MESSINA – Una società in house che fa investimenti, prevede ricavi ma, secondo l’Amministrazione, nel futuro andrà rimpiazzata da una privatizzazione. La MessinaServizi Bene Comune vive in questo profondo dualismo, che ha lasciato a Cgil e Uil l’opportunità di avanzare la proposta di una terza via: la creazione di un’azienda speciale.
Intanto c’è un Piano finanziario approvato dal socio unico Comune di Messina i cui punti salienti riguardano i costi, in linea con quanto previsto nel Contratto di servizio e che, per l’anno 2020, sono di 34 milioni 998 mila euro. La società ha indicato una previsione di aumento di circa il 40% dei ricavi provenienti dai Consorzi di filiera Conai, effetto delle percentuali di materie prime avviate al riciclo con l’aumento della differenziata.
“Grazie alla politica attuata dal management – ha detto il sindaco Cateno De Luca – il costo della Tari rimane invariato nonostante gli ingenti investimenti che sono stati fatti dall’Amministrazione per dotare la società dei mezzi e delle attrezzature necessarie per operare. Il conto finanziario presenta un attivo di oltre un milione e mezzo di euro che il socio unico ha deciso di destinare all’aumento del capitale sociale, rendendo in tal modo la società più forte e credibile anche nel mercato finanziario e per l’eventuale accesso al credito”.
Non sembrerebbero dichiarazioni che preparano una dismissione, motivata principalmente dal decreto Madia secondo cui non è possibile costituire nuove società (MessinaServizi, appunto), nel caso in cui una precedente, competente nella gestione diretta di un servizio pubblico, sia fallita (MessinAmbiente). Ma per Francesco Fucile della Fp Cgil e Michele Barresi di Uil trasporti questo non sarebbe uno scoglio insormontabile, perché secondo il parere della Sezione consultiva della Corte dei Conti e le recenti decisioni del Consiglio di Stato ci sarebbero alternative possibili alla privatizzazione, come appunto la creazione di un’azienda speciale (è stato preso come esempio il Comune di Latina), che potrebbe consentire di oltrepassare i vincoli del decreto 175/2016.
“La gestione pubblica del servizio – ha detto Fucile – rappresenta un valore aggiunto in termini di trasparenza e di qualità, tenendo lontano il pericolo delle infiltrazioni criminali”. Anche per Barresi la MessinaServizi è uno strumento da tutelare. “Nel 2019 – ha spiegato – ha già investito 6 milioni di euro per noleggio di mezzi e materiali necessari all’avvio della raccolta differenziata, è ormai prossima l’assunzione di cento nuovi operatori a tempo determinato e forse altri cento nel prossimo biennio per rendere capillare la raccolta. Parliamo di una società che ha un fatturato da 32 milioni di euro, che ha in programma investimenti futuri e opera nella città metropolitana della Sicilia con il più alto livello di differenziata, pari al 23,7%”.
Il presidente della società, Pippo Lombardo, ha sottolineato che più che continuare a incentrare il dibattito sul dualismo pubblico o privato ci si dovrebbe chiedere se si vuole o meno un servizio efficiente. “Finora – ha detto – la MessinaServizi è stata gestita non certamente come una società destinata a finire, ma viva, sebbene nel programma di questa Amministrazione ci sia sempre stata la privatizzazione dei rifiuti”.
Non tutto sembra però andare per il suo verso sul fronte della differenziata, avviata finora soltanto su un quarto del territorio cittadino, così come dimostrano le criticità emerse durante un apposito tavolo tecnico. Nella zona Nord c’è ancora una certa resistenza al rispetto delle modalità di conferimento, con la creazione di discariche abusive, da qui l’esigenza di istituire al più presto l’Albo degli Ispettori ambientali, con una nuova proposta della Giunta per affiancare la Polizia municipale nel servizio di monitoraggio. Ci sono poi alcuni condomini, soprattutto nella zona Sud, che non accettano le modalità di gestione del servizio e per loro sono in arrivo le Ordinanze sindacali che li obbligherà alla ricezione dei carrellati.