Il progetto Housing first, sostenuto dalla Caritas, è riuscito già a trovare un’abitazione a quattro persone che vivevano in strada. Si va avanti, ma le difficoltà sono moltissime
MESSINA – Il percorso che li porta alla strada è una catena con tanti anelli che man mano si spezzano. L’housing first cerca di ricostruire quei pezzi partendo dalla casa con la sua forza curativa. Non si diventa clochard per scelta, quindi, e mai per un solo evento traumatico. Ne sono convinte l’operatrice Carmela Lo Presti e Chiara Pistorino, referenti del progetto, entrambe della Caritas, che ha promosso questo nuovo modello di intervento che ha consentito nell’arco di due anni l’inserimento in abitazione di quattro persone che vivevano tra la strada e i dormitori.
Il Comune e le associazioni di volontariato gestiscono strutture di bassa soglia, dormitori e centri diurni, l’housing first propone un approccio diverso nelle politiche per il contrasto alla grave marginalità, perché si basa sull’inserimento diretto in appartamenti indipendenti di persone senza dimora in situazione di disagio socio abitativo cronico magari anche con problemi di salute mentale con il supporto continuativo di un team di operatori socio sanitari.
“Quando si analizzano – spiega Carmela Lo Presti – le storie di queste persone hanno elementi in comune, prima di arrivare in strada ci sono eventi concatenati: le fratture nei rapporti interpersonali vengono spesso dalla perdita del lavoro. Non posso mantenere una casa, una famiglia, si cominciano a spezzare parti di esistenza”.
Ci si nasconde spesso dietro le parole “è una scelta”, spiega Chiara Pistorino. Il Comune ha tutte le potenzialità e le risorse per passare a modelli più innovativi. “Sono stati attivati – aggiunge Lo Presti – gli alloggi di transito a Bisconte, ma hanno risposto più a un Pronto soccorso sociale che alle finalità iniziali dell’housing first. Ci sono forse più volontari che senzatetto a Messina e con la regia del Comune si potrebbe applicare questo diverso modello. Occorre personale formato, un’analisi dei bisogni e degli indirizzi nelle politiche sociali che guardino oltre l’assistenzialismo”.
Non è un problema economico se consideriamo quanto costano le varie strutture al giorno per farsi carico di una persona con fragilità, a fronte dei 26 euro dell’housing first. Il dormitorio 19 euro, una struttura a bassa soglia h24, 32 euro, il carcere 137 euro, una comunità psichiatrica da 140 a 160 euro, un ricovero ospedaliero 600 euro.
“Questo progetto della Caritas – sottolinea Chiara Pistorino – durato poco più di un anno con l’inserimento di quattro persone seguite dagli operatori anche dopo l’inserimento con visite settimanali è costato meno di ventimila euro, acquistando anche mobili e investendo sulla salute”.
Non è stato facile vincere i pregiudizi e trovare un’abitazione per le due coppie che trascorreranno il secondo Natale in casa dopo avere consolidato l’esperienza iniziata in piena pandemia. È stato più semplice per Michele e Francesca, con un’esperienza di strada più breve, solo un anno, cominciata dopo le crescenti difficoltà economiche: lui soltanto lavori saltuari, l’impossibilità di pagarsi l’affitto e una serie di relazioni interpersonali che si sono spezzate. Hanno chiesto aiuto al loro parroco, per un periodo hanno vissuto in una casa d’accoglienza poi l’incontro con gli operatori della Caritas e l’inizio di un iter fatto di scogli burocratici, pregiudizi, diffidenze. Nel contratto che alla fine sono riusciti a formalizzare con un’agenzia immobiliare è stata necessaria la garanzia della Caritas.
“Conducono una vita dignitosa – dice Carmela Lo Presti – pagano l’affitto con il Reddito di cittadinanza e integrando in qualche modo”.
Meno stabile forse l’equilibrio raggiunto da Anna e Marco nella loro dimensione abitativa autonoma. Più giovani e con un’esperienza di strada e di dormitorio più lunga. Anna prende il Reddito di cittadinanza e Marco ha avuto un’esperienza lavorativa precaria che si è conclusa da poco. Qualche problema di dipendenza, la mancanza di documenti, la giovane età, hanno reso più complicato per loro trovare qualcuno disposto ad affittare la propria casa. C’è stato un momento, racconta Chiara Pistorino, in cui volevano rinunciare. Ma alla fine l’unica disponibilità è venuta da una persona vicina alla Caritas.
Superare i pregiudizi, andare oltre un letto, un pasto caldo e una coperta qui è forse ancora rivoluzionario.