La senatrice a vita: "Quando si attiva la memoria torno a essere deportata"
“A volte ritornano” recita il titolo di un film tratto da un libro di Stephen King: in questo caso parliamo delle polemiche a distanza tra Liliana Segre e Ignazio La Russa. Alla domanda dei giornalisti sul perché il Presidente del Senato della Repubblica italiana fatichi a definirsi antifascista, la risposta della senatrice a vita è stata perentoria: “Chiedetelo a lui”. La Segre stava lasciando il Memoriale della Shoah di Milano, dopo la visita della Commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza, da lei presieduta. La Russa, anche lui presente, ai giornalisti ha replicato, “non svilite queste occasioni con queste cose”.
La memoria
Dalla polemica, seppure abbozzata ai fatti del cuore, quelli che la Segre ha provato una volta al Memoriale della Shoah. “Qua dentro non sono più la vecchia che sono adesso, sono quella che è entrata qui per essere deportata”, rivela la senatrice a vita arrivando al Binario 21 di Milano e ricordando il 30 gennaio del 1944. “Non l’ho mai dimenticato”, ha detto ai giornalisti al suo arrivo rispondendo a chi le ha chiesto il senso di questa giornata.
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Una grande opportunità
“Ciò che è avvenuto è stato senza ombra di dubbio il male assoluto, quindi grazie per averci dato questa testimonianza viva che vale più di qualunque altro modo di ricordare quei drammatici eventi”, ha sottolineato La Russa. “Ringrazio la senatrice per questa grande opportunità che ha dato a tutti noi di vivere questa occasione, questo momento, con la passione, col dolore, con la considerazione che cerca di spazzare via quella indifferenza che giustamente lei ha voluto sottolineare nel suo intervento. Un’indifferenza aiutata da chi questo tragico destino voleva riservare a coloro che venivano trasportati nei campi di sterminio e che sapevano, che se l’indifferenza fosse crollata, non sarebbero riusciti nel loro intento”.