MESSINA – Da luglio a settembre più imprese ma meno occupati. A fronte di 597 nuove iscrizioni, sono state denunciate 324 cessazioni che hanno portato lo stock complessivo di imprese nella provincia a 62.512, ma si sono persi 7.523 posti di lavoro. Un dato preoccupante, ma non inatteso forse, emerso dalle rilevazioni della Camera di Commercio provinciale.
Particolarmente male i settori del commercio ingrosso e dettaglio (-33 imprese) con un numero di addetti pari a 30.745 (-1.281 rispetto al trimestre precedente e -1.075 rispetto al III trimestre 2019) e attività dei servizi di alloggio e ristorazione (-21 imprese) con un numero di addetti pari a 13.474 (-2.904 sul trimestre precedente e –1.433 sul III trimestre 2019).
“Si è verificato – ha commentato il presidente della Camera di Commercio, Ivo Blandina – quello che abbiamo temuto sin dall’inizio della pandemia: le misure introdotte per il contenimento degli effetti della crisi sulla nostra economia sono state e continuano a essere insufficienti e tardive. Il non aver saputo introdurre per tempo gli strumenti correttivi necessari, ha portato a riflessi occupazionali disastrosi con il tracollo delle imprese di alcuni settori, primo fra tutti il turismo e la ristorazione”.
“La prospettiva di recessione e desertificazione immaginata mesi addietro – ha aggiunto – è certezza e le conseguenze sui livelli occupazionali e sui consumi sono già visibili e sempre più preoccupanti appaiono gli inevitabili riflessi sugli indici di povertà e di disagio sociale”.
Il vero dato occupazionale, secondo Alberto Palella, presidente di Confesercenti, si avrà nel momento in cui inizieranno i licenziamenti, dopo marzo 2021, fino a quando è previsto un blocco degli stessi. Il dato emerso del trimestre estivo, con il calo degli addetti, è riferito solo ad attività non avviate. C’è poi un trend positivo per l’e-commerce ma siamo lontani da una compensazione alle perdite che il commercio sta subendo.
“Parliamo ancora di piccole unità”, dice Palella. A fronte di 207 imprese attive, il saldo tra iscrizioni e cessazioni è di +4. Stessa cosa per il II trimestre 2020, che si è chiuso con un saldo positivo di +9, mentre il I trimestre 2020 registra un saldo negativo di -4. “Di fatto – ha aggiunto – aziende strutturate che si affacciano all’e-commerce a Messina non ce ne sono. La percentuale sulle oltre le 60 mila è irrisorio. C’è sicuramente un interesse e un volere andare in quella direzione, ma i numeri ancora sono inconcludenti. Manca la cultura del commercio online e poi c’è la paura di doversi scontrare con i colossi. La soluzione potrebbe essere un consorzio ma i tempi non sono ancora maturi”.
Altro comparto penalizzato è quello turistico, con tutto l’indotto che esso innesca, ma insieme ai posti persi ci sono ore di lavoro drasticamente diminuite con un problema sociale denunciato recentemente anche dagli amministratori locali oltre che dai sindacati. “Ci sono circa 19 mila lavoratori – dice Giovanni Mastroeni, segretario generale della Cgil Messina – che operano in questo settore in provincia, i cosiddetti stagionali, che quest’anno per la metà non hanno avuto la possibilità di lavorare e quelli che lo hanno potuto fare lo hanno fatto per un periodo molto breve. Per queste persone che prima riuscivano ad avere un reddito articolato tra Naspi e lavoro per quasi 12 mesi, sarà un disastro. La proposta del sindacato è che accanto alla Naspi che coprirà periodi brevissimi si possa per la prima volta avere la cassa integrazione in deroga che copra quei periodi completamente scoperti”.
Ma non sono soltanto turismo e commercio a soffrire. “Se la circolazione è limitata – aggiunge Mastroeni – anche il consumo di carburanti si arresta. I problemi nell’indotto della Raffineria di Milazzo derivano anche dal crollo dei consumi. La Ram è la struttura principale da dove partono gli approvvigionamenti. C’è uno stabilimento che ha rallentato, con un primo problema occupazionale sull’indotto che si sta cerando di governare e che non risparmia neppure i diretti”.

