Il report dell’Asp: 125 giorni per le colonscopie urgenti, 135 per quelle da effettuarsi entro 10 giorni. Adottato il Piano operativo per il recupero delle prestazioni, ma l'allarme resta
MESSINA – L’emergenza Covid ha costretto a mettere in secondo piano le cure per quelle patologie per le quali venivano fatte periodicamente campagne di prevenzione. Così in questo anno e mezzo così complicato per la sanità, sono saltati controlli e screening per diagnosi precoci relativi ad esempio a tumori e malattie cardiache, fenomeno che potrebbe portare, dicono gli esperti, ad un aumento della mortalità dei soggetti a rischio che non hanno potuto effettuare regolari esami diagnostici.
La sanità pubblica, messa sotto pressione, ha mostrato tutte le sue fragilità e gli utenti devono fare ancora i conti con le liste di attesa che in questi mesi si sono ulteriormente allungate. A Messina la situazione non è meno complicata che nelle altre province. Per una prestazione diagnostica, l’accesso a un test o ad una visita specialistica, anche quando è urgente e quindi da effettuarsi entro tre giorni, si deve aspettare troppo. Dal report provinciale dei tempi di attesa ambulatoriali, effettuato dall’Asp, con riferimento a maggio 2021, emerge ad esempio che per una colonscopia nel distretto Messina – Taormina si è aspettato in media 125 giorni, anche se indicata come urgente, 135 giorni quando era da effettuarsi entro 10 giorni e 182 giorni quando differibile entro 60 giorni.
L’unica alternativa allora sembra il ricorso al settore privato, ma non può essere questa la soluzione. Lo hanno ribadito i rappresentanti della Spi Cgil e delle associazioni dei malati e dei consumatori che hanno deciso di unire le forze e chiedere alle istituzioni di utilizzare gli strumenti normativi esistenti per superare questa fase di stallo che favorisce i privati e penalizza chi non può permettersi di pagare le prestazioni. Il sindacato dei pensionati della Cgil, Federconsumatori, CittadinanzAttiva, Donare e vita e Tutela diritti cittadini europei, attiveranno a settembre anche uno sportello informativo dove gli utenti saranno consigliati su come affrontare i disservizi e offrirà consulenza legale a chi si sente leso nel proprio diritto alla salute.
“L’Asp di Messina, in recepimento delle direttive date dal governo nazionale in materia di liste d’attesa e dal governo regionale, – dice Gaetano Santagati segretario Spi Cgil – ha adottato il Piano Operativo Aziendale per il recupero delle prestazioni da ricovero, ambulatoriali e di screening non garantite a causa del lockdown e contestualmente la riduzione delle liste d’attesa”.
La sua efficacia è però limitata al 2021 e i problemi relativi alle liste d’attesa non troveranno una definitiva soluzione, se non per il recupero dei ritardi accumulatisi causa pandemia.
“Si devono effettuare i controlli, – dice Santagati – non basta chiedere agli operatori di lavorare di più per recuperare le prestazioni in attesa, bisogna anzitutto far funzionare l’ordinario. Una prima immediata verifica circa il funzionamento dell’attuale Piano Operativo Aziendale dell’Asp può essere già effettuata perché l’ obiettivo posto è di recuperare il 30% delle prestazioni rinviate causa Covid entro il 30 giugno 2021 ed il restante 70% entro dicembre 2021. È quindi possibile avere un quadro dell’andamento e riscontrare la sua efficacia, così da introdurre gli eventuali correttivi”.
Nel documento che sindacato e associazioni hanno firmato si chiede anche che “la procedura di prenotazione tenga conto delle singole specificità delle richieste, venendo incontro alle esigenze degli utenti più deboli. Così, ad esempio, nel caso di richiesta di assistenza per una specialità in cui vi sia un elevato numero di prenotazioni, è necessario che l’utente non venga indirizzato a strutture localizzate nell’intera provincia, magari difficili da raggiungere, ma che gli venga resa disponibile un’assistenza presso strutture private convenzionate nel distretto socio sanitario di residenza” .
Importante inoltre sottoporre a costante verifica e confronto le prestazioni svolte attraverso l’assistenza pubblica rispetto a quelle realizzate intramoenia, per non consentire sbilanciamenti a favore di queste ultime.