Spunta un ostacolo davanti alla legge della Regione Siciliana che introduce l’obbligo di assunzione di personale medico non obiettore nelle strutture sanitarie pubbliche dell’Isola. Il Governo nazionale ha deciso di impugnare il provvedimento di cui il deputato all’Ars Dario Safina (Pd) era il primo firmatario.
Il comunicato di palazzo Chigi
La scelta, si legge nel comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, è stata adottata dall’Esecutivo “in quanto talune disposizioni, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di ordinamento civile, violano l’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, nonché i principi di uguaglianza, di diritto di obiezione di coscienza, di parità di accesso agli uffici pubblici e in tema di pubblico concorso di cui agli articoli 2, 3, 19, 21, 51, primo comma, e 97 della Costituzione”.
La questione di legittimità
Il Governo, dunque, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla norma, ponendo un punto interrogativo sull’ammissibilità del provvedimento rispetto ai principi dell’ordinamento italiano: dubbio che solo la Corte Costituzionale, ora, potrà sciogliere.
L’impugnazione della norma da parte del Consiglio dei ministri è stata accolta con favore dal senatore e capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione insularità Raoul Russo, e da Carolina Varchi, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera in commissione giustizia.
“L’obiezione di coscienza rappresenta l’espressione più autentica della libertà personale, religiosa, morale e intellettuale”, hanno dichiarato Varchi e Russo. “Per tale motivo – hanno aggiunto – apprendiamo favorevolmente l’impugnativa da parte del Consiglio dei ministri.
Noi non siamo contro l’obiezione di coscienza, che non è solo una questione di principio ma anche uno strumento concreto di tutela della dignità umana, della pluralità delle coscienze e della convivenza democratica, ma va garantita a tutti la possibilità di partecipare a un concorso pubblico”.
Safina: “Una legge che non limita nessuno”
Chiaramente contrariato il primo firmatario della legge, il deputato regionale dem Dario Safina, che ha dichiarato che quella che “lo Stato ha deciso di impugnare” è “una norma di civiltà”. “Una legge che non limita nessuno – ha detto Safina – ma garantisce ciò che già dovrebbe essere garantito per legge: il diritto delle donne a scegliere, e a farlo nei tempi e nei modi previsti dalla legge 194. Non un privilegio, ma un diritto. E io dico con forza: non arretreremo di un passo”.
“La legge – ha aggiunto il dem – non penalizza né discrimina i medici obiettori ma mira semplicemente a garantire un servizio essenziale. È una risposta doverosa a un’emergenza che da troppo tempo si consuma nel silenzio: in molte strutture della nostra regione, l’obiezione di coscienza ha superato l’80%, rendendo l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza di fatto impraticabile”.
“Atto ideologico, non tecnico”
Il parlamentare ha aggiunto critico: “Siamo davanti a un atto ideologico, non tecnico”. Poi, promette battaglia: “Chiederemo al Governo regionale e all’Assemblea di resistere, di difendere la legge così com’è. Siamo pronti ad affrontare il giudizio della Corte costituzionale, convinti della bontà giuridica e morale della norma. Perché non si può continuare a predicare il rispetto della legge 194 e poi negarne l’applicazione nei territori. Non si può pretendere che le donne del Sud vivano un diritto a metà”.

