Su richiesta della ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, ha firmato un provvedimento con il quale la Croce Rossa italiana viene nominata soggetto attuatore per provvedere all’assistenza alloggiativa e alla sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare dalla nave Alan Kurdi che attualmente si trova in acque Sar italiane, in prossimità del Porto di Palermo.
Lo si legge in una nota del Mit sul provvedimento che individua una nave della Compagnia italiana di navigazione adatta per la quarantena nell’ambito della Convenzione del 18 luglio 2012 tra lo stesso Ministero e la Cin, per finalità di interesse pubblico.
Il sindaco della città di Palermo, Leoluca Orlando, è stato tenuto costantemente informato dalla ministra De Micheli, precisa la nota.
Il trasferimento delle persone avverrà domani in mattinata, dopo che la Croce Rossa avrà completato tutte le operazioni propedeutiche all’assistenza.
I deputati della maggioranza, basta stragi, ora un’inchiesta
Prima della notizia, in mattinata era stato diffuso un appello per accogliere i migranti a bordo della Alan Kurdi e della Ata Mari e l’istituzione di una Commissione internazionale di inchiesta indipendente sul naufragio nel giorno di Pasquetta da parte di parlamentari dei gruppi Misto, Leu, Pd, Italia Viva, +Europa e di consiglieri regionali.
“Li abbiamo anche noi sulla coscienza. Quei migranti su un barcone alla deriva tra Lampedusa e Malta che mancavano all’appello, sono stati riconsegnati alla Libia. E il bilancio sarebbe di 12 morti e 47 superstiti. La ricorderemo come la strage di Pasquetta”.
Alarm phone, dodici morti per inazione dell’Europa
“Dodici persone sono morte a causa dell’azione e dell’inazione europea nel Mediterraneo. Le autorità di Malta, Italia, Libia, Portogallo, Germania, come anche Frontex, erano state informate di un gruppo di 55 (alla fine erano 63) migranti in difficoltà in mare, ma hanno scelto di lasciar morire 12 di loro di sete e annegate, mentre organizzavano il ritorno forzato dei sopravvissuti in Libia, un posto di guerra, tortura e stupro”.
Questa l’accusa di Alarm Phone, contenuta in un rapporto che indica come, “contrariamente a quanto afferma Malta, il barcone era alla deriva in zona Sar maltese, non lontano da Lampedusa. Tutte le autorità hanno scelto di non intervenire, usando l’epidemia di Covid-19 come una scusa per infrangere drammaticamente le leggi del mare così come i diritti umani e le convenzioni sui rifugiati”.
Il servizio telefonico aveva lanciato lo scorso dieci aprile l’allarme sul barcone in difficoltà, informando le autorità di Italia, Malta, Libia e Tunisia.
Le terribili testimonianze dei superstiti
Secondo le testimonianze dei superstiti, martedì scorso la nave cargo Ivan si è avvicinata al gommone alla deriva, ma le condizioni del mare non rendevano possibile il salvataggio; a quel punto sette persone si sono gettate in acqua tentando di raggiungerla e sono annegate. Più tardi, nella stessa giornata, un peschereccio ed un’altra nave non identificata si sono portati in zona ed hanno preso a bordo i naufraghi su indicazione di Malta.
Ieri mattina Alarm Phone ha ricevuto l’informazione che 56 persone erano state riportate in Libia sul peschereccio. Con loro i cadaveri di sette persone morte per disidratazione e fame.
“Secondo i sopravvissuti – rileva il rapporto – l’equipaggio del peschereccio aveva fatto credere loro che sarebbero stati portati in Europa, Invece sono stati respinti in Libia”.
Che ci fosse quel gommone in difficoltà, sostiene il servizio telefonico, era noto per sei giorni, fin dal 10 aprile, quando era stato visto da un aereo di Frontex.
Da allora, spiega Alarm Phone, “Malta, Italia e gli attori Ue con missioni nel Mediterraneo centrale erano consapevoli della situazione. NOnostante l’impossibilità di intervento delle autorità libiche, non c’è stato alcun soccorso per almeno 72 ore di agonia in mare”.

