Mezzogiorno, il motore che può riaccendere il Paese - QdS

Mezzogiorno, il motore che può riaccendere il Paese

Mezzogiorno, il motore che può riaccendere il Paese

venerdì 01 Luglio 2022

L’Italia vista da Sud è la nuova iniziativa editoriale del Quotidiano di Sicilia, per dare benzina al rilancio del Meridione
Superare inutili stereotipi e sterili contrapposizioni con il Nord per una riscossa economica, sociale e culturale

CATANIA – “Sarebbe un errore contrapporre gli interessi del Nord a quelli del Sud. Mentre è indispensabile che l’intero Paese operi per la crescita del Meridione, che in sessant’anni è rimasto ai livelli bassi del dopoguerra”. Queste parole, scritte nel 2009, sono del nostro direttore, Carlo Alberto Tregua, e sebbene l’abbiano anticipata di tredici anni raccontano perfettamente l’iniziativa che il Quotidiano di Sicilia ha iniziato a lanciare in questi giorni (con delle pubblicazioni già uscite sui quotidiani a tiratura nazionale) e che entrerà nel vivo nel mese di settembre: L’Italia vista da Sud.

Se il Sud è rimasto bloccato la colpa è certamente nostra, dei siciliani, dei cittadini del Mezzogiorno che troppo spesso si sono accontentati e hanno accettato di lasciare tutto inalterato, non sforzandosi verso un cambiamento che ha interessato il resto della nostra Penisola.

Ma non si possono ignorare le responsabilità di una classe dirigente che negli anni ha dimenticato quasi del tutto il Meridione, che una volta eletta ha pensato più a mantenere le rendite di posizione piuttosto che spendersi per il territorio e che ha assistito, voltando le spalle, a un’Italia che si spaccava sempre di più a metà, con un Nord Centro-Nord intento a prosperare e il resto del Paese che andava alla deriva.

“Il Covid ha riportato le lancette dell’orologio a 20 anni fa”, hanno titolato i giornali qualche settimana fa spiegando che l’Italia ha bruciato il 9% del Pil proprio a causa della pandemia. Tra il 2019 e il 2020, il Pil Sicilia ha perso l’8,2%, passando da 85,5 a 78,5 miliardi (fonte: Istat, valori concatenati con anno di riferimento 2015).

L’Isola, però, sempre secondo l’Istat, dal 2000 al 2020 ha perso il 16,8% del suo Pil, contro il -5,2% registrato a livello nazionale. Altro che venti anni fa. Le lancette dell’orologio sono andate molto più indietro in Sicilia, dal momento che nel 2000, con una ricchezza prodotta pari a 94,4 miliardi di euro, stavamo decisamente meglio.

Questi numeri drammatici (riportati anche nella tabella a fianco)?ci dicono innanzitutto che la colpa di questo disastro non è solo dell’emergenza pandemica. Questi numeri ci restituiscono l’immagine di un tessuto produttivo reso estremamente fragile dall’incapacità della politica, a tutti i livelli, sia ben chiaro di dare alla Sicilia un futuro, una direzione.

Dunque se una volta, prima dell’Unità, la ricchezza del Paese era a Sud, oggi tutto si è ribaltato e possiamo dire che anche oggi l’Italia è “vista da Nord”. Lì si concentrano le più importanti politiche infrastrutturali, che creano occupazione e ricchezza, lì si difendono le imprese, lì troppo spesso si pensa che l’Italia finisca a Napoli, se non addirittura prima.

Sorgono allora una serie di domande: se l’Italia fosse capovolta, sarebbe uguale a com’è asesso? Se la Sicilia fosse nel Nord del Paese e la Lombardia al Sud il Ponte sullo Stretto sarebbe già stato realizzato? Con un Paese geograficamente sottosopra la linea ferroviaria ad alta velocità si sarebbe fermata a Bologna?

Proprio nel contesto che abbiamo appena descritto nasce la nuova iniziativa editoriale che il Quotidiano di Sicilia cavalcherà in questa seconda metà del 2022 e oltre. Un concetto che, come detto, su queste colonne abbiamo già espresso in passato ma che adesso è arrivato il momento di riprendere con forza.

“L’Italia vista da Sud” si pone l’obiettivo – ambizioso, lo ammettiamo – di cambiare il paradigma della comunicazione nazionale visto finora. Quello che ha messo al primo posto sempre il Nord e nel corso dei decenni si è dimenticato – o, peggio, ha volutamente ignorato – il Meridione. Che brutto, sporco e cattivo era e brutto, sporco e cattivo è rimasto, nonostante le enormi potenzialità. Da qui la nostra volontà di modificare il modo di guardare al nostro Paese, iniziando ad affrontare le questioni guardandole dal Sud.

Organi di informazione, economisti, politici: tutti possono prendere parte a questa campagna che, ci sembra giusto precisarlo, non punta esclusivamente a fare il bene del Mezzogiorno, ma a dare una scossa a tutto il Paese. Perché un’Italia sospinta dalla forza economica del Nord e da una riscossa sociale, occupazionale e infrastrutturale del Sud può acquisire a livello europeo – e non solo – una forza straordinaria, alimentando una crescita di cui c’è un grande bisogno, soprattutto in tempi incerti come questi.

Torniamo così alle parole del nostro direttore: “Se il Mezzogiorno si trova in questo stato, con un divario elevatissimo rispetto al Nord Italia, la responsabilità è di noi meridionali e, in primis, del ceto politico meridionale, che per egoismo ha subordinato l’interesse generale a quello personale. È tempo di ribaltare questo stato di subordinazione e di dire in modo chiaro e forte che le regole del gioco, cioè quelle che governano le istituzioni, devono essere pattuite con criteri etici di equità, contemperando sacrifici e benefici di tutte le parti del Paese, con tutte le popolazioni”.

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