I primi giorni di riapertura hanno evidenziato tante situazioni difficili create dall’emergenza Covid. Si cercano soluzioni per garantire alle attività di poter riaprire secondo le nuove regole
MESSINA – Alberghi tutti fermi, ristorazione al 50%, negozi all’80%, va meglio per parrucchieri e barbieri con una ripresa quasi totale. Questa è la fotografia dei primi giorni di riapertura di tutte le attività commerciali dopo due mesi di blocco per l’emergenza sanitaria.
Da una parte l’entusiasmo che porta ogni nuovo inizio, dall’altra le tante incognite con cui convivere legate a distanziamenti e rigide regole di sicurezza che limitano i flussi e quindi i guadagni. La precarietà della situazione ha spinto tanti a non alzare ancora le saracinesche, in attesa di capire su quali aiuti poter contare per sostenere le spese a fronte di entrate incerte.
Superato il protocollo Inail, ritenuto irrealistico da applicare per molti piccoli negozi, le associazioni di categoria hanno ottenuto di mantenere il distanziamento a un metro, ma il problema resta su quanti avranno ancora voglia di andare in pizzeria o al ristorante, considerate anche le limitate possibilità economiche. “Se non arriveranno aiuti a fondo perduto – ha detto Alberto Palella, presidente Confesercenti – molti non ce la potranno fare e saranno costretti a licenziare, i flussi saranno più bassi e bisognerà quindi rimodulare tutto”.
Qualche settimana fa le associazioni di commercianti e artigiani hanno presentato un documento all’Amministrazione comunale, in cui sono state fatte una serie di richieste a soccorso del commercio messinese, in crisi già prima del Coronavirus ma che adesso rischia di essere messo ulteriormente in ginocchio. “L’Amministrazione comunale – ha spiegato Palella – sui primi tre punti (fondo per mancato incasso, liquidità e riduzione canoni) ci ha comunicato di non poter fare nulla. Il sindaco ci ha detto che potrebbe in parte intervenire, ma serve una norma che lo autorizzi a sbloccare i fondi. Non so se quest’ultimo Dpcm consentirà qualcosa, ma nel frattempo ha mandato una nota alla fondazione dell’Anci per avere risposte sulla fattibilità di alcune operazioni. Alla luce del decreto regionale e nazionale, occorre avere un quadro di insieme di quello che sono i provvedimenti, per evitare accavallamenti e fare in modo che le risorse siano destinate in maniera mirata”.
“I decreti – ha aggiunto il presidente di Confesercenti – parlano di contributo per gli affitti ma non serve se la questione viene affrontata in maniera disomogenea e inadeguata. Continuano con il credito di imposta, ma di fatto è il nulla visto che molti imprenditori non hanno i soldi da anticipare per fitti e tasse. Dobbiamo capire come la Regione vuole erogare le risorse messe in finanziaria, con quali criteri. C’è la burocrazia che aggroviglia poi tutto, prendendo tempo prezioso che le imprese non hanno più, sommerse dalle perdite e dai debiti. Solo il fondo perduto può aiutare le aziende per riprendersi, non c’è altra via”.
“Abbiamo visto – ha ribadito – secondo un calcolo effettuato che anche il più piccolo degli imprenditori è indebitato per almeno 25 mila euro a causa di questa situazione. Parliamo di chi paga 1.500 euro di affitto e ha un solo dipendente. Per l’occupazione suolo, si prevede un ristoro, ma ci sono vincoli al Codice della strada e questi non si possono derogare. Ci sono quindi attività che non potranno occupare suolo, tranne che non si chiudano dei tratti di strada, ma questo sarà possibile se c’è un alto numero di attività, se no non ha senso”.
Della drammatica situazione economica nella Città metropolitana di Messina ha parlato anche il segretario generale della Cgil Giovanni Mastroeni, durante una riunione con riferimento proprio a quei settori (commercio e turismo) in ginocchio. “Tanti lavoratori e cittadini – ha detto – sono ancora in attesa degli ammortizzatori sociali o delle altre misure di sostegno. È necessario che i Comuni attivino le esenzioni dei tributi per venire incontro alle attività economiche. Occorre disegnare una fase nuova dove si affrontino le vecchie emergenze e le nuove con l’avvio di un nuovo Piano di sviluppo”.