Oggi lo Stato ha bisogno di riforme profonde, moderne e coraggiose
Mi stupisce che vi siano persone che si stupiscono del fatto che un immigrato clandestino costi di più di un pensionato, che un detenuto costi più di un libero, che un tossicodipendente costi più di uno privo di dipendenze, ecc. Mi stupisco perché molti guardano al costo, ma non guardano alle ragioni per le quali quel costo viene pagato.
Si tratta di due principali categorie di motivi, il primo ha radici umanitarie, riabilitative, curative, il secondo risiede nel tipo di Stato nel quale viviamo, che ha assunto una struttura sempre più incline alla gestione dei problemi, piuttosto che alla loro soluzione. Il nostro è sempre di più uno Stato che, da una parte, è autoreferenziale ed alimenta se stesso e la propria costosa organizzazione, dall’altra è molto incline a reggersi su una sorta di democrazia acquisitiva, fondata su una serie di sovrastrutture, spesso inutili, necessarie solo a catturare il consenso elettorale e ad autoalimentarsi mantenendo in piedi problemi che potrebbero non esserci.
Faccio alcuni esempi. Se gli immigrati venissero aiutati nel loro Paese o venissero ben integrati nella nostra società costerebbero meno. Invece, usando un paragone, si preferisce rifornirli di pesce, ma non fornirli di una canna per fare in modo che il pesce se lo peschino da soli. Se i tossicodipendenti venissero sottratti al circolo vizioso che li fa diventare prima spacciatori e poi detenuti, magari interponendo tra il loro vizio e la droga lo Stato, con quella che in altri Paesi si chiama distribuzione controllata, si sottrarrebbe mercato alla criminalità organizzata, invece si preferisce limitarsi a pagare loro la permanenza in costose, spesso inadeguate, strutture di recupero. Se si semplificasse il sistema fiscale non ci sarebbe bisogno di migliaia di caf, che costano parecchi milioni, ecc. Tutto questo, o altro, però non si fa, dunque non si trasformano i problemi in soluzioni, ma si fa in modo che diventino costose opportunità speculative.
In questa maniera il debito pubblico cresce, le tasse continuano a massacrarci, le strade restano trazzere, le ferrovie al Sud non vengono costruite, la scuola resta indietro e i nostri figli continuano ad emigrare: che disastro! Continuare a pensare che i problemi si possano non risolvere, come vedete, è una idiozia, anzi, è una costosa idiozia, che serve soltanto a mantenere in piedi un sistema che riesce a produrre solamente disagio, precarietà, insicurezza, incertezza, ingiustizia, e soprattutto debito pubblico. Il sistema della democrazia acquisitiva poteva andare bene nell’immediato dopoguerra, quando le nostre istituzioni, dopo vent’anni di dittatura fascista, erano ancora fragili e la stessa democrazia, faticosamente riaffermata lo era pure, dunque aveva bisogno del piano Marshall, dei sussidi, degli enti inutili, della lievitazione dei sottogoverni. A quel tempo tutto, in realtà quasi tutto, poteva avere un senso, perché bisognava consolidare un nuovo modello di Stato e sottrarlo ad eventuali derive fasciste o comuniste.
Oggi la situazione è molto diversa. Oggi viviamo in un contesto globalizzato nel quale i soldi costano e se il loro uso non crea ricchezza costano di più. Oggi bisogna potare con fermezza tutti quegli apparati dello Stato, del parastato, ecc. che vivono della loro stessa funzione, che non producono, che offrono servizi che potrebbero non avere motivo di essere se venissero approvate leggi adeguate. Oggi lo Stato ha bisogno di riforme profonde, moderne e coraggiose, la cui approvazione potrebbe ridurre di molto la spesa pubblica senza abbassare la qualità e la quantità di servizi al cittadino, anzi, riuscendo persino a migliorarli. Farò qualche esempio.
Lo Stato ha bisogno di una riforma della giustizia, non solo di aumentare la durata delle pene, ma di ridurre la durata dei processi; ha bisogno di una riforma della burocrazia, che sottrae tempo, soldi ed energie ai cittadini; ha bisogno di una riforma del fisco, il cui peso è diventato insopportabile; ha bisogno di una riforma della sanità, che esca dall’ipocrisia e dalle liste d’attesa; ha bisogno di una riforma della scuola, che aiuti chi sta indietro e sostenga chi sta avanti, offrendo reali pari opportunità, non surreali promozioni. Vi sembra molto? Ebbene non lo è affatto, se i partiti, invece di litigare su chi ce l’ha più duro, si dedicassero a ben interpretare le esigenze dei cittadini, sia di quelli che lavorano, sia di quelli che non lavorano, sia di quelli che non possono lavorare ovvero che hanno già lavorato, sia di quelli che investono per creare lavoro.