Camera di Commercio: il primo trimestre dell’anno si è già chiuso con un saldo negativo. Vertici dell’Ente camerale e imprenditori: senza aiuti concreti disastro dietro l’angolo
MESSINA – Un saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni destinato a crescere. Le imprese della provincia hanno subito un duro colpo dall’emergenza Coronavirus e gli effetti più pesanti sono attesi per i prossimi mesi, visto il perdurare del fermo, almeno fino a giugno, di molte attività.
Il più penalizzato è il commercio, seguito dalle attività manifatturiere e agricole e da alberghi, bar e ristoranti. I dati relativi a iscrizioni, cessazioni e variazioni di imprese nel primo trimestre del 2020, effettuata dall’Ufficio Statistica della Camera di Commercio, parlano di un saldo negativo di 92 unità. Ma, come detto, il peggio deve ancora venire.
“Ci aspettiamo cifre ancora più preoccupanti – ha spiegato il presidente della Camera di Commercio, Ivo Blandina – perché i provvedimenti adottati per il contenimento degli effetti della crisi sulla nostra economia sono evidentemente insufficienti e tardivi. Se non verranno introdotte misure che diano immediata liquidità e sgravi sulla tassazione, il tracollo delle imprese di alcuni settori, primo fra tutti il turismo, trascinerà anche gli altri comparti in una prospettiva di recessione e desertificazione, con conseguenze pesantissime sui livelli occupazionali e sui consumi e con riflessi sugli indici di povertà e di disagio sociale”.
“Il continuo monitoraggio dei dati – ha aggiunto Blandina – verrà condiviso con tutti gli attori istituzionali, perché vengano individuati rimedi correttivi sulla finanza regionale e nazionale, a sostegno del tessuto produttivo”.
La situazione fotografata dall’Ente camerale è stata al centro di riunioni sia in Prefettura che al Comune. Da gennaio a marzo 2020, a fronte di 741 nuove iscrizioni, ci sono state 833 cessazioni, che hanno portato lo stock complessivo di imprese a 62 mila e 96, di cui attive 45 mila 845.
“Il numero di iscrizioni nel primo trimestre di quest’anno – ha precisato la segretaria generale, Paola Sabella – è, in valore assoluto, il più basso degli ultimi sei anni. Gli effetti ancora non emergono pienamente da questa prima fotografia sull’economia messinese, certamente però saranno molto più visibili già dal prossimo trimestre”.
Un’emergenza economica che si tenta adesso di circoscrivere. “Intervengano – ha chiesto Blandina – misure su procedure di fallimenti e stati di insolvenza. Con la normativa in vigore basta che ci sia il sospetto che un’azienda sia in pericolo per far scattare procedure d’ufficio. Speriamo che a chi ha una prospettiva concreta di ripartire siano dati strumenti per farlo, in caso contrario resteranno in campo chi ha disponibilità di capitali, accesso al credito e filiere efficienti”.
Alcuni settori però non riescono neanche a intravedere l’uscita dal tunnel, specie dopo l’ultimo Dpcm che posticipa l’apertura a giugno ponendo vincoli stringenti. Tra questi bar, ristoranti, alberghi, parrucchieri, centri estetici che hanno dato vita a diverse forme di protesta. Circa trecento titolari e gestori hanno alzato simbolicamente le saracinesche accendendo le luci per 15 minuti. Hanno poi simbolicamente consegnato chiavi e contratti d’affitto dei locali al sindaco Cateno De Luca. “La riapertura – si legge in un documento diffuso dalle categorie citate – non sarebbe un gesto coraggioso, ma un disperato tentativo di nascondere l’evidenza di misure insostenibili già gravate dall’obbligo di chiusura disposto con il primo Dpcm. La macchina governativa che avrebbe dovuto garantire liquidità e l’ulteriore assunzione di debiti da parte degli imprenditori (a tasso agevolato) si è inceppata prima di nascere, tra richieste di bilancio e dichiarazioni fiscali”.