Migranti protagonisti del Natale italiano, la città di Palermo riferimento civile nel Mediterraneo - QdS

Migranti protagonisti del Natale italiano, la città di Palermo riferimento civile nel Mediterraneo

Pietro Crisafulli

Migranti protagonisti del Natale italiano, la città di Palermo riferimento civile nel Mediterraneo

giovedì 26 Dicembre 2019

Cuore della benedizione Urbi et Orbi di papa Francesco gli "abusi indicibili" da essi subiti. Il Bambinello nero della messa di Natale nella basilica palermitana e l'Arcivescovo Lorefice che chiede di "rimanere umani". Il sindaco Orlando, "i diritti dell'accoglienza non solo valori etici ma anche un formidabile fattore di convenienza". Un'altra strage il 25 dicembre. La politica e lo scontro tra cristianesimo ostentato e praticato. Razzismo e accoglienza i temi del film di Ficarra e Picone campione d'incassi

“Il Figlio di Dio … sia difesa e sostegno per quanti …devono emigrare nella speranza di una vita sicura: è l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza”.

I migranti sono stati protagonisti del Natale italiano innanzitutto perché hanno rappresentato il cuore della benedizione Urbi et Orbi di papa Francesco pronunciata ieri a mezzogiorno (Leggi l’intero discorso) dalla Loggia della Basilica di san Pietro davanti a una piazza gremita di fedeli.

Il pensiero di Francesco è stato rivolto ai più piccoli, a ciò che patiscono per guerre e rivoluzioni, ma l’indice del rappresentante dell’intera comunità cattolica è stato puntato soprattutto contro l’indifferenza, contro il voltarsi dall’altra parte di chi si dice cristiano, e poi, pur ostentandone i simboli esteriori, rinnega quell’amore per l’uomo che è al centro di tutto.

L’invasione che non c’è

Il problema è stato che i migranti sono stati utilizzati a scopo politico, facendo credere che l’Italia fosse invasa. Molta fortuna mediatica ha avuto la bufala dei “porti chiusi” – ridicola in un Paese con 3.600 chilometri di coste – fin quando il sindaco di Lampedusa Totò Martello non ha denunciato il fenomeno degli “sbarchi fantasma”. In ogni caso, da quando ministro dell’Interno è Luciana Lamorgese, che ha finalmente spostato il problema su un piano concreto attraverso un dialogo con l’Europa, le cose sono profondamente cambiate, anche se ci sono ancora grandi margini di miglioramento.

Proprio ieri gli ultimi dati hanno confermato che gli sbarchi di migranti in Italia, grazie ai risultati degli ultimi mesi, si sono più che dimezzati nel 2019, con l’arrivo di undicimila migranti rispetto ai ventitremila del 2018.
E in confronto al 2017 sono stati il 90,38% in meno.

La strage di Natale e i salvataggi spagnoli

Questo non significa che, come affermato dal Papa, i migranti non continuino a essere obbligati ad attraversare “deserti e mari, trasformati in cimiteri”. O laghi, come il Van, in Turchia, dove una nave carica di migranti pakistani, bengalesi e afgani è affondata.

Il tragico bilancio della strage di Natale è stata di sette persone morte. Mentre altri 64 sono stati per fortuna messi in salvo dai soccorritori.

Sempre nel giorno di Natale almeno duecento migranti, tra cui donne e bambini, che si trovavano a bordo di piccole imbarcazioni, sono stati soccorsi dalla guardia costiera spagnola in varie operazioni al largo delle coste iberiche e del Marocco, la maggior parte – centoventi persone – vicino la piccola isola di Alboran.

Il presepe, le tradizioni, le polemiche

Le forze politiche conservatrici – che in genere non vedono di buon occhio questo Papa capace di parla in maniera semplice, di scagliarsi duramente contro tutte le guerre, condannandole, di abolire il segreto pontificio per i casi di abusi sessuali – hanno puntato molto in questi ultimi anni sui simboli cristiani: leader politici ora accusati dalla magistratura di quegli stessi abusi di cui ha parlato il Pontefice hanno pubblicamente e ripetutamente baciato il rosario – mostrando più scaramanzia che fede, in realtà -, mentre altri si sono detti orgogliosi di essere cristiani e di voler difendere il matrimonio… senza essere sposati.

Crocifissi e presepi, come emblemi della tradizione cattolica conservatrice sono stati oggetto di battaglie da parte di talune forze politiche di destra, sostenute da alcuni giornali antimeridionalisti.

Qualche settimana fa, ad Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, il consigliere regionale leghista Ivo Moras si era scagliato con violenza contro la scelta di un gruppo di insegnanti di una scuola di porre un bambinello nero nel presepe, affermando: “Chi non apprezza e non condivide la nostra storia non costruirà mai un futuro”.

In realtà più che si “storia”, Moras dovrebbe parlare di quella piuttosto una confusa tradizione che vede posto sulla mangiatoia un bambinello con occhi cerulei e riccioli biondi piuttosto improbabili a quelle latitudini.

Ma, come scrisse proprio Francesco nella Lettera apostolica Admirabile signum, diffusa il primo gennaio di quest’anno in occasione della visita del Pontefice a Greccio, dove, nel dicembre del 1223, San Francesco d’Assisi ideò il presepe (Leggi l’intero testo), il presepe “È davvero un esercizio di fantasia creativa… Spesso i bambini – ma anche gli adulti! – amano aggiungere al presepe altre statuine che sembrano non avere alcuna relazione con i racconti evangelici. Eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura”.

Il bambinello nero del Natale palermitano

Ma i giornali conservatori e antimeridionalisti di cui parlavamo prima – gli stessi da sempre compiaciuti dei baci ai rosari – hanno aspramente attaccato l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, “reo” di aver scelto, per la messa di Natale in Cattedrale, di posizionare un bambinello nero sull’altare.

“Don Corrado”, come lo chiamano qui, non se ne è dato pena: “Nel Natale di Gesù – ha spiegato nella sua omelia – la via di Dio è l’uomo. Natale ci ricorda che dobbiamo ripartire dall’uomo. Noi non possiamo avere altra via per rimanere umani, per alimentare la fede cristiana e condividerla in questo nostro tempo che conosce il travaglio della custodia del volto autentico dell’uomo”.

Umanità contro vanità, “morbo del mondo”

Umanità contro vanità. Questa la ricetta del presule che nel suo discorso ha parlato di “concorrenza spietata tra governi, chiese, popoli, persino all’interno delle famiglie, per scoprire chi sia il più grande”, individuando in questa vana e insensata lotta “il vero, grande morbo del mondo”.

Palermo città antirazzista Unesco

Ma Palermo, per fortuna, è diversa, ha sottolineato il sindaco Leoluca Orlando, felice perché la città ha ottenuto il riconoscimento di città antirazzista dall’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite.

L’ultimo passaggio di un percorso avviato ormai da alcuni anni è stata l’ammissione all’Eccar (European Coalition of Cities against Racism), decisa qualche giorno fa nel museo Picasso di Barcellona dall’assemblea generale dell’organismo promosso dall’Unesco nel dicembre 2004 e articolato per continenti. Con Palermo, accolta con un voto unanime, erano candidate altre città europee: Hagen, Aquisgrana e Münster (Germania), Molenbeek (Belgio), Nizza (Francia) e Göteborg (Svezia).

L’Accoglienza come “formidabile fattore di convenienza”.

Il riconoscimento è stato consegnato all’assessore comunale alle culture, Adham Darawsha e al direttore di Unesco Sicilia Aurelio Angelini dal presidente di Eccar, Benedetto Zacchiroli.

“Non si scopre certo adesso – ha detto – che in questi anni abbiamo trasformato la lotta alla cultura e all’egemonia mafiosa nei diritti di tutti e di ciascuno. E queste politiche hanno fatto diventare Palermo un punto di riferimento fondamentale nel Mediterraneo, molto più esigente della cultura della legalità”.

“Grazie a questo percorso – ha aggiunto Orlando – la nostra è oggi una città attrattiva e sicura, dove i diritti dell’accoglienza non sono solo valori etici ma anche un formidabile fattore di convenienza”.

E quel bambinello nero in Cattedrale ha rafforzato ancor di più quest’immagine di Palermo città accogliente e aperta. Con buona pace di quel consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia.

Berlusconi e Salvini a San Gregorio Armeno

D’altra parte, a sottolineare che in un presepe – quello con le statuine fatto grande dai napoletani – possono trovar posto proprio tutti, come dimostrano gli artigiani di San Gregorio Armeno: persino Silvio Berlusconi e, ultimo in ordine di tempo, Matteo Salvini, che Genny Di Virgilio ritrasse con il polso fratturato e con indosso la maglia della Polizia.

Il presepe e i migranti nel film più visto

Razzismo e accoglienza sono i principali temi anche della pellicola campione d’incassi di queste feste: “Il primo Natale”, film scritto, diretto e interpretato da Salvo Ficarra e Valentino Picone.

Secondo BoxOfficeItalia la bella favola natalizia dei due palermitani, oltre a essere in testa alla classifica non solo davanti a film d’autore come “Pinocchio” di Garrone e “La dea fortuna” di Ozpetek, ma anche alla pattuglia dei kolossal “Jumanji”, “Star Wars”, “Last Christmas” e “Frozen II”, ha ottenuto anche il maggior incasso italiano dell’anno con quasi otto milioni di euro.

Con felice sintesi, e con un finale a sorpresa che sarebbe un peccato svelare, anche in questo film si parla di presepi e migranti, di razzismi e di… cannoli.

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