Altra donna al potere, questa volta in casa berlusconiana: ecco cosa succede nella "famiglia politica" di Arcore.
Che sta succedendo in Forza Italia? Sembra che improvvisamente tutto il potere sia finito in mano a una deputata “siciliana” di Marsala, o meglio eletta lì, Marta Fascina, dama di compagnia, la non sposata celebrata, con una couture ancien régime, del vecchio leader Silvio Berlusconi.
C’è una storia di amazzoni combattenti dietro questo putsch da sala da the, più che da birreria. In principio c’era la Ronzulli, a cui improvvidamente era stato assegnato il cliché di badante, anche sanitaria, del vecchio capo. Era molto di più, puntava non solo a essere una specie di portavoce del capo, ma anche il vertice del partito lombardo, cuore del sistema di Arcore. Da lì il rapporto con i lumbard di Salvini, conosciuto a Bruxelles. Proprio per questo motivo ci fu la scissione dell’ex capa di FI in Lombardia, Maria Stella Gelmini.
Questo ruolo di Licia Ronzulli, ex eurodeputata, era stato reso possibile da un’altra donna che conta, tanto, moltissimo, quasi totalmente, Marina Berlusconi. La Ronzulli era considerata affidabile in quel ruolo dalla tolda di comando dell’azienda Berlusconi, al cui vertice c’è Marina. Sembra che proprio l’ex operatrice sanitaria abbia favorito, essendo troppo occupata a badare a un partito riottoso e preoccupato del futuro, l’ascesa al fianco di Re Silvio di una premurosa bionda Fatina di origini non napoletane, come la predecessora Pascale, ma calabresi. Ma si sa: i calabresi magari hanno meno poliedricità dei napoletani, ma più determinazione. E la Fascina, sussurrando giorno dopo giorno, piazzando fedelissimi nelle liste, intessendo – per ovvi muliebri motivi – rapporti con la famiglia del capostipite, ha scalato le posizioni. E ora ha piazzato il colpo, sotto la supervisione di Marina, ovviamente.
Via i resistenti alla Meloni in Parlamento e nel partito, delega a Tajani piena come capodelegazione, ridimensionamento della Ronzulli. Giudicata troppo autonoma e portatrice di una linea di indipendenza da questa maggioranza.
Il primo segno fu l’accettazione della non nomina a ministro di Licia Ronzulli, a seguire la mancata assegnazione della vicepresidenza del Senato al suo maggior alleato nel partito, il viceré di lungo corso Gianfranco Miccichè. In seguito a questo ex fedelissimo del presidente Berlusconi è stato richiesto il sommo sacrificio. Le dimissioni da coordinatore siciliano di FI dopo trent’anni, dopo il 61-0, dopo tanti, moltissimi, voti portati alla causa di Arcore. Cosa che succede ad altri coordinatori sul territorio.
Il disegno è chiaro. Rendere il partito, senza soggetti troppo delineati, troppo rappresentativi, duttile a un processo di fusione in un altro soggetto politico, con altre guide. Tra l’altro questa liquidazione porterebbe meno problemi e meno costi alle casse Fininvest. D’altra parte hanno già liquidato l’altro giocattolo del vecchio capo, il Milan, oggi tocca a FI. Attenzione: anche la Ronzulli voleva fondersi, in questo caso con la Lega di Salvini, per resistere all’ondata meloniana, ma in Fininvest avranno deciso diversamente. E lo vediamo dai notiziari e dai talk di scuderia.
Cosa faranno i Berlusconiani degli esordi? Cosa faranno la Ronzulli deposta, Miccichè, l’altro palermitano Mulè? Il problema è semplice per questa legislatura. Bisogna solo capire di quanti senatori dispongono. Se ne hanno a sufficienza possono costituire un gruppo autonomo al Senato, e mettere in forte difficoltà il Governo. In caso contrario, avrebbero poco potere contrattuale. Problema più complesso è cosa fare oltre la legislatura, in caso elezioni. Vedremo se saranno uomini o caporali.
Così è se vi pare.