgravi contributivi. In altri termini, la Legge di Bilancio annuale dovrebbe prevedere finanziamenti all’Inps sostitutivi di diminuzioni delle percentuali di contributi a carico di dipendenti e di imprese.
È vero che questa Legge di Bilancio ha cominciato a introdurre le detassazioni di premi di risultato, di buoni pasto, di contributi a favore dei figli, ma è anche vero che questi meccanismi sono insufficienti per evitare lo squilibrio denunciato in questo editoriale.
Per diminuire tale squilibrio serve più coraggio, che consiste nel togliere gli artigli a tutti quei gruppi di potere che mangiano nella greppia pubblica senza alcun ritegno. La ricchezza prodotta nel Paese è quella che è, per cui la torta, quando viene divisa fra tutti i membri della Comunità, non è proporzionata, anzi favorisce le parti abbienti e sfavorisce quelle bisognose.

