“Se così pochi media hanno parlato del ‘furto’ di 840 miliardi di euro perpetrato dal Nord al Sud, è perché i Meridionali sono ormai incapaci d’indignarsi”.
Francesco Pira – sociologo e docente di Comunicazione e giornalismo del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina – sottolinea l’assordante silenzio sulla presentazione, il trenta gennaio scorso, del Rapporto Eurispes 2020, che ha certificato i diciassette anni di “rapine” del Nord al Sud, di cui aveva già parlato mesi fa lo Svimez.
Pira ha ricordato la teoria della “spirale del silenzio” della studiosa Elisabeth Noelle-Neumann: “ciò che è forte lo diventa ancora di più, mentre le voci anche solo lievemente più deboli sono portate, dal meccanismo di costante sostegno popolare all’opinione dominante, a farsi sentire sempre di meno”.
“Mezzogiorno: traditi e mazziati” titola infatti il rapporto quando dà voce alle considerazioni del presidente dell’Istituto, Gian Maria Fara. Sì, perché Fara punta l’indice sul “sistema dell’informazione” accusato di “spudorate menzogne” su un Sud “descritto come la sanguisuga d’Italia, luogo di concentrazione del malaffare, ricovero di nullafacenti, freno alla crescita economica e civile”.
La risposta alla sua richiesta di giustizia, di “autocritica collettiva dei media e di “pezzi interi di classe dirigente anche meridionale”, è stata un silenzio gelido che Pira giudica “incomprensibile” e attribuisce appunto alla radicalizzazione dei temi dell’agenda dell’informazione: coronavirus, migranti, femminicidio.
“Il paradosso – afferma – è che anche quando tutti abbiamo la possibilità di accedere ai media o ai social, se cala la spirale del silenzio, viene anestetizzata persino la condizione di un intero popolo. Al momento il silenzio vince sul rumore, nella nostra Sicilia davvero assordante. Ma se il giornalismo saprà far valere la forza delle cifre spiegando ai meridionali cos’è davvero accaduto, tutto potrebbe cambiare”.
“È vero – sottolinea Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università di Catania -, fa più notizia dire che il Sud è palla al piede dell’Italia, ma questa è una fake news, piuttosto che affermare che c’è stato un dirottamento delle risorse statali verso le Regioni settentrionali e il loro sistema produttivo”.
E cita il libro “La grande balla” di un giornalista economico di vaglia come Roberto Napoletano che, denunciando il nuovo “assistenzialismo settentrionale” fatto di micropartecipate, conferma l’analisi di Eurispes e Svimez.
“Con quelle risorse – afferma Faraci – che Napoletano senza mezzi termini considera ‘scippate’ al Sud, le regioni meridionali si ritroverebbero oggi con una Sanità più forte specie in tempi di coronavirus, con un sistema di servizi sociali concorrenziale, con un tasso di dotazione infrastrutturale più alto, anziché posizionarsi sistematicamente in coda nelle graduatorie sulla qualità della vita e sulla competitività delle città di certi quotidiani, cui ormai non crede più nessuno”.
“E dietro al fatto – sottolinea Faraci – che 61,5 miliardi all’anno nel periodo 2014-16 siano stati assegnati al Nord a discapito del Sud c’è una precisa volontà politica”.
Ed è critico nei confronti di quel federalismo fiscale voluto dalla Lega Nord: “Privilegiando il triplice meccanismo dei costi standard, della spesa storica e del calcolo del fabbisogno, si è voluto dare di più a chi aveva già di più, di meno a chi possedeva di meno. Così, grazie a questi Robin Hood all’incontrario, mancano, in Italia, quella coesione territoriale e quei meccanismi di perequazione che anche il buon senso vorrebbe”.
Faraci conclude con un invito alla classe politica e all’informazione siciliani a svegliarsi e a vigilare, per far sì “che la nuova fase economica destinata ad aprirsi dopo l’emergenza coronavirus ristabilisca maggiore equità tra Nord e Sud”.
E chiude con un esempio localissimo: “alla ricostruzione per il terremoto di Santo Stefano del 2018 nell’area etnea sono stati assegnati 275 milioni di euro mentre per la ricostruzione post-terremoto 2012 in Emilia Romagna, sono stati spesi finora quasi cinque miliardi in interventi per i privati oltre a 735 milioni in opere pubbliche”.
“Se i meridionali sono incapaci d’indignarsi, di reagire alla ‘grande truffa’. è anche perché i giornalisti del Sud non sempre hanno saputo raccontare di questo Nord sprecone, assistenzialista e maldicente”.
Lino Patruno, editorialista e già direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, autore di vari libri sul Sud, spiega che se sul Rapporto Eurispes la stampa nazionale ha taciuto, quella meridionale avrebbe dovuto fare di più, cosicché “i cittadini del Sud si convincono sempre più che il Meridione sia il deserto e il Nord la terra promessa e mandano là i loro figli: danno e beffa”.
Secondo Patruno, per far reagire i Meridionali i giornalisti del Sud devono “ spiegare meglio i danni prodotti dal Federalismo fiscale, andare in circoli e scuole, citare cifre e circostanze, creare conoscenza e dunque coscienza”.
“Da lì – ha concluso – nasceranno indignazione e cambiamenti. Un processo lungo, ma indispensabile. E in questo possono essere utili movimenti come quello per l’equità territoriale, appena nato”.
“Da giornalista – aggiunge Salvo Fleres, leader del movimento siciliano ‘Le api’ – non mi stupisce il silenzio di certi media. È grave, invece, che le Istituzioni regionali non abbiano ancora avviato iniziative per far restituire alla Sicilia le enormi somme sottratte. Con cui sono state costruite le quarte corsie autostradali al Nord, impedendo di completare l’anello autostradale siciliano; si sono pagati i debiti di Alitalia, permettendole di praticare a noi del Sud le tariffe più alte; si è realizzata l’Alta velocità, mentre in Sicilia in treno da Ragusa a Trapani si impiegano undici ore. I partiti nazionali hanno preso al Sud voti governati da Roma nell’interesse di Milano, intesa come centro dell’economia speculativa che sta distruggendo la nostra economia reale”.
“Certi media – gli fa eco Angelo Villari, della direzione del Pd – ci fanno vivere in una realtà virtuale: sono tornati a lodare la meravigliosa Sanità pubblica lombarda, scordando l’arresto di Formigoni e il buco da un miliardo e mezzo di euro del San Raffaele pagato dal Meridione: si ‘decentrò’ la Sanità alle Regioni, costrette a spendere secondo il meccanismo perverso del Federalismo fiscale”.
“Il ministro Boccia – aggiunge – ha già affrontato il tema della perequazione e non va sottovalutata l’inversione di tendenza, tra Piano per il Sud e finanziamento della Catania-Ragusa, del ministro Provenzano. Abbiamo fiducia, ma c’è un vulnus che va sanato. E l’Ars è chiamata ad affrontarlo, facendo fronte comune per recupare risorse”.
“Divorzio all’italiana” si intitolava l’inchiesta di Report del 4 novembre del 2019, dedicata all’Autonomia differenziata – il secondo step delle regioni del Nord per ottenere ancor più denaro – e firmata dal giornalista (catanese) Manuele Bonaccorsi.
La domanda da porgersi, dunque, alla luce del silenzio calato sulla “grande truffa” denunciata da Eurispes, è: chi dovrebbe ora pagare gli alimenti al Sud sedotto e abbandonato da un Settentrione falso, mentitore e ladro?
“Se vogliamo indagare sulle cause del furto – afferma Bonaccorsi – dobbiamo ammettere prima di tutto che l’informazione ha agito con il pilota automatico su alcuni luoghi comuni: spesa pubblica improduttiva, sempre inefficiente, potere assoluto del mercato, dinamica della casta. E naturalmente Sud cattivo e Nord buono”.
“Questi strumenti d’interpretazione della realtà – spiega – non sono più adeguati, ma i giornalisti sono rimasti per anni bloccati nel pregiudizio. Tranne alcuni, come il Marco Esposito autore del libro ‘Zero al Sud’, che ha svelato certi meccanismi perversi del Federalismo fiscale”.
Ma Bonaccorsi punta anche l’indice sulla “caricatura di classe dirigente” meridionale, che non ha saputo opporsi alla “milanesizzazione” della politica, alla “capacità di fare lobbing dei leghisti e non solo, dai deputati, ai governatori, ai sindaci, tanto preparati sulle questioni economiche quanto i loro omologhi meridionali erano impreparati”.
Intanto, aggiunge, i partiti hanno una sempre più forte componente “local” e per questo “stentano a mettere al centro l’interesse della nazione: se non è in grado di farlo il Pd, figuriamoci gli altri”.
Se a tutto questo aggiungiamo l’emergenza coronavirus, la conclusione è che “Gli alimenti non li pagherà nessuno”.
“O meglio – precisa – li pagherà tutto il Paese. Perché, come dicono gli economisti, l’Italia non può crescere senza il Mezzogiorno”.