Un intervento record, effettuato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha salvato una bimba di 10 mesi e 8 kg di peso. I chirurghi le hanno asportato un tumore di 2 kg dal fegato, praticamente circa un quarto del suo peso corporeo. Oggi, la piccola, che ha compiuto un anno di età, sta bene e ha ricominciato a crescere regolarmente. Un’operazione come si può ben immaginare molto delicata, durata sei ore, durante la quale è stato rimosso un grosso amartoma mesenchimale dal fegato della lattante. L’operazione è stata eseguita con successo dall’équipe di Marco Spada, responsabile di Chirurgia Epato-Bilio Pancreatica e dei trapianti di fegato e rene dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Una gemellina in difficoltà
A portare la bimba al Pronto Soccorso del Bambino Gesù sono stati i genitori, allarmati dal fatto che, a confronto con il fratellino gemello, la bimba mostrava un rigonfiamento dell’addome e inappetenza. L’ecografia subito eseguita ha mostrato una grossa lesione a contenuto liquido nel fegato.
Sottoposta a una valutazione multidisciplinare che ha coinvolto epatologi, anestesisti-rianimatori, radiologi, oncologi e anatomopatologi, l’esito è stata la conferma della presenza di una neoplasia del fegato della bimba, di più di 13 cm di diametro. Il tumore occupava interamente la parte destra e centrale del fegato, comprimendone la porzione sinistra, in più schiacciava e costringeva gli altri organi circostanti (stomaco, pancreas, intestino, rene destro) a una dislocazione dalla sede originaria. Le caratteristiche radiologiche della lesione facevano sospettare che si trattasse di un amartoma mesenchimale.
L’amartoma masenchimale
L’amartoma mesenchimale è un tumore benigno che deriva dalla crescita anomala delle cellule del fegato di origine mesenchimale. Il termine amartoma deriva dalla parola greca che significa “errore”. Le cellule che compongono l’amartoma sono normali, ma crescono in modo disorganizzato. Sebbene raro in assoluto, è il secondo tumore in ordine di frequenza che può svilupparsi nel fegato in età pediatrica, soprattutto nei primi due anni di vita.
In considerazione delle dimensioni, della localizzazione e della sua prevalente componente liquida, una biopsia della lesione non avrebbe consentito in sicurezza e con certezza di confermare la natura benigna del tumore e di escludere che la neoplasia non fosse invece un sarcoma embrionale indifferenziato, tumore maligno che può presentarsi sempre in età periartica con caratteristiche radiologiche simili a quelle dell’amartoma mesenchimale. Per questo motivo è stato necessario procedere con la sua asportazione chirurgica.
Tecnologia a supporto
Utilizzando un sofisticato software di elaborazione delle immagini TAC è stato costruito un modello tridimensionale del fegato per valutarne le dimensioni e i rapporti del tumore con la parte sana dell’organo e i suoi vasi sanguigni. Il modello ha reso evidente che l’asportazione del tumore avrebbe lasciato una quantità insufficiente di fegato sano la quale, nonostante le capacità di rigenerazione delle cellule epatiche, non avrebbe garantito il buon funzionamento dell’organo dopo l’operazione.
La strategia
L’equipe del prof. Spada ha quindi deciso di adottare una strategia che permette di ottenere in poche settimane l’aumento del volume del fegato sano, destinato a rimanere dopo l’asportazione del tumore. Questa metodica di radiologia endovascolare, denominata embolizzazione portale, che è più spesso utilizzata nei pazienti adulti, consiste nel bloccare l’afflusso di sangue verso la parte di fegato occupata dal tumore e deviare tutto il flusso sanguigno della vena porta verso la parte sana del fegato.
Una recente metanalisi condotta dall’Università di Heidelberg ha documentato che sino ad ora sono stati descritti in letteratura solo 8 casi di embolizzazione portale effettuata in pazienti pediatrici. Solo due di questi erano piccoli come la paziente del Bambino Gesù.
L’intervento chirurgico
A distanza di 4 settimane dall’embolizzazione portale, effettuata dai radiologi interventisti dell’Ospedale della Santa Sede, una nuova TAC con ricostruzione 3D ha confermato che il fegato sano era raddoppiato, passando da un volume stimato di 80 a 120 ml, favorendo le condizioni per effettuare l’intervento.

