Sono riprese a Lampedusa le ricerche dei dispersi del naufragio avvenuto nella notte tra domenica e lunedì a sei miglia dalle coste dell’isola.
E’ in volo un elicottero della Guardia Costiera, mentre le motovedette sono ancora in porto in attesa che le condizioni del mare migliorino.
La strage delle donne e dei bambini
Stando al racconto dei superstiti, sarebbero più di quindici le persone che mancano all’appello, tra cui otto bambini.
La strage delle donne e dei bimbi si è compiuta alle tre di una notte di pioggia, vento e mare mosso: c’è chi è andata a fondo tenendo stretto al petto il figlio e chi, nel buio pesto della notte, non ha fatto neanche in tempo a capire cosa stesse accadendo che l’acqua gli aveva già riempito i polmoni.
Sul molo di Lampedusa ci sono ancora una volta le bare allineate e le motovedette che scaricano cadaveri, quattro giorni dopo l’anniversario della strage del 3 ottobre del 2013 in cui cui morirono 368 persone.
Quando l’Europa disse “Mai più”
L’Europa, indignata da quell’orrore, promise: “mai più”.
Poi arrivò Matteo Salvini con la Bestia, la sua macchina della propaganda e dell’odio, e con la favola dei porti chiusi in un Paese, l’Italia, che ha 7.600 chilometri di coste e con gli attacchi alle Ong, i decreti sicurezza e le navi che avrebbero potuto pattugliare il Mediterraneo salvando vite, chiuse nei porti.
E i morti ricominciarono: quasi ventimila in sei anni, nel Mediterraneo.
Un naufragio nella notte
Sei anni fa il naufragio avvenne a mezzo miglio da Cala Croce, stavolta il barcone si è capovolto a sei miglia.
A bordo erano più di cinquanta persone, tunisini e subsahariani. E la macabra conta dei vivi e dei morti dice che solo grazie al coraggio degli uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, sono sopravvissuti, tredici uomini e nove donne.
Tredici cadaveri sul molo, tutte donne
I cadaveri sul molo sono invece tredici: tutte donne, di cui una neanche maggiorenne e un’altra incinta.
Tutti gli altri sono in fondo al mare e, tra loro, almeno otto bambini di cui uno di otto mesi, annegato con la mamma.
“Dove sono, dove sono, dove è il mio nipotino” continua a chiedere la sorella della donna a tutti quelli che incontra nel centro di accoglienza.
“Erano tutti senza giubbotti salvagente, che in casi come questo sono l’unica speranza di salvarsi la vita – dice con un misto di disperazione e rabbia il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella – Se li avessero avuti sarebbero tutti salvi”.
Le idee sul naufragio del pm Vella
La procura ha aperto un fascicolo a carico di ignoti ipotizzando il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la morte come conseguenza di altro reato. Ma un paio di idee il pm se le è già fatte.
Il naufragio è avvenuto verso le tre del mattino, quando i migranti hanno visto avvicinarsi le motovedette dei soccorritori.
Erano stati loro stessi a chiamare la Guardia Costiera di Palermo, che ha subito avvisato Lampedusa.
“Quando sono arrivati i soccorritori il barcone, lungo una decina di metri, già imbarcava acqua e aveva il motore che non andava” dice Vella.
I soccorritori, “Avevano la morte negli occhi”
Il resto l’ha fatto il mare forza 3, il buio e il terrore.
“A bordo c’è stato il caos, tutti volevano andare verso le motovedette – hanno raccontato agli operatori umanitari alcuni sopravvissuti – molti sono caduti in acqua e poi la barca si è capovolta”.
“Quando li abbiamo tirati fuori dall’acqua avevano la morte negli occhi, nessuno di loro sapeva nuotare, è stato un miracolo riuscire a salvarli” hanno raccontato gli uomini della Guardia Costiera e della Finanza.
“Quando finalmente li abbiamo tirati fuori dall’acqua – dicono ancora i soccorritori – tremavano di paura, infreddoliti e disperati. Nessuno riusciva a dire nulla”.
La Procura, “Un viaggio anomalo”
Se la dinamica del naufragio sembra piuttosto chiara, ci sono aspetti della traversata che vanno approfonditi.
“E’ stato un viaggio anomalo” dice infatti Vella spiegando che la barca era partita dalla Libia e ha fatto una sosta in Tunisia, prima di prendere il mare. Quasi una conferma della ‘joint venture’ tra trafficanti libici e tunisini che la procura ipotizza da mesi e su cui sta già lavorando.

