È stata una delle principali miniere di Kainite a livello mondiale e al centro di storie su cui non è mai stata fatta chiarezza
“Le fiamme hanno percorso una zona coperta di sterpaglie, senza raggiungere gli impianti”. Che poche settimane fa un incendio fosse divampato a ridosso del sito minerario di Pasquasia, uno dei simboli dell’archeologia industriale siciliana ma soprattutto tra le principali minacce per la salute e l’ambiente presenti nell’entroterra dell’isola, era un fatto noto a pochi. La notizia emerge da un decreto con cui pochi giorni fa il dipartimento regionale ai Rifiuti ha impegnato le somme per rimborsare le spese affrontate da un ingegnere della Regione in occasione di tre trasferte nella ex miniera in provincia di Enna. L’ultima delle quali effettuata il 10 aprile con l’obiettivo di “verificare lo stato dei luoghi a seguito di un incendio dell’area avvenuto in data 2 aprile”.
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La minaccia amianto
L’ingegnere incaricato dalla Regione per appurare cosa sia accaduto a Pasquasia si chiama Vito Cangemi. Funzionario dell’assessorato, da maggio 2022 è il responsabile unico del procedimento di uno dei progetti più attesi sul fronte ambientale: la messa in sicurezza dell’ex miniera e la realizzazione di una cella per lo smaltimento dell’ingente quantitativo di amianto presente all’interno dello stesso complesso di Pasquasia. Insieme alla miniera Bosco di San Cataldo (Caltanissetta), Pasquasia è infatti uno dei luoghi con la maggiore concentrazione di amianto in Sicilia. In una relazione che ha portato nel 2021 all’approvazione del piano regionale per la decontaminazione si legge che “sono presenti capannoni e altri fabbricati con coperture in cemento amianto, ormai in pessimo stato”.
Il dibattito su come gestire l’eternit di Pasquasia è andato avanti negli anni scorsi non senza polemiche, dividendo quanti desideravano di sapere fisicamente lontane dalle zone interne dell’isola le pericolosissime fibre e chi invece sottolineava i rischi legati a una bonifica che prevedesse di spostare il materiale da una parte all’altra del Paese e magari fuori i confini nazionali. A spuntarla alla fine sono state le ragioni dei secondi. “La loro grande estensione – si legge nel piano regionale in merito alle coperture in amianto di Pasquasia e San Cataldo – renderebbe antieconomico lo smaltimento in siti lontani”. Il progetto, dunque, è quello di rendere innocuo il materiale tombandolo all’interno dello stesso sito. “L’utilizzo di queste aree, abbastanza lontane dai centri abitati e già a vocazione industriale, non comporterebbe un consumo di suolo destinato all’agricoltura o ad altre attività né, tantomeno, di suolo ancora non sfruttato – si legge nel piano – In tali aree, beninteso non all’interno delle gallerie e dei pozzi minerari, potrebbe pertanto realizzarsi un sito per impianto di smaltimento finale per amianto secondo i criteri previsti dalla normativa vigente”.
L’incendio di aprile
I pericoli legati all’ex miniera un tempo di proprietà di Italkali e poi passata prima all’Ente minerario siciliano e infine alla Regione sono noti da tempo. Il sito, da cui venivano estratti sali alcalini, è dismesso dal 1992, ma da allora non si è mai proceduti alla bonifica, con la conseguenza che l’inevitabile deterioramento delle strutture ha via via fatto salire i livelli di allarme. Per questo motivo, la scoperta di un incendio scoppiato a Pasquasia ha inevitabilmente alzato il livello di attenzione: “Era doveroso fare un sopralluogo, ma abbiamo verificato che non ci sono state conseguenze né problemi di sicurezza perché comunque le fiamme sono rimaste sufficientemente distanti – spiega al Quotidiano di Sicilia il rup Cangemi – Sono intervenuti i vigili del fuoco. Matrice dolosa? Non ci è stato comunicato nulla”.
I soldi per la bonifica
Si aggira sui 15 milioni di euro la somma a disposizione per procedere alla messa in sicurezza di Pasquasia. A luglio dello scorso anno la Regione ha aggiudicato, per la cifra di circa 215mila euro, la gara per “i servizi tecnici di ingegneria e architettura per la redazione di un progetto definitivo, esecutivo, il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e le prestazioni di un geologo”. A occuparsi dello sviluppo del progetto sono un raggruppamento di professionisti costituito dalla società romana Utres Ambiente, dalla messinese Orion Progetti e dagli ingegneri Paolo Caira e Santi Cerrito. “Preparato il progetto, bisognerà attendere la chiusura della conferenza di servizi e poi appaltare gli interventi che dovrebbero durare meno di un anno”, spiega il responsabile del procedimento.
Le parole del pentito Leonardo Messina
Pasquasia è stata in passato al centro di storie su cui non è mai stata fatta chiarezza. Tra queste ci sono senz’altro i racconti del collaboratore di giustizia Leonardo Messina, mafioso di San Cataldo che negli anni Ottanta lavorò proprio nella miniera. Secondo Messina, che ne parlò con il giudice Paolo Borsellino poco prima che quest’ultimo morisse nella strage di via D’Amelio, il sito dell’Ennese sarebbe stato usato per interrare scorie radioattive. Dichiarazioni su cui negli anni hanno portato all’apertura di più di un’inchiesta, ma senza approdare a nulla.