Meno male che Angela c’è - QdS

Meno male che Angela c’è

Meno male che Angela c’è

Giovanni Pizzo  |
lunedì 21 Ottobre 2024

L’acqua in via Etnea è defluita, come lo scorrere delle nostre vite, ma la differenza tra il coraggio di una donna e noi resta, ineludibile

Catania, sabato mattina, via Etnea. L’acqua inonda la città. Un uomo non più giovane è preda dell’acqua, che scorre in piena dal Vulcano sullo sfondo in via Etnea, la strada principale di una terra abituata per secoli allo scorrere del fuoco, più che dell’acqua. L’uomo era in motorino, che poi si sfila e corre sull’improvviso fiume etneo. Regge con una disperazione che fa riflettere una borsa, una sporta, forse della spesa, forse altro, che rischia di trascinarlo giù nei flutti. Nel video relativo che impazza, nel voyeurismo delle avversità, si sentono voci che gridano, persone che guardano o filmano il malcapitato, nessuno che aiuta, che soccorre l’uomo nell’acqua al centro della strada.

Improvvisamente una donna di colore, che fa la barista in un locale della via cara ai catanesi, si lancia in mezzo al vortice. È coraggiosa Angela, Isaac è il suo cognome, ha un fisico possente, tipico delle donne nigeriane, abituate da millenni a fatiche immani ed ancestrali, alle forze della natura, ai pericoli di jungle e savane. Afferra l’uomo, che pur rischiando di affogare trattiene la sporta che sembra molto pesante, creando ulteriori difficoltà al salvataggio, e dopo uno sforzo intenso, la corrente, per effetto della velocità ed inclinazione del piano stradale, è molto forte, riesce a portare, trascinandolo nell’acqua, l’uomo in salvo verso un negozio con la saracinesca sollevata.

Questa storia a lieto fine, a Bologna un ragazzo ha perso la vita, ci fornisce delle morali. Nessuno è intervenuto se non una donna straniera, africana per nascita e tempra, in Italia da 9 anni, e sicuramente senza cittadinanza. Lei ha avuto il coraggio e la forza d’animo di intervenire, gli altri, magari maschi, magari concittadini del malcapitato, invece no. Negli stessi giorni, un altro immigrato, scuro di pelle, del Mali, rimane ucciso dalle forze dell’ordine per un’aggressione, con chi ha inneggiato, dicendo che non ci manca.

Ma un Angela ci manca, eccome. Meno male che Angela c’è, parafrasando una nota canzonetta dei tempi di Silvio. La seconda riflessione, l’italiano etneo pur rischiando di affogare rimane attaccato alla sporta, pericolosamente pesante, con l’inutile senso della “roba” che abbiamo noi siciliani di rito verghiano. Da un lato il materialismo occidentale, che ha perso la capacità di capire le priorità di un’esistenza, dall’altro la vis di un Continente, l’Africa, che ha chiaro che primum vivere deinde consumare. L’attaccamento ai beni materiali, alla nostra vita normale, di questa bolla temporale italiana ed europea, è quello che distingue noi da Angela e dalle sue sorelle, loro attraversano deserti, campi profughi che sono dei lager, mari perigliosi e spesso infausti, vengono in Italia, o in Europa, per sopravvivere prima, vivere poi. Il resto lo lasciano al loro credo, al coraggio, al desiderio di una vita migliore.

L’acqua in via Etnea è defluita, come lo scorrere delle nostre vite, ma la differenza tra il coraggio di una donna e noi resta, ineludibile.

Così è se vi pare.

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