Nel 2024, secondo l’ultima fotografia scattata dall’Istat, oltre 2 milioni di minori italiani vivono in famiglie a rischio di povertà o esclusione sociale. Si parla del 26,7% dei ragazzi sotto i 16 anni. Ma il dato, già allarmante di per sé, nasconde una verità ancora più cruda: nel Mezzogiorno e nelle Isole il rischio sale al 43,6%. Quasi uno su due. È la cifra della frattura territoriale italiana, una faglia che attraversa il Paese e che colpisce in profondità l’infanzia.
Il Sud continua a essere il ventre molle. Nonostante una lieve flessione rispetto al 2021 (quando era al 45,7%), la condizione dei minori resta critica: il 49,2% dei bambini e ragazzi a rischio in Italia è italiano e vive proprio nel Mezzogiorno. Con la crisi delle famiglie monoreddito e dei genitori single o separati. Determinante anche il livello di istruzione dei genitori.
Famiglie monoreddito e monoparentali: i nuovi epicentri della crisi
Il rischio di esclusione sociale non pesa ugualmente su tutti. Dipende molto da come è composta la famiglia. Il dato è netto: più figli ci sono, più il rischio aumenta. Se un bambino vive con entrambi i genitori senza fratelli, la quota a rischio è del 18,1%. Sale al 26,2% se c’è almeno un fratello.
Ma è nelle famiglie monoparentali che il quadro si fa drammatico: 38,3% dei minori a rischio se figli unici, 53,3% se c’è almeno un fratello. In queste famiglie il disagio è in crescita: +13 punti percentuali rispetto al 2021.
La presenza della madre come unico genitore aggrava la situazione: quasi la metà dei minori (48,4%) che vivono solo con la madre è a rischio, contro il 30,9% di chi vive solo col padre. Dato che si collega alla fragilità economica di molte madri sole, spesso con lavori precari e mal retribuiti.
Istruzione e reddito: le eredità che fanno la differenza
Il livello di istruzione dei genitori è un fattore determinante. Il dato Istat è impietoso: il 51,8% dei minori con genitori che hanno al massimo la licenza media è a rischio di povertà o esclusione sociale. La percentuale crolla al 10,3% se almeno un genitore è laureato. Un divario che pesa come un destino.
L’origine sociale si trasmette. In tutta Europa, chi cresce in famiglie con problemi finanziari ha il doppio delle probabilità di essere povero da adulto. In Italia, questa differenza è ancora più marcata: il 34% di chi a 14 anni viveva in famiglie in difficoltà oggi è povero, contro il 14,4% di chi proveniva da famiglie benestanti. Una forbice di quasi 20 punti percentuali, una delle più alte d’Europa.
Stranieri penalizzati, soprattutto al Sud
Anche la cittadinanza conta. I minori stranieri sono esposti a un rischio del 43,6%, più del doppio rispetto ai coetanei italiani (23,5%). Nel Mezzogiorno, il divario è ancora più netto: 78,2% tra i minori stranieri, 40,9% tra quelli italiani. Una distanza che parla di barriere linguistiche, discriminazioni, fragilità lavorative e assenza di reti familiari.
Nel Nord, sebbene i valori siano più bassi, il divario resta evidente: 33,9% dei minori stranieri contro 9,3% degli italiani. Segno che l’integrazione sociale ed economica resta un traguardo lontano, anche nelle aree più sviluppate del Paese.
Deprivazione e insicurezza alimentare: il volto più crudo della povertà
L’Istat misura anche la deprivazione materiale e sociale specifica per i minori, basata su 17 indicatori. Nel 2024, l’11,7% dei bambini sotto i 16 anni vive in condizioni di deprivazione – cioè sperimenta almeno tre segnali tra quelli previsti: non possono comprare libri, vestiti adatti alla stagione, fare attività extrascolastiche o festeggiare il compleanno.
E non basta. Il 4,9% dei minori presenta segnali di insicurezza alimentare, cioè la famiglia ha difficoltà a garantire pasti adeguati. Nel Mezzogiorno la percentuale sale all’8,9%, quasi tre volte il dato del Centro (2,1%) e del Nord (3,1%). Il cibo, in questi contesti, è ancora un lusso.
Redditi, mutui, affitti: i nodi economici delle famiglie con figli
Le difficoltà economiche colpiscono soprattutto le famiglie giovani, nella prima fase del ciclo di vita. L’Istat rileva che il 22,7% delle famiglie con minori paga un mutuo, più del doppio della media nazionale (10,2%). Il 23,6% paga un affitto, contro il 18,4% del totale delle famiglie. Spese fisse che pesano come macigni sul bilancio mensile e che possono trascinare in basso famiglie altrimenti stabili.
Non sorprende, quindi, che il rischio di povertà o esclusione sociale sia del 53,5% per i minori in famiglie monoreddito, contro il 18% per quelli in famiglie con più fonti di reddito. Una differenza tripla. Quando a casa entra un solo stipendio, spesso precario, l’instabilità è la regola.
Cosa migliora e cosa peggiora
C’è qualche piccolo miglioramento rispetto al 2021. Il dato complessivo dei minori a rischio cala di 3 punti percentuali. Migliora anche l’indice di bassa intensità lavorativa, segno che più genitori sono costretti a lavorare per mantenere il proprio nucleo familiare. Diminuisce nel frattempo la quota dei minori italiani a rischio nel Nord, con la forbice che continua ad ampliarsi rispetto alle statistiche provenienti dalla Sicilia.
Nel frattempo, aumenta la quota di minori con più di sei segnali di deprivazione (dal 36,2% al 51,6%), segno che chi sta male, oggi, sta peggio di prima. Con numeri letteralmente esplosi rispetto al periodo pre Covid. Altro aspetto negativo: raddoppia la quota degli stranieri tra i minori poveri.

